Un nuovo modello di Pubblica Amministrazione – Dario Ciccarelli.

Ciccarelli

Da circa tre decenni il bel mondo dei saggi della pubblica amministrazione si affastella su mille e una idee di riforma della pubblica amministrazione italiana: vengono in evidenza soprattutto proposte di meccanismi, principi di funzionamento, ipotesi di assetto, ripartizioni di competenze……Dario Ciccarelli, in questo suo intervento, vola più alto e sostanzialmente si interroga su una questione di fondo: qual’è l’identità profonda dell’Amministrazione pubblica italiana? Continua a leggere

Riforma costituzionale: la guerra dei due mondi.

Vignetta

Riportiamo il fondo di ieri 5 ottobre del Direttore de Il Foglio, Claudio Cerasa, che descrive – ci sembra molto bene – il fatto che la sfida referendaria del prossimo 4 dicembre coinvolge tematiche molto più profonde del “merito del quesito” e dei temi contenuti nella riforma approvata dal Parlamento Continua a leggere

Guido Melis e Alessandro Natalini – Ricerca documentale audiovisiva sui Capi di Gabinetto


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Il prof. Guido Melis e il dr. Alessandro Natalini stanno predisponendo un data base generale di tutti i Capi di Gabinetto della Repubblica dall’Unità d’Italia al Governo Renzi  (vedi qui la presentazione del lavoro il 15 ottobre 2014 alla presenza del prof. Sabino Cassese clicca qui). Continua a leggere

Materiali di studio: origini dell’organizzazione del movimento sindacale nel pubblico impiego.

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Riprendiamo un’antica recensione, apparsa sul numero II – 1981 – della “Rivista trimestrale di diritto pubblico” su un testo di Guido Melis: “Burocrazia e socialismo nell’Italia centrale. Alle origini dell’organizzazione sindacale del pubblico impiego”. In evidenza l’approccio, all’epoca assolutamente anticonformista, di lettura dei fatti storici della PA, non con la lente del giurista, ma con l’attenzione rivolta al contesto storico-sociale dei fatti analizzati.

 Origini del sindacalismo nel pubblico impiego

Referendum confermativo: opinioni dei costituzionalisti a confronto.

Padri costituenti

La riforma più incisiva del testo della Carta costituzionale dei nostri Padri costituenti è ora alla prova del referendum confermativo del prossimo ottobre. Si è immediatamente aperto un dibattito che vede coinvolti illustri costituzionalisti, schierati su diverse posizioni. Alla discussione, tuttavia, vanno premessi i criteri di metodo e di civiltà esposti dal prof. Guido MELIS: 1. Non insultiamoci; 2. Partiamo dal presupposto che la materia è discutibile senza che chi la pensa diversamente sia un prezzolato; 3. Stiamo alla riforma senza tirare in ballo altre cose che le sono estranee; 4. Lasciamo da parte i morti, che hanno diritto di tacere: 5. Evitiamo i toni apocalittici: non siano alla fine della democrazia. Si può ?

I criteri sopra esposti sono anche i nostri. Ciò premesso diamo conto nel seguito delle antitetiche valutazioni rese pubbliche da due gruppi di autorevolissimi costituzionalisti: una per il SI’ e una per il NO:

Costituzionalisti per il SI’

Costituzionalisti per il NO.

Vedi il testo delle modifiche costituzionali – clicca qui.

Gli eroi della giustizia e del bene comune.

Giuliano

Quante e quali nazioni occidentali possono vantare il primato (che preferiremmo non avere) di tanti Servitori dello Stato i quali, per un ideale di giustizia e di bene comune, hanno messo in conto  la possibilità di essere ammazzati per il lavoro che facevano? Oltre a Boris Giuliano – della vita del quale va in onda in questi giorni una fiction televisiva – Scaglione, Terranova, Livatino, Russo, Mattarella, Chinnici, Dalla Chiesa, Cassarà, Falcone, Borsellino, le donne e gli uomini delle scorte e tanti altri. Insieme al dolore per la loro perdita, va conservato anche l’orgoglio per il nostro Paese, che ha dato i natali a una messe così preziosa di persone delle Pubblica Amministrazione. Riportiamo di seguito il link a un’intervista sulla figura del commissario Giuliano concessa da suo figlio Alessandro, oggi Questore di Lucca.

Mio padre Boris Giuliano

Dove nasce la corruzione.

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Uno dei falsi miti prodotti dal ciclone di “Mani pulite” – 20 anni fa – fu quello della credenza di una società civile “buona” e della politica “cattiva”, mito questo che risolse tanti conflitti di coscienza nell’animo dei più.  La recente intervista al presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Piercamillo Davigo  (vedi qui),  pur largamente condivisibile nei suoi contenuti, ha in qualche modo rinnovato l’idea di una “politica cattiva” in sé e a prescindere. Così non è e non è mai stato. C’è ora chi, con grande coraggio, prende posizione per un’idea molto meno consolatoria sulle origini della corruzione imperante nel nostro Paese: essa nasce dalla società civile, da noi o, perlomeno, da quelli di noi o da quella parte di noi stessi che preferisce contravvenire ad alcune regole base del vivere civile. Giusto riportare  il punto di vista in questione di Ernesto Galli della Loggia nel fondo pubblicato sul Corriere della Sera dello scorso 26 aprile 2016 – clicca qui. Continua a leggere

La rimozione della dr.ssa Sabbadini dell’ISTAT e lo spoils system all’italiana.

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Lasciamo al suo eccellente curriculum, alle perplessità manifestate alla stampa dalla Vice Presidente del Senato Valeria Fedeli (vedi)  e agli articoli di giornali di più grande diffusione le valutazioni unanimi – alle quali ci associamo – sul valore professionale della dr.ssa Linda Laura Sabbadini, già Capo Dipartimento all’Istat, rimossa dal suo incarico in virtù di un deliberato del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto (vedi fra i tanti Corriere della Sera, Secolo XIX e Huffington post). Continua a leggere

Superiore il numero delle Donne magistrate.

DONNE magistrato

Nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario tenuta a gennaio 2016 dal Procuratore generale della Cassazione, Pasquale Ciccolo,  era contenuta una notizia storica passata generalmente sotto silenzio, con l’eccezione dei resoconti de “La Stampa” di Torino (vedi qui): nell’anno 2015 il numero delle donne magistrato ha sopravanzato quello degli uomini, 50,7% contro 49,3%. La stesso giornale ha subito dopo ospitato una lettera al Direttore del Ministro di Giustizia andrea Orlando che, superando i termini meramente statistici dell’evento, ha inquadrato dal punto di vista storico e sociale l’evoluzione del ruolo della donna in Magistratura dal 1963 – anno in cui le prime otto donne diventarono a magistrato – ad oggi.

 Caro Direttore – Andrea Orlando

Un poliziotto democratico testimone di un’epoca.

Di Francesco

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Episodi degli ultimi tempi – quali la poliziotta che stringe la mano a un lavoratore dell’ILVA o il carabiniere che non reagisce alle provocazioni di un manifestante – raccontano di un cambio di mentalità e di approccio delle nostre forze dell’ordine che discende dallo spirito della nostra Costituzione repubblicana, ma non solo: c’è un processo di democratizzazione e di presa di coscienza democratica che ha attraversato due generazioni di servitori dello Stato e che ha avuto tanti protagonisti. Uno di questi è l’ex Commissario Ennio Di Francesco, noto alle cronache degli anni ’70 per aver posto in stato di fermo Marco Pannella impegnato in un atto di disobbedienza civile e di aver immediatamente dopo espresso solidarietà allo stesso Pannella: per questo subì un trasferimento punitivo (vedi qui il racconto di quell’episodio). Da tanti piccoli e grandi atti di coraggio e di intelligenza come quello è sorta una coscienza civile matura delle nostre Forze dell’Ordine. Vale la pena di ascoltare l’intervista che Ennio Di Francesco ha dato lo scorso gennaio 2016 a Radio radicale, per rievocare e raccontare quegli anni e quel movimento di idee che portò al nuovo Ordinamento della Pubblica Sicurezza, promulgato con la legge  n. 121 dell’aprile 1981 (vedi): nell’intervista, oltre che una serie di osservazioni sulla situazione attuale dei servitori dello Stato in divisa, traspare una grande e bella passione civile che conta più di tutto il resto.

Intervista di Walter Vecellio a Ennio di Francesco – 3 gennaio 2016.

La Governance negli Enti locali, un problema irrisolto.

ITALIA

“Amministrazioni parallele”:  questo il modo di raffigurare la pubblica amministrazione italiana utilizzato dallo storico Guido Melis nel suo indimenticato saggio del 1988 (vedi qui “Due modelli di Amministrazione fra liberalismo e fascismo): era la fotografia di un Paese che non riusciva, dall’Unità d’Italia in avanti, a configurare un modello omogeneo di governance degli uffici pubblici  condiviso da tutti – politica, operatori dell’Amministrazione pubblica e cittadini. Continua a leggere

Melis – Il rapporto fra dirigenza pubblica e politica.

Il presente ha un cuore antico. Capire lo stato dei rapporti fra politica e dirigenza nel nostro Paese significa anche ripercorrere le varie fasi delle sue negative vicissitudini. Ciò che emerge dalla narrazione di 150 di storia dall’Unità d’Italia è sintetizzato dall’abstract dello scritto di Guido Melis, pubblicato sulla Rivista “Scienza e politica” – n. 50 del 2014:

” In Italia una specifica legislazione sulla dirigenza amministrativa è stata tardiva e la sua retorica si è rivelata in contraddizione con la traduzione pratica. Il rapporto della dirigenza con la politica è stato caratterizzato o da un’eccessiva distanza o da una patologica prossimità oppure da indifferenza rispetto ai fini delle politiche che avrebbe dovuto in-terpretare. La dirigenza amministrativa si è così auto-esclusa dalle élite nazionali e non c’è stata mai una sua reale mobilitazione negli ambiti decisionali del Paese.”

 Melis 2014 – La dirigenza pubblica in Italia: anello (mancante) di congiunzione fra politica e amministrazione

L’Italia dell’Alitalia – il riepilogo di una storiaccia e una possibile morale.

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La recente condanna penale di Franceso Mengozzi, ad di Alitalia dal 2001 al 2004 e di Giancarlo CIMOLI, Presidente e ad dal 2004 al 2008 – vedi qui – rispettivamente a 5 e 8 anni di reclusione e al risarcimento alle parti civili di 355 milioni di euro derivanti dal reato di bancarotta induce a qualche riflessione su una parte di storia industriale del nostro Paese.

Va ricordata, innanzi tutto, la natura giuridica “bifronte” che ha avuto Alitalia, la sua dirigenza e il suo personale fino al 2008, quando è fallita: azienda formalmente privata, ma  pienamente in mano pubblica (azionista unico il MEF), una “partecipata” si dice oggi. Questa modalità di governance – che ebbe momenti di vera “gloria” nell’IRI di Alberto Beneduce e nei tre decenni successivi alla seconda guerra mondiale – entrò in crisi profonda negli anni ’80, quando i vecchi “enti pubblici economici” che la componevano divennero terreno di caccia di vere e proprie scorribande politiche, nonché collettori di tangenti e di malaffare. Le privatizzazioni degli anni ’90 e la modifica della loro natura giudica in “aziende private” di proprietà dello Stato non mutò in molti casi la sostanza di queste storture: rimase nel management, nei sindacati, nel personale e, naturalmente, nei politici l’idea di fondo che le risorse dello Stato avrebbero comunque garantito la sopravvivenza dell’azienda, delle sue storture organizzative e dei suoi privilegi (vedi in questo senso l’illuminante ricostruzione di Alberto Statera su “La Repubblica” del 30 sett 2015 e un’altra completa ricostruzione dell’epoca sulla cattiva gestione pubblica – vedi qui). Con la proterva sicurezza di tutti i players all’epoca in campo che “oggi va bene così” e al domani ci avrebbe comunque pensato qualcun altro. Il risultato, a tutto il 2008 – anno del fallimento  – fu un costo per l’erario di 13 miliardi di euro – fra capitalizzazioni e debiti ripianati – dall’anno 1989 in cui fu quotata in borsa fino al 2007, un deficit da ripianare a tutto il 2008 di 3 miliardi di Euro (sui quali la Procura ella Corte dei Conti – non a caso giudice patrimoniale e contabile delle società private finanziate dallo Stato – ha instaurato nel 2013 causa per danno erariale – vedi qui), 7000 esuberi su 20.000 dipendenti dell’epoca, tradottisi in spesa aggiuntiva per ammortizzatori sociali per circa 1,2 miliardi di euro (vedi articolo di Tito Boeri su La Repubblica.it del 2 gen 2009).

I fatti successivi sono noti: 1) nel 2008, rottura del patto con Air France KLM – già approvato dal cda – col quale quest’ultima si accollava tutti i debiti dell’azienda e prevedeva solo 1.300 esuberi attraverso un piano che non rinunciava alle rotte intercontinentali, come poi avvenuto, ma puntava a un’integrazione delle tre “case madri” su un programma di presenza globale su tutte le rotte internazionali;  2) difesa “dell’italianità” di Alitalia attraverso la costituzione di un’azienda privata – La CAI Alitalia – affidata a imprenditori privati “patrioti” guidati da Roberto Colannino,Giancarlo Elia Valori, Salvatore Ligresti, Francesco Bellavista Caltagirone, Emilio Riva, con acquisizione di tutte le risorse della vecchia Alitalia, che fu lasciata fallire (vedi su queste vicende gli articoli de La voce.info) ; 3) misero fallimento della vicenda CAI – vedi riepilogo nell’articolo di Oscar Giannino del 14 apr 2014 –  conclusosi con la cessione nel 2014 del 49% della proprietà alla Ethiad, compagnia degli emirati arabi con sede ad Abu Dabhi. Con buona pace dell”italianità” sbandierata 5 anni prima.

Recitano in questo dramma trentennale troppe figure di dirigenti pubblico/privati di primo piano perché ciò non faccia sorgere seri dubbi sulla qualità complessiva di un’intera generazione di top manager ( come non ricordare i casi Parmalat, Cirio e la stessa FIAT, sull’orlo del fallimento prima dell’arrivo dall’italo-canadese Marchionne). Ne escono malissimo anche i sindacati, persi nella difesa dell’esistente, senza “se” e senza “ma”. Domina su tutto una politica miope, che punta su personaggi impresentabili (Giancarlo Cimoli, quando fu nominato  a.d. Alitalia, era reduce da una pessima gestione delle Ferrovie dello Stato). Tuttavia, l’aspetto più significativo di questa, come di altre vicende consimili, ci pare il continuo colludere fra politici e manager di fiducia, con un incrocio di patti nascosti e di favori che tutto hanno garantito, fuorché la tutela dell’interesse generale del Paese. Ci pare necessario evidenziare questo aspetto in un frangente nel quale il “modello ideale” del manager pubblico  viene proposto  da troppi critici come fedele riproduzione del manager privato (vedi qui di Carlo Mochi Sismondi “Una dirigenza a rischio?”), legato al suo “capo” solo da legami fiduciari e portatore di sole “capacità manageriali“. Invece, proprio la storia di tanti manager “bifronte” pubblici/privati ci dovrebbe insegnare che un legame  politica/dirigente basato sul solo rapporto fiduciario si traduce quasi sempre nelle aziende pubbliche (oppure private ma di proprietà pubblica) nell’affievolimento dei meccanismi di garanzia della tutela dell’interesse generale della collettività.

La riproposizione – su cui sempre insistiamo – del modello di una dirigenza di carriera come schema ineludibile di salvaguardia e garanzia degli interessi della collettività, tuttavia, non esime – ci pare-  la dirigenza pubblica italiana da alcune severe autocritiche: esce vergine la dirigenza pubblica di carriera dalle tante brutte storie di quest’Italia della seconda Repubblica? Sicuramente no: anche a prescindere da singoli fatti eclatanti di malaPA emersi negli anni, il dato forte che emerge è che la dirigenza pubblica è stata in questi vent’anni assente e silente nel suo complesso rispetto agli eventi che si susseguivano, in ciò rinunciando a quel dovere di testimonianza, di critica e di propositività che attiene a un ceto dirigente che voglia qualificarsi come tale. La dirigenza pubblica non ha fatto sentire la sua voce, come uno dei ceti dirigenti del Paese. Forse i singoli si sono adagiati anch’essi sulla mera salvaguardia del personale e dell’esistente, senza ritenere necessaria e imprescindibile l’espressione comune di un pensiero su ciò che è giusto per il Paese e per la sua Pubblica Amministrazione. Forse in parecchi sono stati troppo distratti dalle proprie vicende personali e dai problemi del “giorno per giorno” per essere poi in grado di far sentire la propria voce in modo unitario come ceto dirigente. Questo ci pare il vero errore. E, nei fatti storici come nella vita,  gli errori alla lunga si pagano sempre e in modo spesso salato.

Giuseppe Beato

Guido Melis e “La burocrazia”: Nuova Etica Pubblica incontra l’autore.

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Un convegno e le riflessioni che ne scaturiscono non possono  certo mutare da soli le sorti della pubblica amministrazione italiana. Tuttavia, quando gli ospiti sono acuti pensatori, è garantito un risultato di crescita delle buone idee e un chiarimento comune per chi ragiona sui nodi di un problema irrisolto: potrebbe essere questa la sintesi dell’incontro organizzato dalla nostra Associazione “Nuova Etica Pubblica” con Guido Melis, uno dei massimi storici della pubblica amministrazione del nostro Paese, nella  splendida sala parrocchiale di S. Maria degli Angeli a Roma lo scorso 16 settembre 2015.

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Vedi qui gli interventi al convegno.

 INTERVENTI AL CONVEGNO PER LA PRESENTAZIONE DEL TESTO DI GUIDO MELIS

Guido Melis – Presentazione del libro “la Burocrazia”

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Presentazione del volume “La burocrazia” di Guido Melis il 16 settembre 2015

VEDI QUI IL RESOCONTO DEGLI INTERVENTI

 L’autore, professore di Storia dell’amministrazione pubblica nell’Università di Roma «La Sapienza», ricostruisce l’evoluzione della burocrazia italiana e dei suoi uomini dai tempi di Cavour ai giorni nostri. L’ultima parte presenta e discute le riforme amministrative dell’ultimo quindicennio.

 Presentano:

– Il presidente dell’Associazione, dr. Antonio Zucaro,

– il presidente dell’OIV del MEF, dr. Paolo De Ioanna.

Sarà presente l’autore.

La foresta incantata – Rapporto Cassese del 1993 sulle condizioni delle pubbliche amministrazioni

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Crediamo di rendere un servizio di utilità pubblica, ripubblicando – a 22 anni dalla sua emanazione – un documento storico prima assente dal web: il “Rapporto sulle condizioni delle pubbliche amministrazioni” predisposto dal Dipartimento per la Funzione pubblica, sotto l’impulso e il coordinamento politico del Ministro dell’Epoca, prof. Sabino Cassese, nel Governo Ciampi ( 28 aprile 1993 – 10 maggio 1994), a ridosso recente di Tangentopoli e del crollo dei partiti della prima Repubblica. Continua a leggere

Presentazione a Rai 3 del libro di Melis: fare lo Stato per fare gli italiani.

9788815252876

Rai Parlamento 2 maggio 2015 – Presentazione di “Fare lo Stato per fare gli italiani”

Vedi anche la recensione del Sole 24 ore del 18 gennaio 2015 – clicca qui

Riforma del Titolo V della Costituzione – Stato dei lavori.

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Pubblichiamo il testo elaborato dal Servizio studi della Camera dei deputati in data 26 febbraio 2015, recante lo stato dei lavori parlamentari sul ddl costituzionale n. 2613/2014 di riforma del Titolo V della Carta costituzionale.

 Febbraio 2015 – riforma costituzionale.