Presentiamo qui di seguito una bozza del decreto legge sulla semplificazione, approvato in Consiglio dei Ministri e la cui data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e’ rimessa alla volontà’ degli astri. Tuttavia, dall’insopportabile intrigo di parole, periodi e citazioni, chi abbia una buona dose di perversione giuridica può comprendere a sufficienza il tenore delle novità, peraltro anticipate dai quotidiani in questi giorni.
Di rilievo le misure di cui:
- all’articolo 1 del decreto che elevano gli importi di soglia per procedere ad degli “appalti , servizi e forniture “: affidamento diretto ( fino a 150.000 euro), procedura negoziata con cinque operatori economici (fino a 350.000 euro), con almeno 10 operatori economici (fino a 350.000 euro), con almeno 15 operatori (fino alle soglie europee che per gli appalti si attestano ad oltre i 5 milioni di euro);
- all’articolo 7 che istituisce un fondo garantito dallo Stato per la prosecuzione di opere pubbliche di importo superiore alle misure di soglia europea;
- all’articolo 9 in cui e’ prevista la figura del Commissario Straordinario per “interventi strutturali caratterizzati da un elevato grado di complessità’ progettuale, da una particolare difficolta’ esecutiva o attuativa” o da altre complessità’. L’individuazione precisa di tali interventi e’ rimessa a decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (da adottare entro il 31 dicembre di quest’anno). Segnaliamo di seguito le ANTICIPAZIONI suggerite dal numero de Il Corriere della Sera di ieri 8 luglio.
Passando ad altre misure relative al funzionamento dell’odiata burocrazia, da segnalare le seguenti:
- all’articolo 11 una disposizione che va nella direzione giusta e potrebbe dare frutti utili dal punto di vista del controllo sulle amministrazioni tardigrade e/o inadempienti: “modalità’ e criteri di misurazione dei tempi effettivi di conclusione dei procedimenti“: le amministrazioni pubbliche saranno (?) tenute a “misurare e rendere pubblici i tempi effettivi di conclusione dei procedimenti amministrativi di maggior impatto per i cittadini e per le imprese“. Inutile chiosare che, ove anche le lobbies di varia alleanza non riuscissero a far cadere in commissione parlamentare queste disposizioni, poi si tratterebbe di verificarne l’esatta esecuzione da parte di circa 10.000 enti pubblici italiani, senza disporre di alcuna autorità indipendente di coordinamento e controllo …VASTE PROGRAMME!
- all’articolo 12 la diecimilionesima disposizione di modifica delle regole d’ingaggio delle Conferenze dei Servizi, istituite 30 anni fa dalla legge 241 del 1990. Non si fanno commenti;
- all’articolo 14 un’agenda per la semplificazione, dei procedimenti e della modulistica standardizzata: buona fortuna Italia;
- agli articoli 15 e 17 le più’ volte annunciate misure per rimuovere la cosiddetta “burocrazia difensiva” e consistenti nella modifica degli articoli di legge riguardanti la responsabilità’ per danno erariale: con l’articolo 15 la responsabilità per danno erariale viene limitata alla sola “condotta del soggetto agente da lui dolosamente voluta” (solo “dolo intenzionale” pertanto ); la misura e’ di carattere temporaneo, prevista fino al 31 luglio 2021. Giustamente secondo noi, questa limitazione “non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente“. L’articolo 17 invece opera una “migliore” qualificazione del reato di abuso d’ufficio previsto dall’articolo 323 del codice penale, restringendo le condizioni che danno adito alla qualificazione di reato non genericamente agli atti assunti in violazione ” di norme di legge o di regolamento“, ma più precisamente di atti assunti in violazione “di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o d atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità“. E’ dubbio se questa maggiore specificazione della fattispecie di reato limiterà’ il numero delle querele indirizzate verso atti dirigenziali che si presumano viziati penalmente: di fondo, l’inizio di un percorso giudiziale rimarrà legato alla valutazione dei Procuratori della Repubblica, stante comunque il fatto incontrovertibile che gia’ oggi le sentenze di condanna per tale reato ascendono a non più del 10% dei giudizi instaurati;
- Misura da seguire con interesse e’ quella presente all’articolo 16 della bozza: si prevede un controllo “concomitante” della Corte dei Conti , anche a richiesta del Governo o delle competenti Commissioni parlamentari, su Ministeri e Regioni per l’accertamento di gravi responsabilità’ gestionali e rilevanti ritardi nell’erogazione di contributi previsti dalla normativa. L’attività’ delineata dalla disposizione replica dopo ben 11 anni quella contenuta all’articolo 11 della Legge di delega n. 15 dell’anno 2009 che, infelicemente, delineava un percorso di verifica e controllo della qualità’ dell’attuazione delle politiche pubbliche gestite da Ministeri e da Organi esecutivi regionali: come ben chiosava in uno scritto dell’epoca Gaetano D’Auria (vedi qui “la “nuova” Corte dei Conti” a pagina 3/6), la previsione regolativa dei poteri della Corte italiana – le cui funzioni sono in tutto simili al National Audit Office inglese e al Government Accountability Office statunitense – e’ profondamente errata perché’ “immagina” un potere diretto di “contestazione” di un Organo di controllo amministrativo su un potere politico, invece di delineare la funzione dell’organo di controllo come AUSILIARIA (cosi’ qualificato dalla Carta Costituzionale) del Parlamento e/o delle Assemblee regionali elettive, alle quali unicamente spetta il potere di sindacato dell’operato dei governi (nazionale o regionale). Siccome siamo maliziosi, pensiamo che gli estensori della nuova disposizione SAPPIANO leggere, ma NON VOGLIANO scrivere bene;
- seguono dall’articolo 18 al 27 ben 10 articoli, ottimi per trattati di “idraulica informatica“, nel senso che il comune mortale non può’ capire niente delle astruserie li’ delineate (con buona pace del sogno di vedere su atti legislativi enunciati i principi di fondo di una determinata materia, lasciando a fonti di rango secondario la specifica delle necessarie articolazioni procedurali). Come gia’ osservato in un nostro precedente scritto (vedi qui “Le belle fiabe dell’informatica“), si abbonda in lanci mediatici relativi a “identità’ digitale“, “comunicazione telematica” “perimetro di sicurezza nazionale cibernetica“, “codice di condotta tecnologica“, “interoperabilita’ dei dati“, “piattaforma digitale nazionale“, “infrastrutture digitali“, ma non emerge in nessun contesto il fatto che la previsione di queste misure o di altre simili sono gia’ in campo da anni (si veda da ultimo il piano triennale per l’informatica per la pubblica amministrazione 2019-2021, approvato dalla Presidenza del Consiglio ) e che rimangono impregiudicati due deficit insopportabili per cittadini e collettività’ nazionale nel suo complesso: 1. la condivisione delle banche dati nazionali (INPS, INAIL, anagrafe) sui sistemi di tutte le amministrazioni pubbliche; 2. l’assenza di personale informatico interno nelle amministrazioni pubbliche italiane.
- Senza ne’ capo ne’ coda appare il successivo articolo 28 della bozza che si riferisce a “imprese…che intendano sperimentare iniziative attinenti all’innovazione tecnologica e alla digitalizzazione in alternativa agli ordinari regimi amministrativi“. A “beneficio” di queste presumibili start up, l’articolo fissa una serie di paletti e cavalli di frisia, salvo mai chiarire in cosa dovrebbe consistere il giusto tornaconto di tali sperimentazioni: un acquisto degli applicativi da parte della pubblica amministrazione? l’ acquisto di licenze d’uso? Tutto come sempre astruso e nebuloso;
- di evidente rilievo l’ultima parte della bozza che attiene alla Green Economy. Anche qui, al di la’ delle molteplici indicazioni tecniche contenute dagli articoli da 30 a 48 della bozza, ciò’ che dovrebbe rilevare ai fini di una sostanziale efficienza e qualita’ della macchina burocratica pubblica sono gli impedimenti, le farraginosità e le lungaggini che la sacrosanta salvaguardia del territorio può indurre nelle procedure amministrative di interventi sulle infrastrutture nazionali. Su questo fronte, non si può’ certo parlare di semplificazione se il presidente di ANCE, Gabriele Buia (vedi qui), denuncia come ancora preclusive le resistenze degli apparati ministeriali al momento di varare i contratti di programma con ANAS e con Ferrovie italiane (ponti, viadotti, ferrovie, treni veloci, treni regionali), a causa delle lungaggini in termini di anni negli esami di impatto ambientale delle opere messe in programma.
I problemi endemici della pubblica amministrazione italiana non si risolvono con una conferenza stampa, seguita da una serie di annunci mediatici e dall’ennesima legge di “semplificazione della burocrazia”. La pubblica amministrazione e’ una parte fondamentale dei sistemi socio-economici degli Stati occidentali avanzati e a nulla valgono gli stress normativi continui che nulla risolvono. E’ un congegno delicato e imponente che va ripensato e ricostruito nella sua “ingegneria” strutturale con un disegno sensato e complessivo di medio periodo e una struttura di consensi politici che superi le seguenti resistenze corporative: di parti della politica stessa, dei sindacati attestati su una logica di cogestione del potere e non di dialettica libera e intransigente, di una parte consistente dei ceti imprenditoriali, di parti consistenti della magistratura amministrativa (meglio se collocate nei gabinetti ministeriali), della stessa dirigenza pubblica e delle varie agglomerazioni del Paese che hanno tutto da perdere da una vera riforma della burocrazia italiana che le restituisca efficienza e qualità’. La strada rimane impervia ed ogni risultato sarà precluso fintantoché non ci si muoverà’ tenendo conto innanzitutto di queste resistenze “tiepide” e occulte.
Giuseppe Beato
Bozza di DL Semplificazioni 6 luglio