Transparency International: statistiche sui livelli di corruzione mondiale

Trasparency international

L’Associazione internazionale contro la corruzione Transparency International elabora ogni anno una classifica mondiale misurando il livello di corruzione percepita in ogni paese.  Presentiamo il  documento 2008 e l’aggiornamento dell’anno 2013.

 Classifica 2013_Trasparency international.

2013 Brochure completa.

Articolazione regionale dei servizi pubblici

ITALIA

Quali sono gli uffici pubblici presenti nella nostra Regione, che qualificano la presenza dello Stato nel nostro territorio? Questa `cartina geografica‘ sintetizza gli elementi quantitativi di piú significativa rilevanza. Tra gli ùffici pubblici`sono indicati anche gli uffici postali, i quali tuttavia, giuridicamente, e organizzativamente,  sono uffici di una s.p.a. Prevale, in questo caso,  l’accezione legata alla funzione pubblica, svolta da Poste s.p.a..

DISTRIBUZIONE PER REGIONE DEI SERVIZI PUBBLICI

 

Storia della PA italiana nel primo dopoguerra di Guido Melis

guido melis_03

Un fondamentale testo di storia della PA italiana di Guido Melis – scaricabile anche dal sito del Ministero dei Beni culturali. Sono minuziosamente ricostruite le vicende della pubblica Amministrazione italiana della fine della prima guerra mondiale alla fine degli anni ’30. E’ stupefacente addentrarsi nelle storie che ci racconta Melis perché si ritrovano in perfetto parallelo tutte le logiche che, allora come ora, impediscono di riformare la pa italiana nel senso di una maggiore efficienza: ci sono i riformatori, incerti e incongrui rispetto ad un quadro d’insieme, i conservatori, arroccati in difesa di sacri principi che hanno la sola funzione di tutelare la loro personale posizione, l’immobilismo come risorsa, la politica sempre estranea e/o infastidita, mai cosciente della necessità di guadagnare l’alleanza con chi dentro la pubblica amministrazione avrebbe desiderio di cambiarla veramente.

Due modelli di amministrazione tra liberalismo e fascismo – Guido Melis 1988 .

Fondazione Ambrosetti – La burocrazia nel nostro Paese: una sfida strategica per la competitivitá dell’Italia

Un interessante studio realizzato dal Club Ambrosetti nel novembre 2012 con le cinque linee di azione di intervento prioritario proposte alla pagina sette.

Ambrosetti: la sfida strategica per la competittività

Cavour e il disegno generale di Stato al compimento dell’Unitá d’Italia

cavour

L’impostazione di Cavour dell’unificazione dell’Ordinamento economico-giuridico italiano. Lezione di Sabino Cassese (clicca qui) in occasione del 150imo anno dall’Unità d’Italia. Palazzo delle Esposizioni, 25 maggio 2011.

I distruttori delle riforme – Francesco Giavazzi e Alberto Alesina

 

Finalmente individuati i colpevoli delle mancate riforme: i dirigenti pubblici

 Corriere della Sera_Giavazzi Alesina 

articolo Corriere della sera

Cassese – La qualità delle politiche pubbliche,ovvero del metodo di governare

sabino-cassese

Lectio magistralis del prof. Sabino Cassese in occasione del Rapporto 2012-13 di “Italiadecide”, Camera dei Deputati – Sala della Regina- 11 febbraio 2013

 Qualità delle politiche pubbliche Sabino_Cassese – clicca qui

Sabino Cassese: Regole e amministrazione pubblica.

In primo piano

sabino-cassese

Pubblichiamo l’intervento del prof. Sabino Cassese al Convegno “Regole e Pubblica Amministrazione”, tenutosi nel marzo 2013 al Dipartimento della Funzione Pubblica. L’argomento centrale dell’intervento trae spunto dall’analisi dei fenomeni di illegalità nelle amministrazioni pubbliche

clicca qui per vedere il video.

 

La burocrazia nel nostro Paese:una sfida strategica per la competitività dell’Italia

Un interessante studio realizzato dal Club Ambrosetti nel novembre 2012 con le cinque linee di azione di intervento prioritario proposte a pagina 7.

Nov 2012 Club Ambrosetti Beretta Zanoni_Proposte di riforma della Burocrazia pubblica

Aforismi fulminanti di Ennio Flaiano

Flaiano

Ennio Flaiano

Pescara 1910 – Roma 1972

Autore di aforismi fulminanti, raccolti in due volumi: “Autobiografia del Blu di Prussia” e “Diario degli errori“.

  1. A furia di leccare qualcosa sulla lingua rimane sempre.
  2. Gli italiani corrono sempre in aiuto al vincitore.
  3. Se non si e’ di sinistra a vent’anni e di destra a cinquanta, non si e’ capito niente della vita…
  4. I nomi collettivi servono a fare confusione. “Popolo, pubblico…”. Un bel giorno ti accorgi che siamo noi; invece credevi che fossero gli altri.
  5. L’italiano ha un solo vero grande nemico: l’arbitro nelle partite di calcio, perché emette un giudizio.
  6. Se i popoli si conoscessero meglio si odierebbero di piu’.
  7. Oggi il cretino è pieno di idee.
  8. L’italiano è una lingua parlata dai doppiatori.
  9. L’inferno di Dante è fatto da italiani che rompono i coglioni ad altri italiani.
  10. L’italiano è mosso da un bisogno sfrenato d’ingiustizia.
  11. Lei è comunista, io aristocratico, tutte e due odiamo il popolo: la differenza è che lei riesce a farlo lavorare.
  12. Io comunista? Non posso permettermelo. Non ho i mezzi.
  13. L’insuccesso mi ha dato alla testa.
  14. In Italia non esiste la verità. La linea più breve tra due punti è l’arabesco.  Viviamo in una rete di arabeschi.
  15. La psicanalisi, cara signora, è una pseudo-scienza inventata da un ebreo per convincere i protestanti a comportarsi come cattolici.
  16. In Italia, diceva un americano a un altro, i polli girano crudi per strada.
  17. Questo popolo di santi, di poeti, di navigatori, di nipoti, di cognati.

 

Galli della Loggia – I tre pilastri della conservazione

PRIVILEGI, CORPORATIVISMO, DEMAGOGIA

I tre veri pilastri della conservazione

Da più di vent’anni le «riforme» sono il grande mito della politica italiana. Invocate da tutti, promesse da tutti, dalla destra, dalla sinistra, quasi mai realizzate da nessuno. Ma regolarmente, imperturbabilmente, promesse sempre di nuovo da tutti. Sono il grande mito perché per giudizio unanime (ultimo quello del governatore Draghi: «L’Italia ha un disperato bisogno di riforme») sono la sola cosa da cui il Paese può sperare la salvezza: e cioè di riguadagnare il terreno che stiamo perdendo in tutti settori, di riacquistare efficienza, di ricominciare a crescere, di tenere insieme le sue varie parti. Continua a leggere

Galli della Loggia – Conservatori e immobilisti

 EGOISMI E PAURE TRASVERSALI

Conservatori e immobilisti

Sì, Berlusconi si sta rivelando un pessimo presidente del Consiglio, non si sa come mandarlo via e di fronte alla crisi economica il governo si è mostrato di una pochezza e una goffaggine uniche. Sì, l’opposizione riesce solo a balbettare ma non è capace di nessuna proposta alternativa seria. Sì, la maggioranza è spaccata e l’opposizione è divisa. E per finire c’è l’abominevole casta che tutti ci sentiamo così bravi e onesti a detestare. È tutto vero, sì, l’Italia è tutto questo.
Ma chi cerca di non fermarsi alla superficie sa che nessuno di quelli ora detti è il problema vero del Paese. Continua a leggere

Generazioni perdute

 I TANTI TALENTI COSTRETTI A EMIGRARE

Generazioni perdute

La manifestazione dei precari di sabato scorso ha ricordato agli italiani che il loro è un Paese che riserva ai giovani una condizione di estremo sfavore. Ma non solo perché trovare un lavoro stabile è un’impresa disperata. Anche perché (e forse tra i due fenomeni c’e una relazione) ai posti che si dicono di responsabilità – cioè nei posti che contano – si arriva, bene che vada, tra i 50 e i 60 anni, e ci si resta per decenni. Continua a leggere

Italia: i contorni di una identità

Il paradosso di un Paese diviso sull’Unità che lo ha fatto grande. 150 ANNI

Le attuali celebrazioni dell’anniversario dell’Unità stanno confermando un carattere particolare e se si vuole bizzarro della nostra vita pubblica: tra i grandi Paesi europei siamo il solo la cui esistenza come Stato ha dato luogo tra i suoi stessi cittadini a forti, spesso radicali, dissensi interni. Che di fatto durano ancora oggi: praticamente su tutto, sui modi della nascita dello Stato stesso (assenza di una vera partecipazione popolare, assenza dei cattolici, «annessionismo» piemontese, eccetera), sull’inadeguatezza militare mostrata e dunque sulla dipendenza dall’aiuto straniero, sulla forma dello Stato (monarchia o repubblica, accentramento o federalismo). Continua a leggere

Dagli all’evasore

Massimo Gramellini – LA STAMPA 24 Gennaio 2012

Fra i pochi effetti positivi (Monti direbbe: «Non del tutto negativi») di questa crisi Fine di Mondo c’è il cambio di atteggiamento degli italiani nei confronti degli evasori. Fino a qualche tempo fa, intorno agli evasori luccicava ancora quell’alone di rispetto confinante con l’invidia che nel nostro Paese circonda sempre i furbi quando mettono in pratica le trasgressioni che gli altri osano soltanto immaginare. Rubare allo Stato non era percepito come un furto. Non più di quanto lo sia depredare l’accampamento nemico durante una guerra. L’evasore si ammantava di ideali libertari: il rifiuto di piegarsi al sopruso di un potere straniero. Quando c’è da dare e non da prendere, lo Stato in Italia non siamo mai noi, ma qualcun altro.

Poi è arrivata la crisi e abbiamo capito che le tasse non servono solo a finanziare le cricche corrotte e sprecone (Monti direbbe «non del tutto frugali») dei politici, ma anche a tenere in piedi la baracca. Che ogni euro evaso significa un servizio in meno negli ospedali e per la strada. E che quell’euro mancante, non potendo più gravare sul debito pubblico, d’ora in poi dovrà essere compensato da una nuova imposta. Così l’invidia si è trasformata in disprezzo e rabbia. Specie verso quegli evasori totali, ieri ne sono stati scoperti altri 7500, che non evadono per sopravvivere ma per continuare a spassarsela sulle spalle di chi non ce la fa più. A uno di questi eroi in disgrazia è stato sequestrato un cavallo da corsa, figlio di Varenne: ora trotta per lo Stato. Io avrei preferito veder trottare il proprietario in qualche lavoro socialmente utile.

 

La patria, bene o male

                                                         Presentazione

“La patria, bene o male” di Carlo Fruttero e Massimo Gramellini

Il romanzo “La partia, bene o male” di Carlo Fruttero e Massimo Gramellini ripercorre la storia italiana in 150 date per festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia. Le date scelte dai due scrittori non sono soltanto quelle storiche, contenuti nei libri, ma anche date di eventi dal tono personale: storie di persone di cui è fatta l’Italia.

“La patria, bene o male”, infatti, non è un manuale storico  che esalta le vicende della gloriosa vita dell’Italia Unita, ma un ritratto degli italiani che hanno vissuto l’Italia dal 1861 ai giorni nostri. L’intento di Carlo Fruttero e Massimo Gramellini è quello di descrivivere, più che la storia italiana, la storia degli italiani, fatta di eventi drammatici, ironici e tragici.

Una raccolta di 150 racconti, uno per ogni anno dell’Unità, che riassumono attraverso i colori della cornaca nera, rosa e storica, i tratti fondamentali di un paese che, nonostante i podersi sviluppi avvenuti nell’arco di un secono e mezzo, si ritrova ad avere figure ricorrenti nella sua storia.

“La partia, bene o male” di Carlo Fruttero e Massimo Gramellini, è uno romanzo divertente, che raccoglie

 

la storia d’Italia e degli italiani, facendo ridere, sorriede e soprattutto

riflettere.

 

 

La bella Italia che non seduce gli italiani

Autore: Massimo Gramellini LA STAMPA 17 Gennaio 2013

E così, dopo aver visitato la Roma dei Papi e il mondo esoterico di Leonardo, nel nuovo thriller di Dan Brown si passeggia tra le strade di Firenze e le pagine infernali di Dante. Dan Brown non sarà un maestro di stile, ma è un’autorità indiscussa in materia di fatturato. Se ogni volta mette l’Italia sullo sfondo dei suoi polpettoni è perché sa che l’Italia fa vendere in tutto il mondo.

Non l’Italia di oggi, naturalmente, mediocre sobborgo d’Occidente come tanti altri. L’Italia del passato: le città d’arte del Rinascimento e l’Antica Roma. Gli unici due momenti della storia in cui siamo stati la locomotiva dell’umanità. E a questo punto, ossessiva, scatta la solita domanda: perché? Perché, se l’Italia fa vendere, a guadagnarci devono essere sempre gli altri? Perché i miti del passato italiano affascinano gli scrittori e i registi stranieri, ma non i nostri?

Al di là delle letture dantesche di Benigni, che sono un’eccezione magnifica ma non esportabile, perché l’Inferno ispira romanzi a Dan Brown e non a Sandro Veronesi (cito lui in quanto bravo e pure toscano), tantomeno al sottoscritto che al massimo potrebbe narrare le imprese di Pulici e Cavour? Perché i telefilm sui Borgia li fanno gli anglosassoni e non un pronipote di Machiavelli? Perché le gesta del Gladiatore sono state narrate da Ridley Scott e non dall’epico Tornatore? Persino lo scrittore-archeologo Valerio Massimo Manfredi, nonostante qualche incursione sporadica nella romanità, preferisce mettere al centro delle proprie saghe i greci Alessandro e Ulisse.

Se la tomba dell’eroe di Russell Crowe, scoperta tre anni fa lungo la Flaminia, si trasformerà in un’attrattiva turistica sarà per merito delle associazioni straniere che stanno raccogliendo i fondi necessari al restauro, nel disinteresse impotente del ministero della Cultura, che in Italia dovrebbe contare quanto quello del petrolio in Arabia Saudita, mentre l’opinione comune lo considera una poltrona di serie B.

Ma questo rifiuto pervicace di dare al mondo l’immagine dell’Italia che piace al mondo non riguarda solo gli artisti e i politici. Investe tutti noi. Un bravo psicanalista ci troverebbe materiale per i suoi studi. Sul lettino si dovrebbe sdraiare una nazione intera che si rifiuta orgogliosamente di essere come la vogliono gli altri e desidera invece con tutte le sue forze conformarsi al modello globale, condannandosi alla marginalità. Per quale ragione il passato che affascina e stimola la curiosità e l’ammirazione di turisti cinesi e best-selleristi americani ci risuona così pigro e indifferente? Perché rifiutiamo di essere il gigantesco museo a cielo aperto, arricchito da ristoranti e negozi a tema, che il mondo vorrebbe che fossimo? Forse è presbiopia esistenziale.

L’antica Roma e il Rinascimento, incanti da esplorare per chi vive al di là dell’Oceano, per noi che ci abitiamo in mezzo si riducono a scenari scontati: le piazze del Bernini sono garage e il Colosseo uno spartitraffico. O è la scuola che, facendone oggetto di studio anziché di svago, ci ha reso noioso ciò che dovrebbe essere glorioso. Ma forse la presbiopia e la scuola c’entrano relativamente: siamo noi che, per una sorta di imbarazzo difficile da spiegare, ci ostiniamo a fuggire dai cliché – sole, ruderi, arte e buona tavola – a cui il mondo vuole inchiodarci per poterci amare e invidiare.

L’Italia capitale universale della bellezza e del piacere è l’unico Paese che può scampare al destino periferico che attende, dopo duemila anni di protagonismo, la stanca Europa. Ma per farlo dovrebbe finalmente accettare di essere la memoria di se stessa. Serve una riconversione psicologica, premessa di quella industriale. Serve un sogno antico e grande, mentre qui si continua a parlare soltanto di spread.

 

La prevalenza dello Schettino

di Massimo Gramellini LA STAMPA 17 Gennaio 2012

C’erano voluti due mesi per ritornare all’onor del mondo. Due mesi di loden e manovre, di noia e ricevute fiscali. Due mesi per nascondere i politici di lungo corso sotto il tappeto o in un resort delle Maldive. Due mesi per far dimenticare il peggio di noi: la faciloneria, la presunzione, la fuga dalle responsabilità. E invece con un solo colpo di timone il comandante Schettino ha mandato a picco, assieme alla sua nave, l’immagine internazionale che l’Italia si stava ricostruendo a fatica. Siamo di nuovo lo zimbello degli altri, il luogo comune servito caldo nei telegiornali americani, il pretesto per un litigio fra due politici francesi (francesi!), uno dei quali ieri accusava l’altro di essere «come quei comandanti che sfiorano troppo la costa e mandano la loro barca contro gli scogli».

Mi auguro che non tutto quello che si dice di Schettino sia vero: anche i capri espiatori hanno diritto a uno sconto. Ma se fosse vero solo la metà, saremmo comunque in presenza di un tipo italiano che non possiamo far finta di non conoscere. Più pieno che sicuro di sé. Senza consapevolezza dei doveri connessi al proprio ruolo. Uno che compie delle sciocchezze per il puro gusto della bravata e poi cerca di nasconderle ripetendo come un mantra «tutto bene, nessun problema» persino quando la nave sta affondando, tranne essere magari il primo a scappare, lasciando a mollo coloro che si erano fidati di lui. Mi guardo attorno, e un po’ anche allo specchio, e ogni tanto lo vedo. Parafrasando Giorgio Gaber, non mi preoccupa lo Schettino in sé, mi preoccupa lo Schettino in me.