Può essere utile ritornare su un’antica e sempreverde Lectio Magistralis del prof. Sabino Cassese, tenuta all’Università Suor Orsola di Benincasa di Napoli nel 2007:”L’ideale della pubblica amministrazione: principio del merito e stabilità degli impiegati“. L’esposizione parla di principi generali tuttora vigenti negli Stati occidentali.
Cassese dà una lettura della pubblica amministrazione dello Stato moderno, in cui il salto di qualità avvenne con l’abbandono della concezione patrimoniale dello Stato: “Per rimediare alle storture prodotte dalla confusione fra privato e pubblico, dalla vendita degli uffici, dal patronato politico, dal sistema delle spoglie e dalla commistione fra potere amministrativo e potere legislativo, si mobilitano le migliori menti, a partire dall’Illuminismo. I due punti di attacco furono il sistema di reclutamento del personale amministrativo e la stabilità nell’impiego dei funzionari pubblici, definiti in forma breve nell’area anglosassone con le espressioni merit system e tenure“. Tralasciando la riforma dello Stato francese, ai più nota, i cardini di una gestione basata sulla stabilità del rapporto di pubblico impiego furono tracciati in Gran Bretagna e negli U.S.A., rispettivamente, con il “Rapporto Northcote-Trevelyan” del 1854 (vedi qui il testo originale) e con il “Pendleton act” del 1883 (vedilo qui). “Non da rapporti di personale fiducia dei capi e del popolo, ma da esame obiettivo e spersonalizzato delle capacità, deve essere determinato l’accesso ai pubblici impieghi” (pag. 45). “Cosa comporta la stabilità nelle funzioni e nell’impiego? Da essa consegue che la durata della carica non sia determinata all’inizio. Dunque che la funzione non sia affidata a tempo determinato, né con un periodo prescritto dalla legge o dall’atto di nomina, né con riferimento alla durata di altri organi, quali Governo e Parlamento. Comporta, inoltre, che al dipendente pubblico, di qualunque rango, non venga richiesto di ottenere la “fiducia” del corpo politico” (pag. 48). “In conclusione, i motivi ispiratori delle grandi riforme sono ancora vivi oggi. il riconoscimento del merito nell’accesso e nella carriera e la stabilità della funzione sono strumenti essenziali per assicurare efficienza all’amministrazione, eguaglianza ai cittadini, equilibrio dei poteri. Questi principi vanno rispettati“.
E l’Italia? Cassese parla di “regressione in atto” (pag. 35) consistente in “interventi che vanno in due direzioni opposte, ma hanno una spiegazione unica. Consistono nella stabilizzazione dei precari (ai livelli inferiori) e nella precarizzazione dei dirigenti“. Ciò continua a verificarsi, con sempre maggiore invadenza, a 9 anni dal monito di Cassese.
Il livello di astrazione e l’impostazione storica data alla sua “Lectio magistralis” forse consigliò il professore di non sviluppare con chiarezza la conseguenza logico-fattuale del suo ragionamento: che tutta la legislazione sul pubblico impiego e sulla dirigenza dell’ultimo ventennio si sono avventurati – e insistono ostinatamente a perseguire – in un modello di burocrazia pubblica “moderna” e “privatizzata” che nessun Paese occidentale (vedi qui l’amministrazione federale U.S.A. in primis, dove vige il merit system) si sogna di istituire per le proprie funzioni pubbliche.
Consigliamo la lettura dello scritto del prof. Cassese ai think tank dell’Università Bocconi di Milano, a coloro che periodicamente mettono mano alle leggi sulla dirigenza pubblica e a quel variegato milieu politico-culturale che fa mostra di credere che la locuzione “spoils system” abbia ancora qualche significato negli Stati Uniti.
Giuseppe Beato