Il ForumPa e’ la rassegna sull’innovazione nelle pubbliche amministrazioni italiane, sponsorizzata da importanti soggetti pubblici e privati (in particolare società informatiche) e organizzata ogni anno a cura del dr. Carlo Mochi Sismondi. Forse per pudore, visto che l’innovazione tarda a manifestarsi, è stato evitato nel presentare l’edizione 2021 specificando che siamo al trentaduesimo anno di vita di quest’appuntamento. La pandemia in corso ha suggerito di rinunciare agli incontri pubblici che si tenevano precedentemente al Palazzo dei Congressi a Roma: gli eventi si sono svolti in modalità full digital dal 21 al 25 giugno dello scorso anno. Un volume edito a inizio 2022 – che riprendiamo qui in fondo – raccoglie tutti gli interventi scritti e i dibattiti tenutisi nell’occasione, costituendo così un’utile “summa” del pensiero prevalente sulla burocrazia italiana di una variegata schiera di “opinion leader“.
Il lettore potrà orientarsi fra gli argomenti di discussione proposti dall’indice del report sul Forum PA 2021; tuttavia le mille idee, le buone intenzioni, le prospettive di riforma riproposte per l’ennesima volta avranno, come sempre, scarsissime ricadute nel vivo delle pubbliche amministrazioni. Le belle idee di innovazione mai potranno tradursi in realtà fino a quando una classe politica distratta non deciderà di incidere sulla modifica dei seguenti fattori strutturali delle pubbliche amministrazioni italiane, la permanenza dei quali impedisce qualunque salto di qualità:
- la questione del controllo delle pubbliche amministrazioni da parte del Parlamento sull’attuazione delle politiche pubbliche approvate con atti legislativi (qui il modello è il Government Accountability Office a supporto del Congresso degli Stati Uniti d’America);
- il monitoraggio e la valutazione dei risultati conseguiti dalle singole pubbliche amministrazioni, operato da Autorità realmente indipendenti e non dagli attuali oo.ii.vv. a diretto riporto dei vertici politici;
- la questione della meritocrazia nella gestione del rapporto d’impiego, che si articola nel profilo retributivo delle alte professionalità, nell’individuazione autonoma e non contrattualizzata degli skill professionali necessari, nei percorsi di carriera, nella valutazione dei singoli; in una parola nella valorizzazione del merito e delle eccellenze, operando in necessaria distonia dalle logiche di tutela e valorizzazione “di categoria” su cui ragionano legittimamente i sindacati. Ciò rimanda alla questione dei poteri e del ruolo dei sindacati nelle pubbliche amministrazioni;
- la questione della dirigenza, non più “inamovibile” come auspicato da tutti, ma ora ridotta a ruoli meramente fiduciari nei confronti dei vertici politici; precarizzata, reclutata sostanzialmente senza preventiva selezione pubblica, privata dall’intrigo normativo e dallo spauracchio della Corte dei Conti della capacità di operare con discrezionalità;
- la questione della legalità – fortemente condizionata dalla precedente – dove le politiche legislative operano come una fisarmonica, oscillando di triennio in triennio fra linee normative draconiane che paralizzano l’azione amministrativa, alternate con stagioni di pericolosa dismissione di qualunque strumento di verifica e controllo del buon operare amministrativo.
Senza la soluzione di questi nodi di fondo è vano qualunque ragionamento su miglioramenti della qualità dell’agire delle nostre pubbliche amministrazioni.