Dirigenza pubblica fiduciaria = corruzione

E’ inutile parlare di “demagogia della politica” quando accade che siano le stesse élite intellettuali a inoculare il veleno di teorie e principi suicidi. Una fetta cospicua dei cosiddetti esperti di Pubblica amministrazione, sull’onda di principi del New Public Management mai sostenuti all’estero, va cianciando da anni che il rapporto fra vertici politico-amministrativi e dirigenza pubblica vada regolato secondo lo stesso criterio di fiduciarietà usato nell’impresa privata.

Vergognosa e perfida insinuazione.

Il New Public Management fu un movimento – fruttuoso – di idee che intese applicare nelle amministrazioni pubbliche dei paesi OCSE molte delle metodologie di management  e di controllo dei risultati che venivano suggerite dalle esperienze delle imprese private; così nacquero e furono applicate in molte burocrazie occidentali la pianificazione strategica, gli indicatori di risultato, la valutazione indipendente delle performance amministrative delle amministrazioni pubbliche nel loro complesso. Questa è stata la benefica e radicale rivoluzione indotta dal NPM. I sapientoni di casa nostra – con la sola eccezione del prof. Franco Archibugi (vedi qui) – hanno inteso cogliere di quel coacervo di idee solo concetti che non esistevano: la modernizzazione delle burocrazie occidentali nei passati quarant’anni mai si è sognata di mettere in discussione i principi istituzionali che presidiano al buon funzionamento della pubblica amministrazione, primo fra tutti quello dell’ “autonomia del manager pubblico” nei suoi compiti di unico attuatore degli obiettivi di policy stabiliti dai governi.

Woodrow Wilson, presidente degli Stati Uniti, cioè della “patria” della libera intrapresa, proclamava a fine XIX secolo (vedi qui meglio) “l’amministrazione si trova al di fuori della sfera propria della politica. Le questioni amministrative non sono questioni politiche. Sebbene la politica stabilisca i compiti dell’amministrazione, non si dovrebbe permetterle di manipolare i suoi uffici”.  “Quale ruolo avrà l’opinione pubblica nella condotta dell’amministrazione? Il nostro successo è messo in dubbio da quel nostro errore assillante, l’errore di cercare di fare troppo con il voto. L’autogoverno non consiste nell’avere mano in tutto, così come il governo della casa non consiste necessariamente nel preparare la cena con le proprie mani. Al cuoco bisogna affidare ampia discrezione nella gestione dei fuochi e dei forni “. 

Nessuno dei paesi democratici occidentali si è mai sognato di mettere in discussione quei principi.  Solo in Italia gli azzeccagarbugli di turno apparecchiano da anni un prodotto regolativo che nei fatti consente ai vertici politico-amministrativi di gestire direttamente i lucrosi affari che dovrebbero essere demandati a soggetti neutrali rispetto agli interessi politico-elettorali; la dirigenza di carriera esiste per questo in U.S.A., Regno Unito, Francia, Germania e via enumerando. I trucchi per sfibrare il principio del concorso pubblico e dell’autonomia della dirigenza sono i seguenti: da un lato proclamare a voce altissima il principio dell’autonomia (articolo 4 del d. lgs 165/2001), dall’altro lato congegnare marchingegni legislativi che annullano quel principio; esattamente di quattro tipi: 1) spezzettamento dello svolgimento delle funzioni attraverso incarichi dirigenziali di durata ridicola; 2) ampliamento progressivo dei reclutamenti dirigenziali dall’esterno senza concorso; 3) frequenti (in termini di una ogni due anni) riorganizzazioni generali dei servizi che consentono di spostare i dirigenti da un incarico all’altro a piacimento; 4) Percorsi di carriera che consentono attraverso forme di selezione “interna” (quindi totalmente autogestita da poteri interni interessati a premiare i propri sodali) di reclutare nuovi dirigenti. Nessuno di questi quattro strumenti consente di avere una dirigenza pubblica libera da condizionamenti esterni.

Le ultime novità sul progressivo esautoramento della dirigenza pubblica del nostro Paese sono contenute negli articoli di Luigi Ulivieri e di Gianni Trovati che riprendiamo qui sotto.

E’ d’obbligo, infine, un altro riferimento a esperienze di altri Paesi: negli Stati Uniti dell’anno 1883 fu abolito lo spoils system e introdotto il merit system basato sul reclutamento di tutti i dipendenti pubblici attraverso concorso (vedi qui un’esauriente ricostruzione), con la seguente motivazione di fondo: lo spoils system induce per definizione comportamenti corruttivi che un sistema democratico sano deve evitare sopra ogni altra preoccupazione. Non a caso in Italia vediamo spesso scandali amministrativi (appalti, autorizzazioni, etc.) i cui protagonisti assoluti a livello penale sono i politici!

Giuseppe Beato

Luigi Ulivieri – dirigenti senza concorso: l’amichettismo trionfa

Gianni Trovati – Nel piano dei conti le carriere: dirigenti anche senza concorso

 

 

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