La ripresa dei tavoli di contrattazione sindacale nazionale dei dipendenti pubblici, dopo un blocco quasi decennale, interviene in una fase politica di completa stasi di interventi regolatori adeguati. L’ennesima “riforma” delle pubbliche amministrazioni condotta dai recenti governi si è tradotta in una serie di “rammendi” e/o emendamenti di leggi già esistenti, in un quadro di stanca ripetitività di un contesto di riferimento ultraventennale che mostra chiari segni di crisi.
La nostra posizione come Associazione “Nuova Etica Pubblica” sul tema del fallimento delle riforme poste in campo nel passato ventennio è stata più volte espressa: l’auspicato protagonismo delle Rappresentanze sindacali, fatto in sé salutare dal punto di vista della democrazia e della valorizzazione dei lavoratori pubblici, manifesta tuttavia chiari aspetti di sconfinamento. Nel territorio della cogestione, alcune materie, quali soprattutto quella della valutazione delle performance (con correlata differenziazione dei giudizi sui singoli) e quello della micro-organizzazione delle attività degli uffici, sono solo teoricamente rimesse alla responsabilità dirigenziale, ma di fatto sono soggette alle incursioni congiunte non solo dei sindacati, ma anche delle autorità politiche di vertice. Il ruolo, infatti, che svolge la politica all’interno delle pubbliche amministrazioni è anch’esso di frequente sconfinamento nel territorio gestionale, rimesso teoricamente alla esclusiva responsabilità dirigenziale, ma nei fatti soggetto ad un meccanismo di spoils system all’italiana che ha reso arbitrariamente eludibili i principi costituzionali dell’imparzialità delle scelte e della responsabilità verso la Nazione, che dovrebbero costituire il nocciolo della missione dei dirigenti pubblici.
Alcune materie di regolazione dei rapporti d’impiego andrebbero, infine, rimesse all’esclusiva responsabilità del Parlamento e delle conseguenti fonti regolamentari governative, per la natura intrinseca della fonte legislativa di tutela degli interessi generali del Paese, dei cittadini e del sistema economico, prima che dei lavoratori pubblici.
Pur con le premesse e le perplessità esposte, è da salutare con attenzione e fiducia la riapertura dei tavoli di contrattazione perché hanno il merito decisivo di interrompere una situazione di completo stallo regolativo di un regime della dirigenza e delle alte professionalità non all’altezza di uno Stato occidentale avanzato. L’azione dei sindacati e della loro vasta base di riferimento costituita da tutti i dirigenti pubblici, centrali e territoriali e dai professionisti crea un’occasione preziosa per sancire con clausole normative alcuni principi che salvaguardino i criteri della stabilità e della professionalità delle funzioni svolte.
La stabilità e la professionalità vanno affermate nel contesto di regole non fittizie di applicazione della valutazione delle performance dei singoli. La professionalità dei funzionari pubblici va curata e implementata con assiduità, attraverso erogazioni a cadenza annuale di formazione e di aggiornamento. La facoltà di riorganizzazione delle tecnostrutture – affidata dalla legge ai vertici politico-amministrativi delle varie amministrazioni – non deve essere gestita prevalentemente come pretesto per eludere i termini minimi di legge degli incarichi dirigenziali e sistemare a piacimento persone legate da un rapporto politico-fiduciario: in un simile contesto melmoso, alcuni strumenti di partecipazione sindacale di “confronto” vanno pretesi con forte determinazione.
Dulcis in fundo, la partita economica: all’interno di tavoli di contrattazione molto più ampi del passato e frutto dell’accorpamento di categorie professionali prima riviste in aree di contrattazione separate, pur salvaguardando le posizioni acquisite, si deve guardare lontano impostando subito meccanismi di valorizzazione dell’impegno, articolati a seconda del livello e dell’importanza prestabiliti delle varie posizioni professionali occupate.
Ma il punto politico più qualificante delle trattative in corso risiede a nostro avviso nell’avvenuta razionalizzazione della contrattazione nazionale in sole quattro aree, corrispondenti ai grandi ordini di funzioni della Repubblica: si offre l’opportunità di unire la compagine dei dirigenti e dei professionisti e, in prospettiva futura dei funzionari direttivi, in vincoli di alleanza e di sinergia che rendano forte e ascoltata la voce di coloro che hanno responsabilità effettive nel funzionamento delle amministrazioni pubbliche. Come Associazione siamo da sempre fautori di un regime complessivo delle amministrazioni pubbliche che, pur dentro le prerogative di direzione gestionale assegnate per legge alla dirigenza, comprenda in sé le professionalità indispensabili per un’amministrazione pubblica di qualità: medici, avvocati, ingegneri, architetti, statistici, attuari, economisti: solo la valorizzazione massima e la pari dignità di tutte le alte professionalità – compresi i funzionari – occupate nelle pubbliche amministrazioni consentirà quel recupero di qualità professionale fortemente scaduto negli ultimi decenni. Il fronte deve essere il più ampio possibile, consentire accordi e linee unitarie d’azione, rilanciare soprattutto nell’opinione pubblica l’idea cardine di una dirigenza come sistema di corpi professionali al servizio della Repubblica, indipendentemente e prima dalla collocazione nelle categorie e nei ranghi dei ministeri, degli enti pubblici, regionali o territoriali.
La dirigenza pubblica italiana, oggi priva di voce unica e unitaria, deve lavorare incessantemente in vista di tale obiettivo.
Roma, 20 maggio 2018
Antonio Zucaro, Presidente di “Nuova Etica Pubblica”