Qualunque sia il destino del progetto di Unione europea avviato 60 anni fa con il Trattato di Roma e qualunque sviluppo si affermi nel rapporto ormai in piena fibrillazione fra Stati nazionali europei, Stati Uniti, Russia e Cina, il discorso di Lubiana del Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi rimarrà una pietra miliare per chi vorrà comprendere la storia dell’Europa dal 1945 a oggi.
Evidentemente Mario Draghi non svolge uno studio accademico, ma le sue parole sono una rivendicazione cocciuta e puntigliosa, ma alta e serena, di tutto ciò che di positivo e di vitale il sodalizio europeo ha arrecato ai popoli del continente nel secondo dopo-guerra.
A chi prova orgoglio e conforto nel riconoscere fra i protagonisti della recente storia della UE un Italiano come Draghi non rimane che affermare che la “certificazione” – ammantata sotto la forma dell’ “oggettività del tecnico” – che egli svolge della necessità storica dell’Unione fra i popoli europei, la sua incrollabile fiducia in istituzioni comuni sempre più integrate fa assurgere il suo pensiero alla stessa altezza di quello – ugualmente contro corrente e fuori dall’impazzimento dei tempi – di Altiero Spinelli nel 1941 – vedi qui, nel pieno del conflitto fratricida della seconda guerra mondiale.
Discorso del presidente della Banca centrale europea a Lubiana il 2 febbraio 2017