Pubblichiamo in anteprima il pensiero di Giorgio La Malfa in ordine al dibattito in corso sulle riforme costituzionali. L’autore, rispondendo alle osservazioni di Guido Melis sulle tesi di Gustavo Zagrebelsky (vedi qui), sviluppa un ragionamento originale proprio su quelle ragioni “di contesto” – sistema elettorale e dinamiche politiche attuali – che inducono a propendere per il NO. Buona lettura.
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I sindaci d’Italia alla testa del corteo del 2 giugno.
Veramente azzeccata e vincente l’idea di far sfilare alla testa del corteo del 2 giugno 400 Sindache e Sindaci d’Italia, ad evidenziare il carattere democratico, pacifico, plurale e partecipato della Repubblica nata il 2 giugno 1946. Forse, finalmente, gli Italiani hanno una festa civile in cui riconoscersi tutti, senza esclusioni: festa della Repubblica e festa della Costituzione nata con Lei.
Quando Marco Pannella fu arrestato dal Commissario Ennio Di Francesco.
Ci piace ricordare Marco Pannella in una delle sue innumerevoli iniziative di lotta e di disobbedienza civile avvenuto nel 1975, quando decise di fumare uno spinello in pubblico, atto proibito dalla legge. L’episodio vide coprotagonista un simpatizzante della nostra associazione, allora Capo della sezione narcotici della questura di Roma: Ennio Di Francesco (vedi qui). Egli fu invitato in Via di Torre Argentina nella sede del partito radicale e praticamente “costretto” ad arrestare Pannella, in ossequio alla legge vigente. Di Francesco, nello stessa giornata, dopo averlo arrestato inviò un telegramma a Pannella che così recitava:”Se come funzionario ho dovuto applicare una legge anacronistica e iniqua, come cittadino mirante a una società più giusta e umana, non posso non esprimerle stima e ammirazione“. Di Francesco fu immediatamente trasferito all’Ufficio passaporti, ma così si realizzò l’incontro fra un maestro di etica politica e un protagonista a schiena dritta di etica pubblica-amministrativa.
Vedi qui la ricostruzione dell’episodio su Huffington post
Gli agenti della Polizia uccisi dai brigadisti a Pietra Papa nel 1987.
Un Paese mediamente distolto dai valori più alti della convivenza civile dimentica gli episodi più eroici che hanno visto per protagonisti concittadini in divisa. Chi ricorda la strage di Pietra Papa del 14 febbraio 1987 in cui furono uccisi dalle Brigate rosse Rolando Lanari (26 anni), e Giuseppe Scravaglieri (23) della Polizia di Stato, di scorta a un furgone portavalori delle Poste Italiane? Vedi la ricostruzione di questo episodio qui sotto.
Anticorruzione: la lingua specchio dei costumi.
Perché nel vocabolario italiano non esiste una traduzione corretta e fedele dei termini inglesi whistleblower e accountability? L’articolo di Peter Gomez ci aiuta a comprenderne il motivo….il vincolo strettissimo con la problematica dei costumi e della corruzione in Italia emerge con chiarezza!
Corruzione all’italiana: due parole che non esistono – da “il Fatto quotidiano.it”
Trasparency: la classifica internazionale 2015 sulla corruzione percepita.
Puntuale come una purga per le persone oneste arriva la classifica del 2015 sulla corruzione percepita (vedi qui la “cerimonia” di presentazione del rapporto – clicca qui dal Corriere.it per vedere anche la classifica interattiva). L’Italia si colloca al 61imo posto nel mondo e al penultimo in Europa, dopo Grecia e Romania.
Anche Maria Teresa Canessa é Pubblica Amministrazione.
Era più naturale – infatti così è stato – che un atto di “morbido e consapevole coraggio” partisse da una donna. Senza indulgere in sproloqui inutili – vista l’enorme capacità di “racconto” che hanno le foto pubblicate sul sito del Corriere della Sera (clicca qui) – annotiamo solo che l’atto della dirigente della Polizia di Stato Maria Teresa Canessa di togliersi il casco “una volta accertatami che era calata la tensione“, di chiacchierare con i manifestanti e di stringergli la mano testimonia di una capacità profonda di interpretare il ruolo di servitore delle Istituzioni, di coraggio di mettersi in discussione e di metterci la faccia; orgoglio del proprio ruolo unito al rispetto di chi lotta e chiede riconoscimento dei propri diritti. Etica pubblica insomma.
Non esistono solo i fannulloni – che vanno eliminati molto decisamente – nella pubblica amministrazione. Nè l’eliminazione – assolutamente necessaria – dei fannulloni risolve il problema della riforma delle pubbliche amministrazioni….ma questa è un’altra storia….
I quarant’anni de “La Repubblica” – Una certa idea dell’Italia.
Fa una strana sensazione sentire dal nuovo direttore Mario Calabresi che egli lesse il primo numero de “La Repubblica” quando aveva otto anni, in occasione della strage di Bologna del 2 agosto 1980. Altri, come chi scrive, erano presenti al teatro Eliseo di Roma nel dicembre 1975 quando Eugenio Scalfari annunziò ufficialmente la nascita di un nuovo quotidiano “che non si sarebbe occupato di sport“….Al di là delle convinzioni politiche di ciascuno, é inconfutabile che questo giornale, come del resto altri quotidiani storici, abbia accompagnato e per certi versi segnato la storia civile del nostro Paese. Ci pare un buon motivo per dare conto del commiato di Ezio Mauro da direttore, apparso ieri. E’ intitolato: “Una certa idea dell’Italia“, con chiaro ed esplicito riferimento al pensiero di Piero Gobetti. Come tale, merita un posto nella nostra rassegna del “pensiero degli Italiani sù sé stessi” e sulla loro storia come comunità nazionale.
Giuseppe De Rita – Popolo della Sabbia.
Con una delle sue definizioni folgoranti che lo hanno reso celebre negli anni, Giuseppe De Rita, presidente del CENSIS, fotografa il processo di disgregazione della società italiana in atto ormai da anni: popolo della sabbia. Riprendiamo un’interessante intervista curata dalla rivista “Pandora” – vedi qui il sito – nell’aprile dello scorso 2015.
Link all’intervista a Giuseppe De Rita.
Il cinema italiano e il “posto fisso”.
La vacanze natalizie e il tema di questo film di grandissimo successo di pubblico ci inducono a proporre qualche considerazione sul film “Quo vado?”, non fosse altro perché si occupa di due temi centrali nel nostro sito, quali il pubblico impiego e i “vizi” degli Italiani. Il protagonista del film è un impiegato pubblico che accetta tutto, anche un trasferimento ad una postazione scientifica al Polo Nord, pur di salvare il suo posto fisso Continua a leggere
Gli italiani e la guerra – Giuseppe De Rita.
In un momento carico di incognite per i destini di tutti noi, Giuseppe De Rita – editoriale di ieri 11 dicembre 2015 sul Corriere della Sera – affronta con prudenza, ma anche con forza e profondità di argomenti – il tema del rapporto fra Italiani e la guerra. questione questa che non può mancare in una rassegna sulla nostra indole.
Perchè gli italiani non si sentono in guerra
L’uso dello strumento digitale e la percezione della Pubblica amministrazione nel nostro Paese.
La pubblica amministrazione nel nostro Paese non gode nel suo complesso di grande prestigio presso l’opinione pubblica. C’è una percezione diffusa degli uffici pubblici come soggetti “ostili” e “arroganti” nei confronti di cittadini, professionisti e imprese. Questi umori sono ben rappresentati dall’articolo comparso su Milano Finanza dello scorso 4 novembre 2015, che qui riproduciamo. Si parla dell’uso invalso in molte pubbliche amministrazioni di utilizzare lo strumento informatico per scaricare sull’utenza l’onere della certificazione di stati di fatto e situazioni. Continua a leggere
L’Italia di oggi e di ieri come in “Prova d’orchestra”.
Alla fine del suo ultimo editoriale – bello e sconfortante – sui tanti uomini pubblici che hanno deciso di “mettersi e giocare con le istituzioni“, Sabino Cassese cita le frasi finali del film di Federico Fellini “Prova d’orchestra” (1979), concepito in un’Italia sessantottina in cui un gruppo di orchestrali tutto volevano fuorché svolgere il proprio ruolo di musicisti. Omette Cassese, forse per carità di patria, di ricordare che quel film terminava con un rombo terribile e un’enorme sfera di metallo che distruggeva le mura tutto intorno e gli strumenti dell’orchestra….
Crisi del Sud-Italia – Preziose opportunità e istruzioni per l’uso.
Abbiamo già dato conto lo scorso mese di luglio del Rapporto SVIMEZ sul Mezzogiorno d’Italia – vedi qui. Sono prevalsi in quei giorni i soliti e stagionati toni di lutto per il divario ancora esistente fra Nord e Sud Italia, conditi con un nuovo slogan “Nel corso della recessione economica, dal 2008 l’Italia meridionale è andata peggio della Grecia”. Continua a leggere
L’Italiaccia di Giampaolo Pansa.
I nostri lettori sanno che sovente ci allontaniamo dai temi specifici della pubblica amministrazione per occuparci di “cosa pensano gli Italiani degli Italiani”…..in effetti si parla di questioni sottilmente affini, perché generalmente dalla capacità di coesione di una nazione nascono amministrazioni pubbliche forti ed efficienti. Proseguiamo qui nella carrellata sui “giudizi su sé stessi”, richiamando l’ultima fatica editoriale di Giampaolo Pansa, uno dei protagonisti della nostra carta stampata, che da almeno 10 anni ha deciso di farsi beffe del “politically correct” preferendo la strada impervia, ma feconda, del “pensiero controcorrente” e della provocazione intellettuale. Con “Il sangue dei vinti” ha cercato di far traballere – “da ex di sinistra” – il mito della Resistenza (o meglio, il mito della Resistenza per quella parte di italiani – forse neanche maggioritaria – che questo mito ha sempre coltivato!!!). Con “l’Italiaccia senza pace” Pansa attacca un altro mito: quello del secondo dopoguerra come “epoca d’oro” di rinascita della democrazia e di slancio della società italiana. Tutto falso per Pansa: attraverso il filo conduttore della storia di una famiglia ebrea che cerca di scoprire il segreto della scomparsa del proprio padre, tradito e denunciato alla Gestapo da persone a lui vicine, e poi deportato ad Auschwitz, egli descrive l’ambiente di una provincia piemontese negli anni 1943-1949, delineando un affresco politico dominato da spietate lotte di parte, in cui “De Gasperi incontrò il ministro degli Esteri francese, Georges Bidault, e gli presentò una richiesta che da sola testimoniava l’ asprezza dello scontro. E ottenne che, in caso di sconfitta della Dc, la Francia avrebbe accolto come rifugiati politici tutti i dirigenti del suo partito, famiglie comprese”….ma lasciamo descrivere proprio a Giampaolo Pansa, perché l’Italia è un’Italiaccia nella prefazione del volume pubblicata dal quotidiano “il Giornale” dello scorso 10 settembre 2015 e ripresa dal sito Dagospia.
Per parte nostra, osserviamo con interessata curiosità il paralleo che Pansa traccia fra l’Italiaccia del ’46 e l‘Italiaccia di oggi, con un’aggravante ci pare: quello era un Paese distrutto e umiliato dalla guerra e, soprattutto, alla fine fu capace di fare le scelte giuste. Quello di adesso, invece, è un Paese forte economicamente, in grado di reggere qualunque sfida dal punto di vista delle intelligenze, della reattività costruttiva e della capacità di intraprendere, ma inaccettabilmente appesantito da un’amministrazione pubblica che dall’Unità non è mai stata “promotrice di sviluppo” ed è oggi incapace di fornire quelle infrastrutture di base (scuola, ricerca, trasporti, giustizia efficiente, fisco, sistema delle licenze pubbliche) che consentono agli altri Paesi di investire sulle proprie capacità e talenti. Colpa dei burocrati? Anche. Colpa dei politici? Sicuramente…Ma non è pure in ballo proprio quello “spirito” che Pansa qualifica come “l’Italiaccia” e che noi potremmo tradurre in “individualismo”, “insofferenza alle regole”, “corporativismo radicato nelle menti di tutti”, “egoismo sociale”, perdita di quello “spirito della comunità” e “misericordia”, alla quale ci richiama sempre Papa Francesco? Varrebbe la pena di riflettere con serenità su questo.
Gaimpaolo Pansa – Prefazione del libro “Italiaccia senza pace”
Roma capitale e non capitale
Roma e i romani non sono simpatici a molti, questo va detto per capire molte cose. Tuttavia, gli scandali, i disservizi, gli episodi a metà fra la farsa e il codice penale, fino alla tragedia del pedone ucciso a Piazza del Popolo – cioè in una zona che in qualunque metropoli europea sarebbe stata liberata dal traffico – tutti questi episodi hanno indotto il quotidiano della borghesia meneghina a “certificare”, attraverso la penna di Sergio Rizzo, il fatto che la questione romana non riguarda solo i romani, ma tutta l’Italia come Stato nazionale. Chissà, forse era necessaria la continua umiliazione della gente comune e normale di questa città perché un concetto così semplice fosse recepito nelle coscienze degli Italiani….
LA CAPITALE QUESTIONE NAZIONALE
La Pubblica Amministrazione e i tesori d’arte antica.
Sfugge sempre alla grande stampa e ai molteplici osservatori superficiali che la pubblica amministrazione italiana é un oggetto complesso, un’articolazione estesissima di fatti e di situazioni dove si possono trovare non solo cose brutte, ma anche veri e propri tesori. E’ il caso di questa icona mariana del duecento che è stata ritrovata anni fa all’interno del Convitto INPS S. Caterina di Arezzo da uno staff del Museo nazionale di arte medioevale e moderna di Arezzo diretto dalla dr.ssa Paola Refice. Da una “crosta” esterna, dalla quale difficilmente poteva immaginarsi la preziosa opera originale nascosta, è stata estratta – dopo anni di accurato restauro – la Madonna col Bambino che si può vedere qui sopra. La presentazione al pubblico, avvenuta lo scorso 19 giugno 2015, è stata curata dal Presidio sponsorizzazioni e valorizzazioni dei beni dell’INPS diretto dal dirigente generale dr. Alessandro Tombolini. Nel filmato presentato qui sotto una breve interessantissima sintesi di questa bella storia di Amministrazioni pubbliche italiane.
Il restauro dell’icona mariana di Arezzo del 1200- clicca qui.
Dante Alighieri – il suo pensiero sull’Italia
Non possono mancare nella rassegna che conduciamo sugli “Italiani visti dai Grandi Italiani” le quattordici terzine del VI canto del Purgatorio, con le quali sette secoli fa l’Alighieri inchiodò (per sempre?) la condotta morale, civile e politica nel nostro Paese. Lo splendido incipit “Ahi serva Italia….” rischia di nascondere il seguito del suo “ragionamento” a proposito dell’incapacità del suo popolo di trovare un minimo di unità anche dentro “quei ch’un muro e una fossa serra“. L’Italia civile viene raffigurata colla metafora del cavallo bizzoso – fiera fatta fella – che si muove rabbiosamente, frenato a malapena del “morso” delle “leggi”, ma senza consentire ad alcun “cavaliere” di mettersi alla sua sella e guidarlo. Le città d’Italia sono tutte piene di tiranni, dove “un Marcel diventa ogni villano” supportato da qualche fazione. Ogni città, Firenze in testa, “quante volte, del tempo che rimembre, legge, moneta, officio e costume hai tu mutato, e rinnovate membre!” in modo che “a mezzo novembre non giugne quel che tu d’ottobre fili“. Il riferimento a “cavalieri” tipo Mussolini, Berlusconi o Renzi suona in questo contesto fuori luogo e provinciale: più decisivo risulta il pensiero su un Paese che non è mai riuscito, se non per brevissimi interludi, a regalarsi leader come Churchill, Roosevelt, De Gaulle, Thatcher o Brandt per citare solo i più noti storicamente, uomini e donne in grado di guidare un popolo nelle epoche di difficoltà e di trasformazione…. “guarda come esta fiera è fatta fella per non esser corretta da li sproni“. Più che concetti quali “ordine”, “legalità” o “governo forte”, la metafora del cavallo bizzoso riesce a descrivere al meglio la realtà perché sposta il riferimento centrale, non sulla forma di governo (o meglio lo fa in subordine), ma sullo spirito del popolo italiano, questione molto più complicata, comunque “la” vera questione.
I gufi d’Italia – gli italiani visti con gli aforismi di 160 “grandi firme”
Quanti Italiani sono qualificabili come “gufi”, secondo la terminologia renziana? Parecchi, solo a leggere i pensieri che tanti “grandi” italiani hanno formulato in forma icastica sui loro connazionali. I 160 aforismi che qui riproponiamo ci restituiscono un pensiero negativo, pessimista, deluso e disilluso. Colpisce anche un’ altra osservazione, cioè il fatto che il pensiero sull’Italia venga frequentemente esposto in forma di battuta sarcastica, di osservazione breve, senza desiderio né cura di “approfondire”, di sviluppare un ragionamento che vada a fondo rispetto al malessere che l’intuizione e l’esperienza vissuta generano. Almeno due grandi Italiani escono fuori dal recinto dell’aforisma, ma le conclusioni del loro approfondimento ragionato sono ancor più sconsolanti: L’Alighieri del VI canto del Purgatorio – vedi qui – che spiega perché l’Italia non è “donna di provincie ma bordello” e Giacomo Leopardi con il suo Discorso sopra lo stato degli Italiani -vedi qui . C’é infine un altro grande Italiano che espresse le proprie valutazioni sulla’”agire civile” dei suoi connazionali, guarda caso con 221 aforismi: Francesco Guicciardini. Del suo pensiero intorno al “particulare” diede conto Francesco De Sanctis nella sua Storia della letteratura italiana (vedi qui).
Non pensiamo bene di noi stessi dunque! Ciò vale per le “grandi firme” come per la maggioranza di noi!
Eppure ci deve essere – e va inseguito – un punto di sintesi fra l’ottimismo a cui ci invita il Presidente del Consiglio Renzi e il pensiero pesante e disilluso che in molti cerchiamo di esorcizzare con battute sarcastiche ed aforismi: punto di sintesi da inseguire attraverso la ricerca di un’alchimia comune – verrà quando verrà – e di un pensiero comune in cui tutti riconoscersi e la liberazione dal “particulare” che non è una risorsa, ma un peso enorme, anche e soprattuto per i tanti singoli “particulari”.