Nel corso del Forum internazionale 2019, organizzato dallo Studio Ambrosetti nello scorso mese di settembre alla Villa D’Este sul lago di Como, e’ stato presentato e discusso il documento che qui sotto riprendiamo in versione integrale.
L’importanza data dallo studio Ambrosetti alle problematiche delle amministrazioni pubbliche testimonia di una visione della pubblica amministrazione (italiana e non) come di un tassello fondamentale per il buon funzionamento di un sistema economico capitalista. Non è superfluo sottolineare quest’aspetto, perché altri noti thik thank universitari predicano una dottrina opposta: quella della “burocrazia” come peso in sé, da presentare alla pubblica opinione con lo slogan “burocrazia come costo inutile, Stato leggero”. Il club Ambrosetti invece, da un lato, descrive senza infingimenti lo stato generale di inefficienza e il discredito generale che attualmente gode fra cittadini e imprese del nostro Paese (si veda qui sotto):
(Amministrazione italiana una delle più inefficienti in Europa: pag. 114 del rapporto)
(CITTADINI: valutazione dell’operato delle pubbliche amministrazioni italiane: pag. 115 del rapporto)(IMPRESE: valutazione dell’operato delle pubbliche amministrazioni italiane: pag. 115 del rapporto – Italia all’ultimo posto nella UE)
Impietosa la radiografia del rapporto pessimo esistente fra cittadini/imprese e pubbliche amministrazioni: queste ultime vengono percepite come organismi invasivi della propria autonomia e libertà; a questo sentimento diffuso gli operatori delle ppaa. Rispondono con comportamenti di chiusura e di difesa, secondo lo schema interpretativo presente alle pagine 89 e 90 del rapporto.
D’altro canto, tuttavia, il punto fondamentale è che il club Ambrosetti si colloca nella scia del pensiero classico weberiano,come affermato a pagina 19: riconosce cioè l’indispensabilità’ della funzione amministrativa in uno Stato moderno, opponendosi così al pensiero liberal/populista secondo il quale l’emergere di gravi inefficienze imporrebbe la marginalizzazione del sistema amministrativo. E’ vero il concetto esattamente opposto.
Nell’ ammonire i ceti dirigenti del Paese sulla necessità di uno sforzo straordinario per riallineare l’Italia agli altri Paesi occidentali più’ avanzati, lo studio Ambrosetti si è avvalso dell’opera di un Comitato guida per la redazione del rapporto(pagg. 12-14) composto in grande maggioranza da rappresentanti di grandi imprese private.
La descrizione dell’esistente e’ ricca di riferimenti statistici, che smentiscono alcuni falsi miti.
Fra i falsi miti
- la popolazione dei pubblici dipendenti e’ eccessiva: lo studio ripropone ciò’ che anche le statistiche OCSE testimoniano da tempo: il rapporto pubblici dipendenti/popolazione e’ fra i piu’ virtuosi in Europa (pag. 26)
- Il costo del lavoro della pubblica amministrazione italiana e’ eccessivo. Al contrario, siamo perfettamente in media (pag. 28)
- Le retribuzioni dei dirigenti pubblici sono eccessive. Al contrario, le retribuzioni dei dirigenti pubblici italiani risultano inferiori alla maggioranza di quelle percepite nei paesi OCSE (pag. 29)
L’analisi dell’esistente è spietata: la perdita potenziale causata all’economia dai disservizi delle PP AA italiane viene stimata in 146 miliardi di euro annui, pari al 9,1% del PIL (pag. 124), secondo la seguente esposizione logica.
Il rapporto Ambrosetti non si limita ad una vuota distruttività di pensiero, ma affianca alla diagnosi una serie di analisi sulle cause dei problemi esistenti (pagg. 40-89) e formula anche articolate proposte (pagg. 94-155). Chi voglia semplicemente apprendere sinteticamente il tenore di tali proposte può consultare le pagine da 6 a 10.
Crediamo, comunque, che – al di là delle molte sensate proiezioni e proposte di impatto immediato, di medio e di lungo termine – il concetto decisivo presente nel rapporto Ambrosetti sia l’affermazione della necessità di una Grande Conferenza sullo stato della Pubblica Amministrazione italiana, a carattere multi-partisan e multi-partitico (pag. 143-144). La mancanza di una visione di lungo termine e, soprattutto, di una pianificazione strategica degli interventi– da porre in essere in un arco di anni superiore a quello della durata media dei governi della Repubblica – è alla base degli insuccessi delle leggi di riforma varate negli ultimi 25 anni. Di qui l’esigenza di un accordo scritto e pubblico con il massimo di livello di trasparenza e di solennità, con un impegno comune di fronte allo stesso Presidente della Repubblica, identificando “una figura super partes che vigili sull’effettivo rispetto delle regole d’ingaggio del percorso riformatore”.
La riforma della pubblica amministrazione italiana necessita di un impegno comune di tutte le forze politiche, imprenditoriali, civiche e sindacali, perché ci si riferisce a un bene pubblico collettivo al buon funzionamento del quale è legato il buon funzionamento di tutte le Istituzioni pubbliche nel loro complesso.
Giuseppe Beato
Club Ambrosetti – LA P.A. DA PESO AGGIUNTO A POTENZIALE AIUTO