“L’opinione pubblica è pressoché unanime nel credere che gli impiegati, volendo, potrebbero fare una bisogna molto maggiore dell’odierna, solo che lavorassero di più, e non rivolgessero troppa parte della loro intelligenza a creare fittiziamente il lavoro
da farsi per accrescere i posti superiori di organico, di segretari, capi sezione, capi divisione e via dicendo. …….. verrebbe la voglia di proporre che il lavoro burocratico si affidasse a delle cooperative di impiegati ad un prezzo a forfait uguale alla spesa che lo Stato oggi sostiene per i diversi servizi. …….Con tutta probabilità fra dieci anni la burocrazia sarebbe meno numerosa di adesso e gli impiegati, meglio pagati, sbrigherebbero più presto il lavoro che adesso compiono in molti straccamente e di mala voglia. ……Pietro Ichino? Renato Brunetta? Massimo Cacciari? Tito Boeri? Sergio Rizzo? Francesco Giavazzi? Giovanni Valotti? No, no: Luigi Einaudi in un articolo dell’anno 1907 sul Corriere della Sera. Per dire che esiste nel nostro povero Paese un’antica e “prestigiosa” scuola di pensiero che ha sempre considerato le politiche pubbliche e le dinamiche economiche nazionali come entità da tenere staccate dal morbo della pubblica amministrazione. Allora come ora gli strali di facciata andavano ai dipendenti pubblici ma l’ideologia vera era quella anti-burocrazia in quanto tale, denigrata come un fastidioso e orribile orpello da dover sopportare, cercando di metterla in condizione di non disturbare il manovratore. Gli articoli e le dichiarazioni dei signori sopra citati portano tutti a disconoscere, non vorremmo dire gli studi di Max Weber (ma lo hanno mai letto? – vedi qui), ma più semplicemente gli esempi lampanti di Francia, Gran Bretagna, Germania, U.S.A. dove la pubblica amministrazione è considerata una risorsa strategica da trattare e regolare con la massima attenzione. Qui da noi, la burocrazia e gli impiegati pubblici sono considerati cittadini di serie b, privilegiati e nullafacenti. Ma, ripetiamo, si colpisce i dipendenti per attaccare autolesionisticamente il concetto stesso di funzione pubblica amministrativa.
Non che questi veleni si siano di molto stemperati con la tragica pandemia in corso. Tuttavia, da un lato gli eroismi dei medici e degli infermieri, dall’altro i vigili del fuoco, l’esercito e le forze dell’ordine, dall’altro ancora tanti insegnanti che si sono inventati l’impossibile per assicurare le lezioni da remoto ai propri studenti; tutti insieme a dimostrazione che la pubblica amministrazione e le persone che ci lavorano sono una risorsa importante, vitale per il Paese e che il loro apporto ha la stessa dignità sociale degli altri lavoratori.
Ma c’è qualcosa di più, che sta mettendo in crisi i pregiudizi ignoranti del nostro ceto politico e intellettuale: il Recovery Fund!!!!! Sì proprio lui, il New Generation EU! i quasi 208 miliardi che il Governo è riuscito a spuntare nel luglio scorso. Sì, perché l’Europa ha messo una clausoletta condizionale alla facoltà di utilizzare questi fondi: la vigilanza stringente che sarà effettuata sulle burocrazie pubbliche di tutti i Paesi beneficiari dei fondi, finalizzata a controllare SE E IN CHE MODO si darà attuazione ai programmi per attingere ai fondi UE.
SCONCERTO, PAURA E IMBARAZZO DELLA POLITICA POLITICANTE. COME SI FA ADESSO?
Cara politica e cari politicanti, cari professori e filosofi engagè e alla moda!!! Qui si passa DALLE CHIACCHIERE DA TALK SHOW ALLE ANALISI SERIE!…. Come fa l’Italia a dotarsi di una pubblica amministrazione all’altezza di quella francese o spagnola (che hanno già presentato i loro piani nazionali di rinascita e resilienza)? Già, come si fa? SEMPLIFICAZIONE, INNOVAZIONE, MANAGERIALITA’, si nascondono negli slogan i lorsignori!…cercando con le loro paroline magiche di buttarla per l’ennesima volta in caciara!!!!
Ma la realtà ha la testa dura. E la realtà oggi è nascosta nelle pieghe di tre documenti ufficiali, che sono i seguenti:
- Regolamento UE sul fondo per la Ripresa e la Resilienza;
- Nota di aggiornamento DEF_2020 del 5 ottobre scorso;
- PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in BOZZA per CdM 7 Dic2020
Nel Regolamento UE c’è scritto a chiare note qualcosa che, timidamente, ammette anche il documento n. 2 del Governo (il NADEF) alla pagina 104 “le Amministrazioni, gli enti territoriali e i potenziali co-investitori dovranno formulare delle proposte che saranno selezionate secondo criteri oggettivi“. E fino a qui niente di sconvolgente. Poi però il Regolamento UE pone due condizioni, di portata enorme per chi come noi è abituato a gestire i fondi riducendosi all’ultimo momento (vedi qui “Lo scandalo dei fondi strutturali europei non spesi“); la prima: “dovranno essere chiaramente esplicitati così come la tempistica e le modalità di attuazione, individuando target intermedi (milestones) e finali e identificando il soggetto attuatore“; la seconda: “i soggetti attuatori dovranno rendicontare la spesa effettiva, l’avanzamento procedurale e l’avanzamento in termini di raggiungimento dei traguardi prefissati“. Chi sono i “soggetti attuatori “??? E chi se non le nostre pubbliche amministrazioni, centrali, regionali e comunali??
Peccato che i documenti italiani n. 2 e n.3 omettano di ricordare che il Regolamento UE RRF (n.1) prevede un’alta vigilanza della Commissione europea sull’andamento dei vari progetti, coerente con la programmazione iniziale e che l’articolo 19 comma 4 di tale Regolamento preveda esplicitamente quanto segue : “Where, as a result of the assessment referred to in paragraph 3, the Commission establishes that the milestones and targets set out in the decision referred to in Article 17(1) have not been satisfactorily implemented, the payment of all or part of the financial contribution shall be suspended“. Tutto chiaro? Se l’Italia non darà seguito coerente e nei tempi a quanto programmato, il conferimento dei Fondi UE sarà sospeso.
Benvenuta realtà nel mondo onirico delle nostre politiche di “semplificazione”, “digitalizzazione” e “managerialità”! L’Europa ci avverte che, senza una burocrazia all’altezza degli altri Stati occidentali avanzati, i fondi previsti per noi faranno la fine del “Tesoro della Sierra Madre” (noto film di John Huston).
Saranno in grado le nostre malferme istituzioni di sostenere e vincere questa sfida? Noi naturalmente ce lo auguriamo ardentemente. Perché questa sarebbe una svolta storica nella considerazione e nella conseguente gestione che da sempre il ceto dirigente politico, produttivo e intellettuale sviluppa sulla burocrazia italiana. Non c’è più tempo per le polemiche cretine sui “fannulloni”, qui c’è solo da rimboccarsi le maniche e operare finalmente con serietà e ponderazione.
Giuseppe Beato