Come fu la dirigenza pubblica fino agli anni ’90

Nel corso di un convegno tenutosi alla Camera dei deputati lo scorso 26 novembre 2024 sul ruolo delle riviste nell’Italia degli anni ’50, il prof. Guido Melis ha tenuto una relazione sulla rivista “Burocrazia” fondata nel 1946 e diretta dal dr. Garadia Moccia. La rievocazione degli scritti lì contenuti e della stessa figura di questo dirigente (ma allora non si chiamavano così) dello Stato – formatosi durante il governo fascista, epurato, eppoi reintegrato nei ranghi – fa una certa tenerezza. 

Si avvertono atmosfere lontane e una burocrazia pubblica tutta polarizzata sugli uffici centrali, operante verso il mondo circostante come un’entità chiusa in un fortino: fortino rispetto alla politica, fortino rispetto ai ceti produttivi industriali, fortino rispetto al miracolo economico allora in pieno corso, fortino rispetto alla collettività pubblica. Nessuno degli interventi legislativi del periodo 1945/1993 – un cinquantennio – riuscì a scalfire un ruolo e uno status caratterizzato da “neutralità politica, continuità nel servizio, identificazione piena e senza riserve nella funzione, fedeltà e al tempo stesso strenua rivendicazione dei propri interessi materiali, fossero il posto fisso e inamovibile, lo scatto di stipendio, l’avanzamento per anzianità o i benefits assicurati dallo stato giuridico“.

Gli appartenenti alla  “carriera direttiva” – che comprendeva in sé dai funzionari freschi di concorso (“consiglieri”) fin su ai direttori generali – operavano ancora dentro un’organizzazione gerarchico-piramidale, così come creata dalla riforma Cavour del 1853; essi non godevano di prerogative proprie, ma eseguivano le direttive dei ministri i quali ultimi erano anche vertici gestionali con la titolarità della firma degli atti. A questo sostanziale servaggio essi rispondevano con una grinta fortemente corporativa, tutta tesa alla difesa della loro inamovibilità e alla ricerca di aumenti stipendiali. La burocrazia pubblica italiana era lontana anni luce dai modelli francese, inglese o statunitense.

Il d.P.R. n. 748 dell’anno 1972 eppoi definitivamente il d. lgs. n. 29 dell’anno 1993 spezzarono in qualche modo queste catene, caratterizzando in senso più moderno la dirigenza pubblica e assegnandole – solo in teoria, sia chiaro! – la titolarità esclusiva degli atti gestionali della pubblica amministrazione. Da lì inizia un’altra storia, non meno “accidentata” di quella precedente. In ogni caso, la precarietà del ruolo e dello status, poi sancita dalle disposizioni che resero gli incarichi dirigenziali “a tempo”, ha perlomeno costretto  le nuove generazioni di dirigenti a confrontarsi con le sfide che vengono dal mondo politico e da una comunità nazionale più avvertita e più giustamene esigente.

Qui sotto la relazione del prof. Melis su quei tempi lontani.

 Garadia Moccia Burocrazia

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