Fa una strana sensazione sentire dal nuovo direttore Mario Calabresi che egli lesse il primo numero de “La Repubblica” quando aveva otto anni, in occasione della strage di Bologna del 2 agosto 1980. Altri, come chi scrive, erano presenti al teatro Eliseo di Roma nel dicembre 1975 quando Eugenio Scalfari annunziò ufficialmente la nascita di un nuovo quotidiano “che non si sarebbe occupato di sport“….Al di là delle convinzioni politiche di ciascuno, é inconfutabile che questo giornale, come del resto altri quotidiani storici, abbia accompagnato e per certi versi segnato la storia civile del nostro Paese. Ci pare un buon motivo per dare conto del commiato di Ezio Mauro da direttore, apparso ieri. E’ intitolato: “Una certa idea dell’Italia“, con chiaro ed esplicito riferimento al pensiero di Piero Gobetti. Come tale, merita un posto nella nostra rassegna del “pensiero degli Italiani sù sé stessi” e sulla loro storia come comunità nazionale.
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MalaPa – Mazzette al teatro Petruzzelli di Bari.
Quella riprodotta nel filmato della Polizia di Stato – clicca qui – diffuso sul sito de La Repubblica non è una scena del film “Quo vado?” ma realtà: sono raffigurati un “rappresentante” di un’impresa appaltatrice di spettacoli di balletto nell’atto di trasferire al direttore amministrativo della Fondazione Petruzzelli di Bari una tranche della mazzetta di 20.000 euro per la quale la Procura della Repubblica di Bari ha operato la scorsa settimana 5 arresti.
Piccola domanda: quante sono le scene consimili che si ripetono nell’Amministrazione pubblica italiana? Molte sicuramente, vista la collocazione dell’Italia nella classifica mondiale della corruzione (clicca qui)….allora è giusto farsi qualche domanda in relazione alla capacità delle pubbliche amministrazioni di generare anticorpi validi prima dell’intervento della Magistratura, che da sola non potrà mai limitare il fenomeno. Noi di Nuova Etica Pubblica abbiamo dedicato un numero speciale della nostra rivista on line su questo tema (clicca qui) e siamo convinti che sono due gli strumenti utili, se non per debellare, sicuramente per circoscrivere la corruzione dilagante negli uffici pubblici: il ripristino di un sistema di controlli amministrativi di legittimità (vedi qui) e l’utilizzo effettivo dei whistleblower (vedi qui ). Così come sono organizzate oggi, la gran parte delle 10.000 pubbliche amministrazioni italiane sono come una persona che la mattina uscendo di casa lasci la porta aperta: diventa facile entrare e rubare.
Gianfranco Rebora – Un progetto di transizione delle Pubbliche amministrazioni da qui all’anno 2020.
Riproponiamo il Liuc paper n. 260 del novembre 2012, scritto dal prof. Gianfranco Rebora della Libera Università Cattaneo di Castellanza, nonché componente del Comitato scientifico della nostra Associazione, su un progetto di transizione delle pubbliche amministrazioni nell’orizzonte 2020.
Partendo dalla constatazione, ormai pacificamente condivisa da tutti, del mancato successo del ciclo di riforme nel ventennio 1990-2010, l’autore proponeva un esame critico dei limiti degli strumenti fin qui usati e, a seguire, un quadro generale di interventi necessari per un vero rinnovamento delle pubbliche amministrazioni di qui all’anno 2020. E’ sufficiente la sola idea di una prospettiva pluriennale necessaria per favorire il rinnovamento della Pa italiana ad accreditare questo studio come contributo serio ed approfondito alla pluridecennale vicenda ancora in corso.
Gianfranco Rebora – TRASFORMARE LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
Corruzione in Italia, una gramigna sempre vigorosa
Riproduciamo una notizia e un editoriale tratti da La Repubblica: la notizia è di Carlo Rivolta (clicca qui) e si riferisce allo scandalo degli appalti aggiudicati al massimo ribasso dallo IACP di Frosinone, in cui sono coinvolti politici e imprenditori del luogo e la famiglia mafiosa dei Cuntrera.
Il fondo di Andrea Barbato – “l’Italia degli scandali” (clicca qui) – ci parla di “un’Italia già tanto travagliata“, dove é difficile “mettere all’ordine del giorno la questione morale“, dove “a sgretolare ogni giorno l’autorità di chi amministra lo Stato é la cronaca invadente degli scandali” dove “si ha l’impressione che questo nodo sia diventato il più grave e il più urgente da sciogliere, trascinato come un’eredità pesante da un governo all’altro“
….dimenticavamo un piccolo particolare…questi due articoli non sono di quest’anno, ma del 14 gennaio 1976, anno I, n. 1 de “La Repubblica”……..passano le guerre mondiali e quelle fredde, passano il fascismo, le prime e le seconde repubbliche, ma noi alle nostre tradizioni ci teniamo.
Transparency International: statistiche sui livelli di corruzione mondiale
L’Associazione internazionale contro la corruzione Transparency International elabora ogni anno una classifica mondiale misurando il livello di corruzione percepita in ogni paese. Presentiamo il documento 2008 e l’aggiornamento dell’anno 2013.
Classifica 2013_Trasparency international.
Formazione, composizione e funzionamento del Governo della Repubblica.
Riportiamo una serie di slide sintetiche sulla formazione, copmposizione e funzionamento del governo della Repubblica così come attualmente normato.
Il Governo della Repubblica italiana
Assenze per malattia dei lavoratori pubblici e privati.
L’Osservatorio statistico dell’INPS sulla certificazione di malattia ha fornito diverse informazioni sulla dimensione del fenomeno – si veda l’articolo pubblicato su “La Repubblica” dello scorso 26 novembre. Fra le informazioni acquisite, meritano attenzione sopratutto queste due: a) quasi un terzo dei malesseri si concentrano nella giornata del lunedì (fenomeno palpabile per chi vive a Roma in relazione allo scarso traffico generalmente esistente in tale giornata); b) Il numero medio di giorni assenza medio di malattia di un lavoratore pubblico (10,5 gg.) é doppio di quelli di un lavoratore privato (5,67). Così é.
Le malattie dei lavoratori – La Repubblica 26 novembre 2015
Toh!!!…A chi si affida Renzi per salvare Roma? A un dirigente pubblico di carriera.
C’è un particolare dimenticato, che invece è l’elemento più significativo della scelta di Francesco Tronca, lo scorso anno a “tutor” dell’EXPO 2015, oggi a Commissario di Roma Capitale e che i “giornaloni” si guardano bene dal sottolineare: al di là della sua importante storia personale (fra l’altro, nato a Palermo, Prefetto di Milano, ora Commissario a Roma é una bella sintesi del concetto di unità d’Italia), egli non arriva da Marte, ma dai ruoli dei dirigenti pubblici di carriera: Continua a leggere
La tutela del dipendente che segnala illeciti – Whistleblower
Quante Amministrazioni pubbliche conoscono ed attuano la direttiva dell’ANAC sul Whistleblower – qui più precisamente indicato come “dipendente che segnala illeciti“?
All’obbligo per l’impiegato pubblico – sancito dall’articolo 8 del Codice di comportamento di dipendenti pubblici (D.P.R. n 62 del 2013 – vedi) – di “segnalare al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell’amministrazione di cui sia venuto a conoscenza“, corrisponde la condotta richiesta all’amministrazione pubblica dall’articolo 54bis del d.lgs. n 165/2001 (vedi qui) che recita fra l’altro: “il pubblico dipendente che denuncia all’autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia”.
La pubbliche amministrazioni devono (dovrebbero) conformarsi agli obblighi e alle modalità di azione previsti dalla Determinazione n 6 del 28 aprile 2015 che qui sotto riproduciamo.
ANAC – Det. n.6 del 28.04.2015
MalaPA – come arginare la disonestà.
Le notizie che provengono dalla Magistratura sui casi dei dipendenti del Comune di Sanremo (vedi qui), sull’ANAS (vedi qui) e sull’INPS (pagamento incentivi – vedi qui) si prestano poco ai distinguo: forse, ci si può chiedere quanto fosse esteso il malaffare nella dirigenza ANAS, tutte da vedere e da inquadrare le notizie riguardanti gli ispettori INPS. Ma, indubbiamente, nel polverone che ormai non risparmia nessuno, la vergogna è tanta per i tanti onesti che pure pervicacemente continuano ad esserci e ad operare.
Sono notizie dirompenti non solo in sé, ma anche per il modo protervo in cui le persone indagate sembrano aver operato per anni.
Fatti di questo genere tolgono argomenti a chi come noi crede ancora nel valore e nella necessità di una differenziazione nella gestione dei servizi pubblici rispetto alle imprese private, giustificata dalla diversità della natura delle attività svolte. Bisogna essere “all’altezza” dei privilegi che la società concede: uno su tutti per gli impiegati pubblici: la maggiore sicurezza della conservazione del posto di lavoro e l’essere fuori da logiche di riassestamento del personale in termini di migliaia di esuberi, ai quali tutto il mondo del lavoro privato è periodicamente soggetto.
I dirigenti e gli impiegati pubblici dovrebbero essere il riferimento etico/civile privilegiato, l’esempio da seguire. Non è uno scenario impossibile o precluso al nostro popolo: basta guardare ai Carabinieri (o alla gran maggioranza delle Forze dell’Ordine). Invece, siamo ai primi posti nella classifica OCSE della corruzione pubblica ( vedi qui) e la sequela degli scandali che vede protagoniste Amministrazioni pubbliche sembra essere un fiume in piena.
C’è un problema di “rilassamento etico” – ottimamente descritto da Michele Serra ne La Repubblica di ieri riportato qui sotto- che riguarda tutti, non solo i pubblici dipendenti. Ma c’è anche la necessità stringente di una maggiore severità e rigore nella gestione delle Pubbliche amministrazioni (centrali e territoriali, statali e delle autonomie): va attuato un vero sistema di valutazione di Amministrazioni, dirigenti e personale (non la burla in vigore da più di venti anni – vedi qui), vanno ripristinati i controlli successivi esterni sugli atti che in una parte preponderante delle amministrazioni pubbliche sono stati letteralmente smantellati (vedi qui), va introdotta e protetta – al posto delle tante inutili “carte” di piani anticorruzione e per la trasparenza – la figura del Whistleblower (funzionante in USA e in Gran Bretagna – vedi qui) e vanno pubblicati sui siti internet di ciascuna delle 10.000 amministrazioni pubbliche gli atti di assegnazione degli appalti – tutti gli atti finali ( vedi qui)– perché questo consente di innescare un sistema di controllo sociale che sarebbe un potentissimo disincentivo per gli innumerevoli furbetti che oggi agiscono nell’ombra e al riparo di un sistema inesistente di controlli. Basterebbe poco, ma non si fa.
Intervista Cantone – Società pubbliche e Titolo V della Costituzione.
Nell’intervista concessa da Raffaele Cantone – Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione – al direttore de La Repubblica Ezio Mauro la polemica sul limite di utilizzo del contante spostato a 3000 euro ha affievolito l’attenzione su due altre affermazioni a nostro avviso di gravità molto maggiore. Con riguardo alle “società pubbliche” (cosiddette partecipate), Cantone ha affermato che esse sono “il vero disastro per la corruzione in Italia….sono state create come escamotage per trasferire gli affari a questi meccanismi”. Ma l’affermazione più pesante e incisiva di tutte è passata nel disinteresse completo dei più: Cantone ha affermato che “il post-tangentopoli ha prodotto norme che hanno finito per facilitare la corruzione. La più criminogena è la riforma del titolo V della Costituzione che ha spostato la capacità di spesa in zone sottratte al controllo: le rimborsopoli delle Regioni sono frutto di tutto questo”. Raffaele Cantone è uomo attento, preparato e avveduto e ciò trasforma in veri e propri macigni le sue affermazioni: Vedi qui da La Repubblica.it del 19 ottobre il testo integrale dell’intervista.
Registriamo che le affermazioni del Presidente dell’anti-corruzione corrispondono – diremmo al 100% – a quanto noi sosteniamo da sempre come Associazione da questo sito in ordine alle società partecipate (vera e propria “para-amministrazione” pubblica, in parte cospicua sottratte a qualunque controllo pubblico) e al vero e proprio smantellamento dei controlli esterni operato dall’abrogazione degli articoli 125 e 130 della Carta costituzionale vera, cioè quella scritta dai Padri costituenti nel 1946.
Chi voglia approfondire queste tematiche potrà cliccare su:
Lo scandalo delle società partecipate.
Roma mafia – Tre questioni di natura amministrativa.
Il sistema dei controlli di regolarità amministrativo contabile di Regioni e Comuni.
Reati contro la Pubblica amministrazione – Relazione Eures: aumento esponenziale della corruzione a Roma.
L’ EU.R.E.S, centro di ricerche economiche e sociali, ha pubblicato oggi un rapporto sui “Profili e dinamiche della corruzione a Roma e nel Lazio“– clicca qui per leggere il rapporto.
Risultano commessi nello scorso anno 2014 3.828 i reati contro la PA: Denunciate/arrestate, n 9.691 persone. I reati censiti nello stesso anno 2014 sono così distribuiti territorialmente:
Nord: 25,7 % del totale nazionale,
Centro: 18,5 % del totale nazionale,
Sud: 55,9 % del totale nazionale.
Nella sola Provincia di Roma, i reati contro la Pubblica Amministrazione sono aumentati dall’anno 2009 al 2014 dell’84%, mentre risulta costante nel periodo la frequenza rilevata nelle alte province. Sempre nella provincia di Roma, é il reato di corruzione “in senso stretto” a registrare, sempre a Roma e provincia, il picco più alto di incremento: un aumento del 422% dal 2009 (a fronte di un aumento medio del 113% in Italia). Seguono in graduatoria i reati di “abuso d’ufficio“, “peculato” e “omissione o rifiuto di atti d’ufficio“.
Vedi anche il commento dell’ ANSA 16 ottobre 2016 – dal 2009 corruzione quadruplicata a Roma.
Di nostro aggiungiamo, da romani quali siamo, che il fenomeno corruzione non può essere più ascritto ai soli “politici”, ma che si registra una preoccupante faglia di pervasività di comportamenti immorali nel cuore della società civile …….allora diciamo pure: per essere Capitale d’Italia non basta essere pronipoti di Romolo e Remo: bisogna meritarselo.
Investimenti pubblici nei Paesi OCSE e in Italia.
Il recentissimo “Government at a glance 2015” – vedi qui – recante i dati sulle attività pubbliche dei Paesi aderenti, contiene fra le moltissime informazioni anche i dati relativi agli investimenti pubblici (pagine 135 e segg). Evidenziamo qui le tabelle relative alle percentuali degli investimenti pubblici sul Pil nazionale e le percentuali di investimenti pubblici sul totale della spesa pubblica nell’anno 2013. La percentuale media OCSE di ciascuno dei due indicatori é il 13% del PIL per il primo, e il 29% del tonale della spesa pubblica per il secondo. In tutti e due gli indicatori i sistemi pubblici che più investono sono quelli dell’Olanda, della Corea del Sud, della Finlandia della Svezia e del Giappone.
E l’Italia? Il nostro Paese si colloca al settultimo posto per la percentuale sul PIL – 10,7% e al terzultimo posto, davanti a Portogallo e Grecia, per la percentuale – 20,9% – sul totale della spesa pubblica. Sono dati che colpiscono in tutta la loro evidenza. Se poi avviciniamo questi dati alle posizioni dell’Italia nella classifica della corruzione – vedi qui l’allegato-Italia-2014 della relazione della Commissione europea sulla lotta alla corruzione – diventa egualmente intuitivo valutare la qualità della scarsa spesa destinata agli investimenti pubblici.
Un’ultima annotazione che va data senza ulteriori commenti: la stessa tabella OCSE sugli investimenti pubblici – vedila qui sotto – indica l’Italia come uno dei Paesi in cui è maggiore la quota di investimenti gestiti a livello locale. Questo il dato.
Investimenti pubblci da governement at a glance 2015
La Governance negli Enti locali, un problema irrisolto.
“Amministrazioni parallele”: questo il modo di raffigurare la pubblica amministrazione italiana utilizzato dallo storico Guido Melis nel suo indimenticato saggio del 1988 (vedi qui “Due modelli di Amministrazione fra liberalismo e fascismo“): era la fotografia di un Paese che non riusciva, dall’Unità d’Italia in avanti, a configurare un modello omogeneo di governance degli uffici pubblici condiviso da tutti – politica, operatori dell’Amministrazione pubblica e cittadini. Continua a leggere
I destini del FORMEZ e la pubblica Amministrazione del Meridione.
Nel momento in cui il dibattito sulla condizione dell’Italia meridionale ritorna all’attenzione dei più – vedi qui Rapporto SVIMEZ 2015 sul Mezzogiorno d’Italia , continua a sfuggire all’attenzione della politica la circostanza fondamentale secondo cui l’efficienza della Pubblica Amministrazione è condizione primaria perché possa essere avviata una qualunque politica pubblica nazionale per la risoluzione dei mille problemi sociali ed economici che la metà del nostro Paese ancora incontra sul suo commino. In questa ottica, lo smantellamento in corso di FormezPA previsto dall’articolo 20 del DL n 90/2014 in Legge n 114/2014 – vedi – costituisce la peggiore risposta che si possa dare. Formez PA è – in termini di conoscenze, relazioni e processi di sviluppo – un punto di riferimento consolidato per centinaia di amministrazioni pubbliche.
Invitiamo pertanto tutti a firmare la petizione che chiede lo “STOP ALLA CHIUSURA DELLA SEDE DI NAPOLI DI FORMEZPA“
clicca qui per conoscere i termini della questione e per FIRMARE LA PETIZIONE.
L’Italia dell’Alitalia – il riepilogo di una storiaccia e una possibile morale.
La recente condanna penale di Franceso Mengozzi, ad di Alitalia dal 2001 al 2004 e di Giancarlo CIMOLI, Presidente e ad dal 2004 al 2008 – vedi qui – rispettivamente a 5 e 8 anni di reclusione e al risarcimento alle parti civili di 355 milioni di euro derivanti dal reato di bancarotta induce a qualche riflessione su una parte di storia industriale del nostro Paese.
Va ricordata, innanzi tutto, la natura giuridica “bifronte” che ha avuto Alitalia, la sua dirigenza e il suo personale fino al 2008, quando è fallita: azienda formalmente privata, ma pienamente in mano pubblica (azionista unico il MEF), una “partecipata” si dice oggi. Questa modalità di governance – che ebbe momenti di vera “gloria” nell’IRI di Alberto Beneduce e nei tre decenni successivi alla seconda guerra mondiale – entrò in crisi profonda negli anni ’80, quando i vecchi “enti pubblici economici” che la componevano divennero terreno di caccia di vere e proprie scorribande politiche, nonché collettori di tangenti e di malaffare. Le privatizzazioni degli anni ’90 e la modifica della loro natura giudica in “aziende private” di proprietà dello Stato non mutò in molti casi la sostanza di queste storture: rimase nel management, nei sindacati, nel personale e, naturalmente, nei politici l’idea di fondo che le risorse dello Stato avrebbero comunque garantito la sopravvivenza dell’azienda, delle sue storture organizzative e dei suoi privilegi (vedi in questo senso l’illuminante ricostruzione di Alberto Statera su “La Repubblica” del 30 sett 2015 e un’altra completa ricostruzione dell’epoca sulla cattiva gestione pubblica – vedi qui). Con la proterva sicurezza di tutti i players all’epoca in campo che “oggi va bene così” e al domani ci avrebbe comunque pensato qualcun altro. Il risultato, a tutto il 2008 – anno del fallimento – fu un costo per l’erario di 13 miliardi di euro – fra capitalizzazioni e debiti ripianati – dall’anno 1989 in cui fu quotata in borsa fino al 2007, un deficit da ripianare a tutto il 2008 di 3 miliardi di Euro (sui quali la Procura ella Corte dei Conti – non a caso giudice patrimoniale e contabile delle società private finanziate dallo Stato – ha instaurato nel 2013 causa per danno erariale – vedi qui), 7000 esuberi su 20.000 dipendenti dell’epoca, tradottisi in spesa aggiuntiva per ammortizzatori sociali per circa 1,2 miliardi di euro (vedi articolo di Tito Boeri su La Repubblica.it del 2 gen 2009).
I fatti successivi sono noti: 1) nel 2008, rottura del patto con Air France KLM – già approvato dal cda – col quale quest’ultima si accollava tutti i debiti dell’azienda e prevedeva solo 1.300 esuberi attraverso un piano che non rinunciava alle rotte intercontinentali, come poi avvenuto, ma puntava a un’integrazione delle tre “case madri” su un programma di presenza globale su tutte le rotte internazionali; 2) difesa “dell’italianità” di Alitalia attraverso la costituzione di un’azienda privata – La CAI Alitalia – affidata a imprenditori privati “patrioti” guidati da Roberto Colannino,Giancarlo Elia Valori, Salvatore Ligresti, Francesco Bellavista Caltagirone, Emilio Riva, con acquisizione di tutte le risorse della vecchia Alitalia, che fu lasciata fallire (vedi su queste vicende gli articoli de La voce.info) ; 3) misero fallimento della vicenda CAI – vedi riepilogo nell’articolo di Oscar Giannino del 14 apr 2014 – conclusosi con la cessione nel 2014 del 49% della proprietà alla Ethiad, compagnia degli emirati arabi con sede ad Abu Dabhi. Con buona pace dell”italianità” sbandierata 5 anni prima.
Recitano in questo dramma trentennale troppe figure di dirigenti pubblico/privati di primo piano perché ciò non faccia sorgere seri dubbi sulla qualità complessiva di un’intera generazione di top manager ( come non ricordare i casi Parmalat, Cirio e la stessa FIAT, sull’orlo del fallimento prima dell’arrivo dall’italo-canadese Marchionne). Ne escono malissimo anche i sindacati, persi nella difesa dell’esistente, senza “se” e senza “ma”. Domina su tutto una politica miope, che punta su personaggi impresentabili (Giancarlo Cimoli, quando fu nominato a.d. Alitalia, era reduce da una pessima gestione delle Ferrovie dello Stato). Tuttavia, l’aspetto più significativo di questa, come di altre vicende consimili, ci pare il continuo colludere fra politici e manager di fiducia, con un incrocio di patti nascosti e di favori che tutto hanno garantito, fuorché la tutela dell’interesse generale del Paese. Ci pare necessario evidenziare questo aspetto in un frangente nel quale il “modello ideale” del manager pubblico viene proposto da troppi critici come fedele riproduzione del manager privato (vedi qui di Carlo Mochi Sismondi “Una dirigenza a rischio?”), legato al suo “capo” solo da legami fiduciari e portatore di sole “capacità manageriali“. Invece, proprio la storia di tanti manager “bifronte” pubblici/privati ci dovrebbe insegnare che un legame politica/dirigente basato sul solo rapporto fiduciario si traduce quasi sempre nelle aziende pubbliche (oppure private ma di proprietà pubblica) nell’affievolimento dei meccanismi di garanzia della tutela dell’interesse generale della collettività.
La riproposizione – su cui sempre insistiamo – del modello di una dirigenza di carriera come schema ineludibile di salvaguardia e garanzia degli interessi della collettività, tuttavia, non esime – ci pare- la dirigenza pubblica italiana da alcune severe autocritiche: esce vergine la dirigenza pubblica di carriera dalle tante brutte storie di quest’Italia della seconda Repubblica? Sicuramente no: anche a prescindere da singoli fatti eclatanti di malaPA emersi negli anni, il dato forte che emerge è che la dirigenza pubblica è stata in questi vent’anni assente e silente nel suo complesso rispetto agli eventi che si susseguivano, in ciò rinunciando a quel dovere di testimonianza, di critica e di propositività che attiene a un ceto dirigente che voglia qualificarsi come tale. La dirigenza pubblica non ha fatto sentire la sua voce, come uno dei ceti dirigenti del Paese. Forse i singoli si sono adagiati anch’essi sulla mera salvaguardia del personale e dell’esistente, senza ritenere necessaria e imprescindibile l’espressione comune di un pensiero su ciò che è giusto per il Paese e per la sua Pubblica Amministrazione. Forse in parecchi sono stati troppo distratti dalle proprie vicende personali e dai problemi del “giorno per giorno” per essere poi in grado di far sentire la propria voce in modo unitario come ceto dirigente. Questo ci pare il vero errore. E, nei fatti storici come nella vita, gli errori alla lunga si pagano sempre e in modo spesso salato.
Giuseppe Beato
Massimo Cacciari – La formazione della élite burocratica.
Sul numero de “L’Espresso” della scorsa settimana é comparso un articolo di Massimo Cacciari, che riproduciamo qui sotto, nel quale si fa una preciso e continuato richiamo ai canoni de “Il Principe” di Machiavelli (chissà, magari per vellicare l’orgoglio dell’altro fiorentino oggi al potere) e per sostenere che un “capo nuovo”, che voglia effettivamente costruire una sua leadership, non può affidarsi solo ai suoi uomini fedeli. E’ necessario che egli, coraggiosamente, selezioni “burocrazie intelligenti, motivate e relativamente autonome rispetto ai tempi e alle scadenze dell’azione politica“. “E’ l’equilibrio fra élite politica ed élite burocratica a decidere la qualità dello Stato”.
Il pensiero di Cacciari può essere facilmente accostato a quello di Giuseppe De Rita – vedi qui.
Massimo Cacciari- Se un leader ha paura di quelli bravi
L’agenda digitale del Governo Renzi
Il Governo Renzi si sta dimostrando particolarmente attivo nel campo dell’informatica digitale. Ne sono prova, non solo le previsioni presenti all’articolo 1 della legge delega del pubblico impiego (che tuttavia appartengono sempre alla categoria della “legge come annuncio” della “legge- buone intenzioni” di cui notoriamente è lastricata la via dell’inferno) Continua a leggere
Evviva! Roma capitale é prima in qualcosa. Spesa per i rifiuti.
Secondo un’indagine effettuata dall’Associazione Openpolis – vedi qui l’articolo completo – fra le 15 città più grandi d’Italia, Roma ha la spesa pro capite per i rifiuti (€ 303 a cittadino) più alta d’Italia, pari a quasi il doppio della media delle 15 città monitorate (€ 164 a cittadino). L’articolo precisa anche, a scanso di equivoci, che i dati di Openbilanci riguardano solamente i bilanci dei Comuni, non includendo quindi eventuali budget di partecipate a cui l’amministrazione affida la gestione dei rifiuti. Sarebbe interessante sapere a questo punto se nella spesa pro capite da loro calcolata per la città di Roma siano incluse o meno le bollette pagate dai cittadini romani direttamente all’AMA…….
In ogni caso per cittadini della Capitale un altro motivo d’orgoglio e di soddisfazione……
Corte costituzionale – Sentenza n. 178 del 2015 sull’illegittimità del blocco dei contratti dei dipendenti pubblici.
E’ stato finalmente pubblicato il testo della Sentenza con la quale la Corte costituzionale ha giudicato come illegittimo il blocco dei contratti dei dipendenti pubblici.
Vedi qui anche i commenti sugli impatti sui conti della finanza pubblica della Sentenza in questione.