Il cittadino italiano allo sportello

La burocrazia italiana vera non è quella che s’incontra leggendo gli articoli su questo sito, né quella chiosata negli articoli di dottrina.

Sono, invece, quegli sportelli dal volto indecifrabile – veri o virtuali che siano – che i cittadini – giovani, anziani, donne – e le imprese incrociano quando debbono giocoforza gestire i loro obblighi e diritti nei confronti dello Stato.

Lo Stato assume in quei momenti sembianze quasi sempre anonime: la prenotazione di una visita sanitaria? Una questione d’imposte? Un rimborso dovuto? La richiesta di un contratto luce/acqua/gas? Una pratica edilizia? Un quesito di pensione? Un licenza? Gli uffici pubblici sono decine di migliaia, disseminati fra gli 8000 comuni, nei ministeri, nelle società para-private che svolgono servizi per loro conto. Ognuno di questi soggetti organizza con sue regole i rapporti col cittadino e le imprese. Non c’è alcuna uniformità e tutto è lasciato alla volontà di soggetti che operano in regime di monopolio.

Sono contenti cittadini e imprese? Le statistiche ufficiali e fondate scientificamente dicono di no. Secondo lo studio Ambrosetti siamo all’ultimo posto nella UE quanto a soddisfazione delle imprese italiane (si veda qui a pagina 114 de “La P.A. da peso aggiunto a potenziale aiuto alla crescita del Paese”).

Tuttavia per capire, come sempre, c’è anche un altro metodo, meno scientifico ma infallibile: i racconti di parenti, amici e conoscenti e l’esperienza personale da utente. Con vivacità sicuramente superiore alle fredde cifre della statistica. E con un impatto emotivo/diretto che rimane impresso nella mente.

UNA STORIA COME QUESTA

Il proprietario di un immobile sito in zona Roma NORD vende il proprio appartamento nell’anno 2021 e stipula regolare rogito nel mese di marzo. Fra le numerose pratiche amministrative collegate a quella vendita si trovano i pagamenti all’ Azienda municipalizzata romana (AMA) che gestisce per conto del Comune lo smaltimento dei rifiuti: il cittadino che ha venduto ha pagato regolarmente la Tassa dei rifiuti (TARI) per un periodo eccedente a quello di loro spettanza, visto il passaggio di proprietà ad altra persona.

Opportunamente informati dal nuovo proprietario sul fatto che l’onere del pagamento della tassa è stato regolarmente trasferito e da loro assolto, rimane l’obbligo da parte di AMA di RIMBORSARE l’importo dei pagamenti non più dovuti (e già riscossi dall’AMA da parte dei nuovi proprietari).

L’importo del rimborso si aggira sui 400 euro e non è tale da mandare fallita l’azienda di un piccolo imprenditore quale è l’avente diritto al rimborso. Sussiste, però, una fondamentale questione di regola e di principio e, cosa determinate data la semplicità del problema, il tempo d’impresa è prezioso (come qualunque altro  tempo di lavoro) e non può essere sprecato in operazioni di non rilevante importanza.

Il nostro cittadino- piccolo imprenditore in questione rivolge domanda di rimborso all’AMA con una pec nella quale sollecita il rimborso (non ce ne sarebbe necessità  visto che AMA ha già incassato l’importo della tassa dai nuovi proprietari e dispone di tutti i dati utili e necessari per procedere d’ufficio).

Cosa fa l’AMA? Semplice! Invece di procedere immediatamente al rimborso, avendo essa tutti  i dati di questo cittadino, invia la classica nota istruttoria astrusa e irridente con la quale invita con anonima noncuranza a fare domanda di rimborso su DUE APPOSITI MODULI (i pagamenti effettuati erano due!!!) e “prega” di inoltrare le istanze in posta certificata oppure a un ufficio sito a Ostia (circa 50 chilometri di distanza dall’abitazione del nostro cittadino/eroe).

Ma il ridicolo arriva ora! L’AMA, che ha ben accaparrato  i pagamenti non dovuti, dichiara nella stessa nota anonima al cittadino che provvederà solo “alla gestione dell’istruttoria dell’istanza e alla trasmissione dell’esito al Dipartimento Risorse Economiche di Roma Capitale per la validazione degli atti conseguenti” non solo, ma “il credito potrà essere oggetto di verifica”. (si veda la nota allegata). Quanto a dire che il cittadino potrà sperare di ricevere il rimborso dovuto dopo una tortuosa procedura dai tempi sconosciuti e comunque vergognosamente dilatati.

Inutile dire che, dopo un anno e mezzo, nessun rimborso è pervenuto all’interessato.

Il cittadino impiega un attimo per fare il confronto con la gestione, ad esempio, di Amazon che consente in pochi giorni il reso del prezzo di un articolo acquistato ma non gradito dal consumatore.

Non sono in ballo solo i 400 euro, ma soprattutto il tempo sottratto al lavoro o alla vita di questo cittadino. Se quel tempo lo moltiplichiamo per i dieci/quindici adempimenti fissi annuali che ciascuno deve assolvere con la pubblica amministrazione, è facile comprendere il motivo delle risultanza statistiche sopra ricordate.

E non è problema dell’impegno che i singoli impiegati pubblici profondono nel loro lavoro, ma storture che stanno “nel manico”. Non nell’organizzazione ma di chi è al vertice dell’organizzazione.

Quasi tutte le amministrazioni pubbliche erogano i servizi alla collettività in condizioni di monopolio, questo è importante. Chi è in tali condizioni – possono essere anche imprese private – non ha necessità di temere il giudizio dell’utente. Chi invece opera in regime di concorrenza si distingue, innanzitutto, per le indagini sul cliente per verificare se il servizio reso sia stato da lui apprezzato. Segno questo che la soddisfazione del cliente ORIENTA il modo con cui organizzano e gestiscono i propri servizi e le modalità migliori possibili di comunicazione con l’utenza.

Chi opera in regime di monopolio non ha necessità di “piacere” al cliente!

Per tanti anni si è pensato che fosse “il privato” la soluzione di tutti i mali. Ma l’esternalizzazione dei servizi ad aziende private che operano in regime di monopolio importa gli stessi effetti distorsivi.

In altri Paesi come il nostro – è questa la soluzione necessaria – sono in attività continua soggetti pubblici autonomi ed esterni, incaricati di monitorare e vigilare sulla qualità dei servizi resi dalle pubbliche amministrazioni a cittadini e imprese, anche mediante indagini sulla soddisfazione del cliente. Le risultanze di tali indagini pesano sulle valutazioni (e sulle rimesse finanziarie) effettuate a carico di amministrazioni e responsabili della gestione; opera quindi una necessità cogente di gestire un servizio pubblico con qualità e rispetto dell’utenza.  Ecco un modo per essere democrazia!

Giuseppe Beato

in caso di restituzione

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