Riportiamo qui sotto la memoria consegnata in data odierna dalla Confederazione CIDA dei dirigenti pubblici e privati (vedi sito web) alla Commissione Affari costituzionali del Senato della Repubblica, cui spetta il compito di emettere il parere sui contenuti dell’atto del Governo n. 393/2017 (vedi testo completo), contenente modifiche al decreto legislativo n. 165 del 2001.
La CIDA, unico Sindacato fra i presenti, ha tenuto a sottolineare il proprio dissenso dalle modifiche introdotte sullo schema di decreto – presto legge dello Stato – in ordine al sistema delle fonti regolatrici del regime di pubblico impiego. In breve, l’articolo 2, comma 2 del 165 “novellato” (vedi testo vecchio e nuovo) consentirà ai contratti collettivi nazionale di derogare dai contenuti delle leggi dello Stato nella materia dell’impiego pubblico. Solo una ristretta cerchia di addetti ai lavori ha compreso la portata – di carattere costituzionale – di tale modifica: la fonte legislativa che, per definizione, è posta dalla Costituzione a presidio degli interessi generali della nazione cede il passo a una fonte regolatrice che è espressione dei soli interessi delle parti negoziali, che può derogare a piacimento qualunque disposizione di legge riguardante il rapporto di pubblico impiego. Ciò in ossequio a un “principio” di “privatizzazione” del rapporto di pubblico impiego che non trova altri esempi in nessuno stato occidentale avanzato (Stati Uniti compresi).
Ma ciò che rende stravagante (se non fosse che è una cosa molto seria) l’iniziativa assunta dal Governo di iscrivere queste norme all’interno del nuovo decreto legislativo sul pubblico impiego è il fatto che le stesse si presentano assolutamente carenti di delega. Come noto, il potere esecutivo non può emanare disposizione legislative se non su delega del Parlamento “con determinazione di principi e criteri direttivi….e per oggetti definiti” (come previsto dall’articolo 76 della Costituzione). Ebbene, tale delega semplicemente non esiste in nessun punto della legge n. 124 dell’agosto 2015, con particolare riferimento all’articolo 17 che riguardava appunto il regime del pubblico impiego (vedi qui il testo). La circostanza è ancora più “eclatante” se si pensa che la precedente modifica dell’articolo 2 in questione – avvenuta con un altro decreto legislativo (il 150 del 2009) – fu preceduta da regolare delega contenuta all’articolo 3 (vedi qui il testo) della Legge n. 15 del 4 marzo 2009 .
Gli uffici legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Governo e le Camere si stanno assumendo la responsabilità di conferire dignità di fonte di diritto a disposizioni legislative carenti dei requisiti previsti dalla Carta costituzionale. Vabbè, ma a chi interessa poi la Costituzione?!!
Giuseppe Beato
Memoria-per-audizione-su-Atto Governo n 393