MalaPA – come arginare la disonestà.

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Le notizie che provengono dalla Magistratura sui casi dei dipendenti del Comune di Sanremo (vedi qui), sull’ANAS (vedi qui) e sull’INPS (pagamento incentivi – vedi qui) si prestano poco ai distinguo: forse, ci si può chiedere quanto fosse esteso il malaffare nella dirigenza ANAS, tutte da vedere e da inquadrare le notizie riguardanti gli ispettori INPS. Ma, indubbiamente, nel polverone che ormai non risparmia nessuno, la vergogna è tanta per i tanti onesti che pure pervicacemente continuano ad esserci e ad operare.

Sono notizie dirompenti non solo in sé, ma anche per il modo protervo in cui le persone indagate sembrano aver operato per anni.

Fatti di questo genere tolgono argomenti a chi come noi  crede ancora nel valore e nella necessità di una differenziazione nella gestione dei servizi pubblici rispetto alle imprese private, giustificata dalla diversità della natura delle attività svolte. Bisogna essere “all’altezza” dei privilegi che la società concede: uno su tutti per gli impiegati pubblici: la maggiore sicurezza della conservazione del posto di lavoro e l’essere fuori da logiche di riassestamento del personale in termini di migliaia di esuberi, ai quali tutto il mondo del lavoro privato è periodicamente soggetto.

I dirigenti e gli impiegati pubblici dovrebbero essere il riferimento etico/civile privilegiato, l’esempio da seguire. Non è uno scenario impossibile o  precluso al nostro popolo: basta guardare ai Carabinieri (o alla gran maggioranza delle Forze dell’Ordine). Invece, siamo ai primi posti nella classifica OCSE della corruzione pubblica ( vedi qui) e la sequela degli scandali che vede protagoniste Amministrazioni pubbliche sembra essere un fiume in piena.

C’è un problema di “rilassamento etico” – ottimamente descritto da Michele Serra ne La Repubblica di ieri riportato qui sotto- che riguarda tutti, non solo i pubblici dipendenti. Ma c’è anche la necessità stringente di una maggiore severità e rigore nella gestione delle Pubbliche amministrazioni (centrali e territoriali, statali e delle autonomie): va attuato un vero sistema di valutazione di Amministrazioni, dirigenti e personale (non la burla in vigore da più di venti anni – vedi qui), vanno ripristinati i controlli successivi esterni sugli atti che in una parte preponderante delle amministrazioni pubbliche sono stati letteralmente smantellati (vedi qui), va introdotta e protetta – al posto delle tante inutili “carte” di piani anticorruzione e per la trasparenza –  la figura del Whistleblower (funzionante in USA e in Gran Bretagna – vedi qui) e vanno pubblicati sui siti internet di ciascuna delle 10.000 amministrazioni pubbliche gli atti di assegnazione degli appalti – tutti gli atti finali ( vedi qui)– perché questo consente di innescare un sistema di controllo sociale che sarebbe un potentissimo disincentivo per gli innumerevoli furbetti che oggi agiscono nell’ombra e al riparo di un sistema inesistente di controlli. Basterebbe poco, ma non si fa.

Analfabetismo etico

Leggi sulla Pubblica Amministrazione e loro attuazione, un caso di scuola: il sistema di misurazione e valutazione della performance.

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Pubblichiamo la recentissima Sentenza n 4641 del 13 ott 2015 della IV sezione del Consiglio di Stato che – su ricorso dell’Associazione Dirpubblica e capovolgendo il precedente giudizio di merito del T.A.R. Lazio – ha ordinato all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, all’Agenzia delle Entrate e al Ministero dell’economia e delle Finanze di provvedere all’adozione del “Sistema di misurazione e valutazione della performance organizzativa” entro 180 giorni dalla notificazione della sentenza, salva la nomina di un Commissario ad acta in caso di ulteriore inadempimento. Piove sul bagnato per le agenzie governative! Dopo la Sentenza della Corte costituzionale n 37/2015 che ha travolto un meccanismo illegittimo di preposizione dei dirigenti in vigore da lustri, ora esse vengono duramente “bacchettate” in ordine all’omessa attuazione dell’articolo 7 – vedi – del d. lgs n 150/2009 (“riforma Brunetta” do you remember?), cui si doveva dar corso entro il 31 dicembre dell’anno 2010 (successivo articolo 16, comma 3).

Di fronte all’inadempimento di alcune amministrazioni pubbliche, rilevato e condotto a soluzione solo attraverso una Sentenza di 2° grado (che fa da contrappunto negativo allo zelo di altre amministrazioni – quali l’INPS  che nello stesso periodo ha prodotto due provvedimenti in materia, dei quali il secondo “in via sperimentale” –  si vedano le due determinazioni presidenziali del 2010 -clicca qui e del 2015 – clicca qui ), la domanda da porci in conseguenza è: cosa hanno fatto tutte le altre Amministrazioni pubbliche sul punto? Hanno adempiuto? L’articolo 16 della Brunetta prescriveva l’obbligo per Regioni ed Enti locali di adeguare i propri ordinamenti all’obbligo in questione…… E i Ministeri, hanno adempiuto? Il MEF pare proprio di no….Esiste un soggetto pubblico operativo realmente funzionante che gestisca il monitoraggio di queste cose? Il Dipartimento funzione pubblica, “erede” delle funzioni che il d. lgs. 150 aveva demandato alla soppressa CIVIT fa qualcosa sul punto? Insomma, “siamo vincoli o sparpagliati?”, direbbe Peppino De Filippo.

Al di là della facile battuta, ci sembra qui necessario richiamare l’attenzione sulla scarsissima capacità delle leggi sulla PA emanate negli anni scorsi di innescare veri processi di innovazione nelle Pubbliche Amministrazioni. La previsione di adempimenti che  devono coinvolgere le circa 10.000 amministrazioni pubbliche in cui si articola il nostro ordinamento amministrativo richiedeva e richiede robuste azioni di implementazione in fase di attuazione, programmi, tempi d’attuazione e organi all’uopo deputati. Altrimenti le prescrizioni di legge sono destinate a rimanere inattuate, come le classiche “gride” del Ducato di Milano nel XVII secolo raccontate da Alessandro Manzoni. Le disposizioni sulla pubblica amministrazione “diluviano”, ma sono poco o nulla rispettate e attuate. Sarà questo il destino anche della recente Legge n 124/2015? (vedi qui)

La Governance negli Enti locali, un problema irrisolto.

ITALIA

“Amministrazioni parallele”:  questo il modo di raffigurare la pubblica amministrazione italiana utilizzato dallo storico Guido Melis nel suo indimenticato saggio del 1988 (vedi qui “Due modelli di Amministrazione fra liberalismo e fascismo): era la fotografia di un Paese che non riusciva, dall’Unità d’Italia in avanti, a configurare un modello omogeneo di governance degli uffici pubblici  condiviso da tutti – politica, operatori dell’Amministrazione pubblica e cittadini. Continua a leggere

La rabbia dell’ex assessore Esposito contro la dirigenza pubblica.

Assessore Esposito

L’ormai mitico Stefano Esposito, ex assessore ai Trasporti del Comune di Roma – sfegatato tifoso juventino che gridava “Roma ‘mmerda” e affermava di controllare lo stato dei trasporti romani perché viaggiava sui bus in incognito, senza però conoscere la linea n 64, la più nota della città – sfoga ora la sua rabbia contro la dirigenza e i funzionari del Comune di Roma in una intervista concessa ad Alessandro Capponi del Corriere.it. “La struttura amministrativa vive di vita propria, non segue le indicazioni, cambia autonomamente il contenuto delle delibere, a volte le scrive male proprio per farle bocciare al Tar...».  «Gli uffici se ne strafottono di ciò che chiede la politica… quelli viaggiano con stipendi superiori ai centoventi-centosessanta mila euro e fanno solamente finta di farti decidere, è chiaro?».

I dirigenti pubblici potrebbero sentirsi onorati per le contumelie di una mente tanto elevata e raffinata. Ma attenzione: dietro la rozzezza di queste affermazioni si manifesta con evidenza un senso di frustrazione che attraversa la coscienza di molti politici attuali nei confronti della pubblica amministrazione: oggetto sconosciuto a moltissimi di loro, l’unico desiderio che nutrono sarebbe quello che “l’intendenza” seguisse senza “se” e senza “ma” qualunque loro idea o direttiva. La resistenza che un dirigente/funzionario può opporre ad una richiesta, magari palesemente illegittima e/o fuori luogo, non è accettata come possibile ed utile contrappunto al loro pensiero. Nè del resto, i dirigenti/funzionari pubblici sono mammole: a volte per vocazione, altre volte per difesa o corrispondente fastidio e antipatia, sono in condizione di mandare a vuoto qualunque tentativo “imperioso” del politico – legittimo rappresentante dell’elettorato. Ma se i politici pagano con la frustrazione, i dirigenti, per altro verso, pagano le loro resistenze con un processo legislativo, in atto ormai da un ventennio, di continuo indebolimento/logoramento dello loro ruolo pubblico. Una politica debole  in guerra contro una dirigenza debole: questa è la fotografia dello stato della maggioranza delle Pubbliche amministrazioni in Italia. Questo dovrebbe essere chiaro all’opinione pubblica. Nessun progresso potrà ragionevolmente essere conseguito nella Pubblica amministrazione fino a quando non si affermerà un reciproco rispetto e mutuo riconoscimento di ruolo fra ceto politico e ceto dirigente pubblico.

Vedi qui l’ intervista di Stefano Esposito al Corriere.it

Mariana Mazzucato – Lo Stato finanziatore dell’innovazione.

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Non bisogna essere ossessionati dal “mito” delle startup, ma occorre allargare lo sguardo e sviluppare un ecosistema innovativo nel quale le imprese appena nate riescano a crescere attraverso un’interazione tra investimenti pubblici e privati. E scriverlo è Mariana Mazzucato che ha approfondito nel suo testo “Lo Stato innovatore” – vedi qui – il ruolo degli investimenti pubblici nello sviluppo dell’economia digitale. Citando gli esempi della Gran Bretagna, ella conclude che non devono essere enfatizzate le startup o gli imprenditori in quanto tali, ma l’ecosistema innovativo entro il quale operano e dal quale dipendono…..tutti discorsi –  comunque – “in arabo” rispetto all’Italia, paese in cui gli investimenti pubblici sono in caduta libera (vedi qui).

Vedi qui la sintesi dell’articolo pubblicato sull'”Economist” nel marzo 2014

I destini del FORMEZ e la pubblica Amministrazione del Meridione.

FORMEZ

Nel momento in cui il dibattito sulla condizione dell’Italia meridionale ritorna all’attenzione dei più – vedi qui Rapporto SVIMEZ 2015 sul Mezzogiorno d’Italia ,  continua a sfuggire all’attenzione della politica la circostanza fondamentale secondo cui l’efficienza della Pubblica Amministrazione è condizione primaria perché possa essere avviata una qualunque politica pubblica nazionale per la risoluzione dei mille problemi sociali ed economici che la metà del nostro Paese ancora incontra sul suo commino. In questa ottica, lo smantellamento in corso di FormezPA previsto dall’articolo 20 del DL n 90/2014 in Legge n 114/2014  – vedi – costituisce la peggiore risposta che si possa dare. Formez PA è – in termini di conoscenze, relazioni e processi di sviluppo – un punto di riferimento consolidato per centinaia di amministrazioni pubbliche.

Invitiamo pertanto tutti a firmare la petizione che chiede lo “STOP ALLA CHIUSURA DELLA SEDE DI NAPOLI DI FORMEZPA

clicca qui per conoscere i termini della questione e per FIRMARE LA PETIZIONE.

L’Italia dell’Alitalia – il riepilogo di una storiaccia e una possibile morale.

Unknown

La recente condanna penale di Franceso Mengozzi, ad di Alitalia dal 2001 al 2004 e di Giancarlo CIMOLI, Presidente e ad dal 2004 al 2008 – vedi qui – rispettivamente a 5 e 8 anni di reclusione e al risarcimento alle parti civili di 355 milioni di euro derivanti dal reato di bancarotta induce a qualche riflessione su una parte di storia industriale del nostro Paese.

Va ricordata, innanzi tutto, la natura giuridica “bifronte” che ha avuto Alitalia, la sua dirigenza e il suo personale fino al 2008, quando è fallita: azienda formalmente privata, ma  pienamente in mano pubblica (azionista unico il MEF), una “partecipata” si dice oggi. Questa modalità di governance – che ebbe momenti di vera “gloria” nell’IRI di Alberto Beneduce e nei tre decenni successivi alla seconda guerra mondiale – entrò in crisi profonda negli anni ’80, quando i vecchi “enti pubblici economici” che la componevano divennero terreno di caccia di vere e proprie scorribande politiche, nonché collettori di tangenti e di malaffare. Le privatizzazioni degli anni ’90 e la modifica della loro natura giudica in “aziende private” di proprietà dello Stato non mutò in molti casi la sostanza di queste storture: rimase nel management, nei sindacati, nel personale e, naturalmente, nei politici l’idea di fondo che le risorse dello Stato avrebbero comunque garantito la sopravvivenza dell’azienda, delle sue storture organizzative e dei suoi privilegi (vedi in questo senso l’illuminante ricostruzione di Alberto Statera su “La Repubblica” del 30 sett 2015 e un’altra completa ricostruzione dell’epoca sulla cattiva gestione pubblica – vedi qui). Con la proterva sicurezza di tutti i players all’epoca in campo che “oggi va bene così” e al domani ci avrebbe comunque pensato qualcun altro. Il risultato, a tutto il 2008 – anno del fallimento  – fu un costo per l’erario di 13 miliardi di euro – fra capitalizzazioni e debiti ripianati – dall’anno 1989 in cui fu quotata in borsa fino al 2007, un deficit da ripianare a tutto il 2008 di 3 miliardi di Euro (sui quali la Procura ella Corte dei Conti – non a caso giudice patrimoniale e contabile delle società private finanziate dallo Stato – ha instaurato nel 2013 causa per danno erariale – vedi qui), 7000 esuberi su 20.000 dipendenti dell’epoca, tradottisi in spesa aggiuntiva per ammortizzatori sociali per circa 1,2 miliardi di euro (vedi articolo di Tito Boeri su La Repubblica.it del 2 gen 2009).

I fatti successivi sono noti: 1) nel 2008, rottura del patto con Air France KLM – già approvato dal cda – col quale quest’ultima si accollava tutti i debiti dell’azienda e prevedeva solo 1.300 esuberi attraverso un piano che non rinunciava alle rotte intercontinentali, come poi avvenuto, ma puntava a un’integrazione delle tre “case madri” su un programma di presenza globale su tutte le rotte internazionali;  2) difesa “dell’italianità” di Alitalia attraverso la costituzione di un’azienda privata – La CAI Alitalia – affidata a imprenditori privati “patrioti” guidati da Roberto Colannino,Giancarlo Elia Valori, Salvatore Ligresti, Francesco Bellavista Caltagirone, Emilio Riva, con acquisizione di tutte le risorse della vecchia Alitalia, che fu lasciata fallire (vedi su queste vicende gli articoli de La voce.info) ; 3) misero fallimento della vicenda CAI – vedi riepilogo nell’articolo di Oscar Giannino del 14 apr 2014 –  conclusosi con la cessione nel 2014 del 49% della proprietà alla Ethiad, compagnia degli emirati arabi con sede ad Abu Dabhi. Con buona pace dell”italianità” sbandierata 5 anni prima.

Recitano in questo dramma trentennale troppe figure di dirigenti pubblico/privati di primo piano perché ciò non faccia sorgere seri dubbi sulla qualità complessiva di un’intera generazione di top manager ( come non ricordare i casi Parmalat, Cirio e la stessa FIAT, sull’orlo del fallimento prima dell’arrivo dall’italo-canadese Marchionne). Ne escono malissimo anche i sindacati, persi nella difesa dell’esistente, senza “se” e senza “ma”. Domina su tutto una politica miope, che punta su personaggi impresentabili (Giancarlo Cimoli, quando fu nominato  a.d. Alitalia, era reduce da una pessima gestione delle Ferrovie dello Stato). Tuttavia, l’aspetto più significativo di questa, come di altre vicende consimili, ci pare il continuo colludere fra politici e manager di fiducia, con un incrocio di patti nascosti e di favori che tutto hanno garantito, fuorché la tutela dell’interesse generale del Paese. Ci pare necessario evidenziare questo aspetto in un frangente nel quale il “modello ideale” del manager pubblico  viene proposto  da troppi critici come fedele riproduzione del manager privato (vedi qui di Carlo Mochi Sismondi “Una dirigenza a rischio?”), legato al suo “capo” solo da legami fiduciari e portatore di sole “capacità manageriali“. Invece, proprio la storia di tanti manager “bifronte” pubblici/privati ci dovrebbe insegnare che un legame  politica/dirigente basato sul solo rapporto fiduciario si traduce quasi sempre nelle aziende pubbliche (oppure private ma di proprietà pubblica) nell’affievolimento dei meccanismi di garanzia della tutela dell’interesse generale della collettività.

La riproposizione – su cui sempre insistiamo – del modello di una dirigenza di carriera come schema ineludibile di salvaguardia e garanzia degli interessi della collettività, tuttavia, non esime – ci pare-  la dirigenza pubblica italiana da alcune severe autocritiche: esce vergine la dirigenza pubblica di carriera dalle tante brutte storie di quest’Italia della seconda Repubblica? Sicuramente no: anche a prescindere da singoli fatti eclatanti di malaPA emersi negli anni, il dato forte che emerge è che la dirigenza pubblica è stata in questi vent’anni assente e silente nel suo complesso rispetto agli eventi che si susseguivano, in ciò rinunciando a quel dovere di testimonianza, di critica e di propositività che attiene a un ceto dirigente che voglia qualificarsi come tale. La dirigenza pubblica non ha fatto sentire la sua voce, come uno dei ceti dirigenti del Paese. Forse i singoli si sono adagiati anch’essi sulla mera salvaguardia del personale e dell’esistente, senza ritenere necessaria e imprescindibile l’espressione comune di un pensiero su ciò che è giusto per il Paese e per la sua Pubblica Amministrazione. Forse in parecchi sono stati troppo distratti dalle proprie vicende personali e dai problemi del “giorno per giorno” per essere poi in grado di far sentire la propria voce in modo unitario come ceto dirigente. Questo ci pare il vero errore. E, nei fatti storici come nella vita,  gli errori alla lunga si pagano sempre e in modo spesso salato.

Giuseppe Beato

Marco Causi – La riorganizzazione del servizio rifiuti solidi urbani di Roma

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Marco Causi é professore di Economia politica all’Università di Roma tre e deputato del Partito democratico. Esperto di economia e bilanci, fu assessore per le politiche economiche, finanziarie e di bilancio nelle Giunta Veltroni del Comune di Roma (2001-2008) e partecipò in qualità di deputato alla Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale. Oggi, dopo un primo impegno nello scorso 2013 al Comune di Roma per l’elaborazione del piano di rientro del bilancio comunale – all’epoca fuori controllo – ricopre la carica di Vice-Sindaco di Roma, nominato da Ignazio Marino.

Si deve sostanzialmente a lui la predisposizione di quello che è stato chiamato il “piano di privatizzazione dell’AMA” contro il quale stanno caricando a testa bassa i sindacati aziendali. Noi presentiamo una descrizione di tale piano, pubblicata sul suo sito

Investire sul futuro industriale di AMA – clicca qui.

Come Associazione stimiamo Marco Causi, anche per il fatto di aver riproposto in Parlamento una legge di delega per l’attuazione del bilancio per missioni e programmivedi qui.

Ci paiono convincenti anche i suoi argomenti attuali che, analizzando il vuoto slogan “privatizzazione”, spiegano come la Giunta romana abbia recentemente varato un piano di investimenti impiantistici di 600 milioni che garantisca un aumento di produttività dell’azienda e una riduzione dei costi di circa 35 milioni entro il 2018 e un miglioramento della qualità del servizio da monitorare anche con indagini di customer satisfaction fra cittadini romani. L’ipotesi di “privatizzazione” consiste in un possibile “innesto” di servizi privatizzati – nelle grandi città del nord la percentuale di questi ultimi è del 30%, mentre a Roma é del 12% – che in qualche modo supportino con immissioni di know -how, competenze e tecnologie l’arretratezza tecnologica e industriale attuale dell’AMA. Dov’è lo scandalo? Si parte da una situazione di indubbia e insopportabile crisi di un servizio pubblico e si cerca di porvi rimedio attraverso un piano finanziato, incentrato su formule già positivamente sperimentate altrove. Unica perplessità nell’articolo sopra richiamato di Marco Causi sta in una proposizione: “Esiste la garanzia occupazionale”….e perché? la “garanzia occupazionale” deve esistere per un dirigente o un impiegato pubblico solo in presenza di comportamenti, produttività e qualità di servizio effettuati e valutati come accettabili. “Garantire” il posto a chi non rende o mantiene una bassa qualità del servizio nuoce, non solo alla comunità degli utenti di un servizio pubblico (già questo fattore può essere considerato esimente di tutti gli altri), ma anche al buon andamento dell’azienda pubblica, nella quale, in assenza di sanzioni, sono avviliti per primi quelle lavoratrici e quei lavoratori che si impegnano e sono orgogliosi di svolgere un servizio pubblico…mai incontrato in giro per Londra un giardiniere di Hide Park? Sembrano e sono dei nobili signori! Questo è il modello di un lavoratore pubblico.

Forum del G7 per il dialogo con le donne – iniziativa di Angela Merkel

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 Riprendiamo un articolo di Antonella Crescenzi, pubblicato sul sito www.cheliberta.it  su un’iniziativa scarsamente valorizzata dalla stampa italiana: lo scorso 16 e 17 settembre 2015  la Cancelliera Angela Merkel, nella sua qualità di Presidente di turno del G7, ha promosso il “G7 Forum for dialoge with Women” – vedi qui il link all’articolo – che ha posto sul tavolo dei leader mondiali l’impegno a supportare tutte quelle iniziative che possono ridurre le barriere per la partecipazione economica delle donne e sospingere così la crescita. Un eco significativo delle iniziative in corso é ravvisabile anche nelle dichiarazioni della stessa Merkel che non manca di collegare in uno il problema dell’accoglienza ai profughi comunitari con la condizione delle donne arrivate in Europa: “Non isolatevi e imparate il tedesco” è la raccomandazione di una donna affinché altre donne non vivano l’esperienza dell’emarginazione e dell’irrilevanza – vedi qui.

Per parte nostra, insistiamo su un concetto già espresso: il percorso di crescita della condizione delle donne non passa solo attraverso l’evoluzione dei costumi e dei valori, ma anche attraverso concreti e visibili interventi dello Stato in favore della condizione della donna lavoratrice e madre. Tutto questo implica, dopo e insieme alle dichiarazioni di principio, l’attivazione di concrete politiche pubbliche da affidare alle pubbliche amministrazioni, visibili, comprensibili e verificabili dai cittadini tutti. Sennò tutto il resto rimane fuffa o materiale buono solo per discussioni conviviali.

La foresta incantata – Rapporto Cassese del 1993 sulle condizioni delle pubbliche amministrazioni

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Crediamo di rendere un servizio di utilità pubblica, ripubblicando – a 22 anni dalla sua emanazione – un documento storico prima assente dal web: il “Rapporto sulle condizioni delle pubbliche amministrazioni” predisposto dal Dipartimento per la Funzione pubblica, sotto l’impulso e il coordinamento politico del Ministro dell’Epoca, prof. Sabino Cassese, nel Governo Ciampi ( 28 aprile 1993 – 10 maggio 1994), a ridosso recente di Tangentopoli e del crollo dei partiti della prima Repubblica. Continua a leggere

Legge n. 124/2015 di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni – vera riforma o legge “insaccato”?

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Presentiamo qui sotto il nostro punto di vista – molto critico – in ordine al complesso delle prescrizioni presenti nella Legge n. 124 del 7 agosto 2015 “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche“.

 Commentario della Legge n 124 del 2015

Valori, etica ed efficienza nelle organizzazioni pubbliche – Fabrizio Giorgilli

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Riconosciamo di avere un pregiudizio in positivo, un debole, una simpatia particolare per i dirigenti che scrivono di Pubblica amministrazione vivendola dall’interno e conoscendola da osservatori “di trincea”. La figura  di Fabrizio Giorgilli è quanto di più lontano dal modello – che in molti cercano ostinatamente di accreditare come modo di essere prevalente della dirigenza italiana – di dirigente “nascosto dietro la scrivania”: non potrebbe, visto che è Direttore di una sede provinciale INPS operante sul territorio ed è tutti giorni in prima linea per “servire” la sua utenza fatta di imprese,  lavoratori e pensionati. Pur con ciò, Giorgilli ci regala un testo di studio (reperibile come ebook al prezzo di 4,50 euro sul sito http://www.edizionipalinsesto.it/  della Casa editrice Palinsesto) sul modo di essere , sull‘ubi consistam di un’organizzazione pubblica, studiata dai diversi angoli di visuale del contesto socio -culturale di riferimento, del diritto, dell’inserimento nello Stato e nella Comunità, nei suoi diversi livelli di complessità: un’amministrazione pubblica integrata alla società, sia a livello di comunità locale di riferimento, sia rispetto al contesto amministrativo europeo. Al centro del mondo dell’organizzazione pubblica ”  –  che “va letta come sistema“, che “si può descrivere solo considerando tutti i suoi elementi costitutivi in un contesto“, le cui “variabili organizzative vanno considerate attraverso “un’unica foto” e non isolatamente”   –  ci sono etica e valori come unico collante possibile per accomunare, far crescere, per farla vincere e legittimare dalla e nella comunità sociale. Sono concetti da non perdere e, soprattutto, da opporre con serenità e dignità alla brutalità di chi vuole sostituire questo modello di dirigenza pubblica con altri modelli, sicuramente buoni in altri contesti, ma che nulla hanno a che vedere con il ruolo etico e i doveri di un dirigente pubblico e di un lavoratore pubblico (vedi qui). Leggiamo di seguito l’indice ed il capitolo primo di questo testo.

 Fabrizio Giorgilli – Lavoro Pubblico_aspetti introduttivi

Roma capitale e non capitale

roma capitale

Roma e i romani non sono simpatici a molti, questo va detto per capire molte cose. Tuttavia, gli scandali, i disservizi, gli episodi a metà fra la farsa e il codice penale, fino alla tragedia del pedone ucciso a Piazza del Popolo – cioè in una zona che in qualunque metropoli europea sarebbe stata liberata dal traffico – tutti questi episodi hanno indotto il quotidiano della borghesia meneghina a “certificare”, attraverso la penna di Sergio Rizzo, il fatto che la questione romana non riguarda solo i romani, ma tutta l’Italia come Stato nazionale. Chissà, forse era necessaria la continua umiliazione della gente comune e normale di questa città perché un concetto così semplice fosse recepito nelle coscienze degli Italiani….

 LA CAPITALE QUESTIONE NAZIONALE

La guerra delle slide come strumento di propaganda politica.

Renzi madia

Le slide nascono come utile strumento di sintesi di concetti e pensieri, presentato soprattutto nei corsi di formazione e nei convegni per chiarire e registrare al meglio il pensiero del suo autore. Con il governo Renzi, le slide hanno modificato la loro funzione originaria diventando la traduzione “in termini semplici” delle incomprensibili enunciazioni legislative, con un occhietto d’intesa alle persone, del tipo: “adesso ti spiego io semplicemente il vero significato delle leggi che i burocrati mi hanno scritto”. All’inizio magari funzionava, invece adesso risulta sempre più chiara la limitatezza di questo strumento che non va – né può andare – al di là delle semplici enunciazioni di principio e di buone intenzioni ….Peggio poi se chi critica i programmi governativi (nel caso che segnaliamo è la CGIL), crede di operare efficacemente opponendo altre slide sull’argomento con affermazioni altrettanto apodittiche e prive di argomentazione.

Riformapa – slide Presidenza del Consiglio

CGIL – Cos’è davvero la riforma MADIA

Invece, quando viene approvata una legge che avvia una grande politica pubblica, la collettività nazionale meriterebbe un approccio maggiormente rispettoso, garantito attraverso una procedura molto semplice:  l’elaborazione di testi chiari e circostanziati – piani industriali o come meglio si vogliano definire – nei quali fossero evidenziati situazioni di partenza, gli obiettivi concreti perseguiti, il tempo previsto di realizzazione, le risorse finanziarie poste a disposizione e gli Organi dello Stato cui si demanda la regia dell’intero progetto.  Ciò a beneficio, non solo dell’opinione pubblica, ma anche e soprattutto del Parlamento il quale, a sua volta, dovrebbe e potrebbe utilmente valorizzare le proprie funzioni di vigilanza politica sul Governo e sull’attuazione delle politiche pubbliche, che sono uno dei due cardini della propria attività (insieme a quello di produzione normativa).

Invece, il contenuto e l’applicazione futura delle leggi fondamentali, da una parte, vengono ridotti a dichiarazioni da bar dello Sport (con il massimo rispetto per i bar dello sport dove si conoscono e si discutono assai meglio le materie trattate), dall’altra parte vengono rinviati all’emanazione futura di mitici “decreti delegati” che, regolando giuridicamente tutta la materia, saranno la grande levatrice delle riforme attese.

Il fenomeno delle mancate riforme é soprattutto il frutto, più che di debolezze dei contenuti, di un infelicissimo approccio a un qualsivoglia metodo di organizzazione ed applicazione delle politiche pubbliche previste nelle leggi di riforma approvate in Parlamento.

L’approvazione della legge delega sulla riforma della PA – i commenti della stampa

Renzi madia

La coppia rock Renzi Madia é tutta un giubilo per l’approvazione della legge delega di riforma delle amministrazioni pubbliche (Vedi qui il video della Conferenza stampa del 5 agosto scorso). Riproporremo a breve in modo analitico le ragioni – più che di un dissenso – di una preoccupazione vivissima sui punti specifici e sulla filosofia di fondo di questa riforma. Per ora, segnaliamo qui  di seguito i resoconti e i commenti dei grandi quotidiani. Tutti generalmente orientati su battute del tipo “Dirigenti licenziabili” “meno burocrazia” “un colpo di frusta alla PA” “dirigenti, incarichi a tempo” “licenziamento più facili” “lotta all’assenteismo”, e via così…… Per parte di chi scrive, non si può che prendere atto che la percezione della pa e dei suoi operatori da parte della grande stampa e della collettività nazionale in genere é pessima. Questa cosa avrà pure una sua ragion d’essere! Oltre che gli squallidi coinvolgimenti in situazioni di fallimento e di corruzione visti nella Capitale, si taglia col coltello – verso gli operatori della Pa in genere – un atteggiamento di diffidenza, di insofferenza, di astio generalizzato. Forse è arrivato il momento che qualcuno dall’interno delle pubbliche amministrazioni faccia il giusto tesoro di questi segnali chiari della collettività e del mondo delle imprese, ne comprenda il fondamento e le giuste ragioni ed esca fuori con proprie proposte di riforma, con un atteggiamento comunque proattivo e non rinunciatario rispetto ai combiamenti introdotti dal legislatore. L’unico modo di “battere” la pessima opinione che hanno i diversi ceti dirigenti e stakeholder del Paese nei confronti della PA è quello di accettare la sfida del cambiamento, cavalcandola dall’interno e rendendosene protagonisti. Programma “vasto” e chissà quando attuabile, tuttavia unica prospettiva vera di cambiamento ed efficientemento dell’Amministrazione pubblica di questo Paese. Senza una condivisione convinta della parte più sensibile degli operatori delle pubbliche amministrazioni (che esiste ed è vastissima) si rischiano due effetti perversi e coincidenti: la riforma di un bel niente, collegata strettamente al progressivo declino dell’ intervento pubblico sull’economia e sulla società (invece in tutti gli Stati moderni La PA è il volano dello sviluppo economico complessivo – vedi il pensiero di Mariana Mazzucatoclicca qui ) e alla marginalizzazione completa di chi opera in quel mondo.

Ora ci tocca la triste lettura delle “grida” dei vari quotidiani nazionali.

La Stampa- Ecco cosa cambia 5-agosto-2015

Messaggero – Lo Stato alla sfida dell’efficienza -5-agosto-2015

Sole 24 ore – Dirigenti licenziabili- Confindustria “Bene riforma” 5-agosto-2015

Italia oggi  – Licenziamenti facili -5-agosto-2015

La Repubblica – Licenziamenti più facili-5-agosto-2015

La Stampa – Stretta sulle partecipate-5-agosto-2015

Il Messaggero –  commento di Oscar Giannino -5-agosto-2015

Il Messaggero – intervista a Sabino Cassese “la medicina giusta per un grande malato” -5-agosto-2015

Il fatto quotidiano – dirigenti licenziabili

APPROVATO il disegno di legge n 1577 – Madia Renzi – di “riforma” delle pubbliche amministrazioni.

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Iscrivendoci senz’altro al partito degli “amici gufi” (sic) cui fa riferimento un tweet del Presidente del Consiglio di questa mattina, rimaniamo in attesa della promulgazione della legge recante “Deleghe al governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche“, fino ad oggi conosciuto come ddl 1577 Madia Renzi. E’ stato approvato senza ulteriori emendamenti dall’Assemblea del Senato in seconda lettura rispetto al testo licenziato dalla Camera dei deputati lo scorso 17 luglio 2015 – Vedi qui resoconto parlamentare della seduta conclusiva del 3 agosto 2015.

Il testo della legge, in mancanza di qualsivoglia emendamento rispetto al testo approvato dalla Camera, rimane quello ufficialmente trasmesso al Senato lo scorso 17 luglio –  vedasi qui sotto.

 Testo definitivo della legge delega per la riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni

Facendo riferimento alle osservazioni e riserve più volte espresse in questo sito sulla legge in questione ( Vedi comunicato stampa 2 aprile 2015 – Basta con le valutazioni burla – la dirigenza pubblica che vogliamo – la valutazione della performance – la riforma della dirigenza pubblica e il ruolo della donna – Audizione della Corte dei Conti in ordine al ddl Madia – Riflessioni di Guido Melis sul testo della riforma Madia – Come saranno congegnati i decreti legislativi delegati secondo Antonio Zucaro) diamo qui conto delle osservazioni del Sole 24 ore di oggi  – clicca qui – e delle due note di lettura della legge predisposte dai Servizi amministrativi del Senato: 1) Nota di lettura ; 2) Nota breve.

Antonio Zucaro – Come saranno congegnati i decreti legislativi delegati della riforma Renzi Madia?

Il tessuto delle leggi delega, sempre di più negli ultimi anni, sembra sfuggire ai chiari principi posti dall’articolo 76 della Carta costituzionale che richiede esplicitamente “tempo limitato” e “oggetti definiti” come requisiti necessari per la delega al Governo di funzioni legislative. Quando poi sono previsti, a valle di un’unica legge delega (vedi qui il testo praticamente definitivo), ben 15 decreti delegati, le zone dell’incertezza fioriscono rigogliose!! Il Presidente della nostra associazione Nuova Etica Pubblica, Antonio Zucaro, ben consapevole che la vera partita della riforma delle pubbliche amministrazioni si giocherà con la stesura dei decreti legislativi delegati, traccia una serie di temi sui quali l’attenzione di tutti va mantenuta molto viva.

 Delega MADIA – di Antonio Zucaro

Una proposta di solidarietà per la politica dell’Unione europea.

Le recenti vicende del debito greco vengono riassunte e commentate da Paolo De Ioanna, componente del nostro Comitato scientifico, in un articolo recentemente pubblicato da “La Repubblica – Affari e finanza”. Nella conclusione una proposta: “europeizzazione del debito greco e creazione di meccanismi di stabilizzazione e mutualizzazione della quota di debito pubblico sovrano che sta entro la soglia del 60%“.

 Democrazia europea alla prova della Grecia

Riflessioni di Guido Melis sul testo della riforma Madia approvato alla Camera.

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Riproponiamo le prime riflessioni del prof. Guido Melis, storico della pubblica amministrazione italiana, sul testo approvato alla Camera della riforma Madia, pubblicate sulla rivista “IL MULINO” – clicca qui.

Audizione della Corte dei Conti alla Camera in ordine al ddl Madia.

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Pubblichiamo il documento della Corte dei Conti – Sezioni riunite in sede di controllo – presentato alla Commissione Affari costituzionali della Camera in occasione dell’audizione del Presidente Squitieri lo scorso 3 giungo 2015. Il ddl Madia – già n 1577 AS del 2014 – è ora rubricato come AC 3098/ 2015 (vedi qui). In particolare, nel documento in questione, alle pagine 11 e seguenti  la Corte conferma sull’articolo 9 – relativo alla nuova disciplina sulla dirigenza pubblica – una serie di osservazioni e perplessità (anche di ordine costituzionale) che induce il testo del disegno di legge, così come approvato dal Senato.

Noi concordiamo su tutto.

 Corte dei Conti audizione su riorganizzazione della Pubblica amministrazione 3  giu 2015