Il fatto è accaduto a Sassari e sta ricevendo notorietà perché coloro i quali vogliono “chiudere” la biblioteca del Dipartimento di Storia dell’Università non hanno fatto i conti col fatto che uno dei suoi fondatori risponde al nome di Guido Melis, massimo storico della pubblica amministrazione italiana, nonché uno degli intellettuali più in vista e rispettati di quella città. Riprendiamo la nota accorata che egli ha pubblicato sul suo blog Facebook, sollevando un vespaio di polemiche in consiglio comunale. Ci domandiamo: esiste nel nostro Paese una modalità di regolazione e controllo dei luoghi in cui sono conservati documenti o altre fonti di importanza storica, artistica o paesaggistica? Oppure tutto è lasciato alla “sensibilità” dell’autorità di vertice di turno in un certo plesso pubblico, che può operare in assenza di criteri? Gli uffici dei Ministeri – se potessero parlare! – potrebbero “raccontare” incredibili episodi di rottamazione di carte di valore storico, innescati da qualche signor nessuno per necessità di “liberare gli spazi”. Se esistessero regole e conseguenti obblighi, chiunque potrebbe attivarsi per denunciare il depauperamento delle basi della nostra conoscenza delle cose. A questo servono le biblioteche. E la digitalizzazione più che una soluzione è un pretesto.
Qui sotto la nota.
Casualmente, nel silenzio generale, vengo a sapere che a Sassari il rettore o chi per lui ha deciso di chiudere la Biblioteca di storia nella bella sede di viale Umberto, Palazzo Segni. Per farne che? Non si sa. Forse per integrarla in quella di Lettere, in tutt’altra sede.
Ora, io sono andato via da Sassari nel 1991 e ho lavorato altrove (Siena e Roma),ma a quella Biblioteca sono molto affezionato. La mettemmo su,con Antonello Mattone, Giuseppina Fois, Francesco Manconi, Piero Sanna e pochi altri, alle origini del Dipartimento di storia, il primo credo con Chimica che fu creato a Sassari. Una provvida legge prevedeva i dipartimenti,che potevano essere crati per aggregazione di materie o per tema. A Sassari occorse una battaglia per farli, perché i nostri colleghi delle facoltà scientifiche erano affezionati a quei loro piccoli feudi personali che erano gli istituti, particelle delle facoltà. Vincemmo quella battaglia, e ideammo di unire gli storici di scienze politiche con quelli dell’allora Magistero (poi Lettere). Fu molto difficile. Al momento di creare il nuovo Dipartimento di storia tre storici di scienze politiche si dissociarono. Spirava un vento contrario. Gli istituti si rifiutarono di spartire con noi i fondi comuni e anche i libri contenuti nelle loro biblioteche che negli anni noi stessi, storici, avevamo concorso a comprare coi nostri fondi personali di ricerca. Mettemmo su casa senza dote. Io fui eletto direttore del nuovo Dipartimento ed ebbi per ufficio un bugigattolo a Magistero.
Ci aiuto’ allora quel grande rettore che fu Antonio Milella, un rettore che con quello attuale di Sassari ha in comune solo l’iniziale del cognome. Milella mi porto’ con se’ a Roma al Ministero e ne tornammo con 50 milioni per Storia e altrettanti per Chimica. Poi prese in affitto la sede di viale Umberto e ci assegno’ un cospicuo finanziamento di primo impianto. Mettemmo su un elegante luogo di ricerca e di studio e una biblioteca costituita ex novo. Il collega Mattone ne fu responsabile, ma tutti gli demmo una mano (letteralmente,mettemmo i libri a scaffale impolverandoci). Io andai dall’allora presidente del Banco di Sardegna Lorenzo Idda e ottenni altri 50 milioni coi quali comprammo i microfilm degli atti parlamentari, che a Sassari non erano presenti se non incompleti (sicché si doveva andare a Roma o altrove per poterli studiare). Sotto la guida di Mattone, che chiamavamo per sfotterlo il bibliotecario capo, nacque una bellissima biblioteca non solo storica ma storico-giuridica,che non aveva l’eguale nel nord Sardegna. Un miracolo.
Li’ abbiamo scritto i nostri libri e allevato i nostri allievi. Li’ si e’ fatta cultura.
Ora apprendo che la Biblioteca e’ morta. Si vocifera di digitalizzazione. Non sanno di che parlano e mi viene il sospetto che alcuni decisori attuali non sappiano neppure cosa e’ un libro. Un piccolo patrimonio pubblico distrutto e tutti zitti. Questa e’ Sassari,che un tempo era una fertile citta’ universitaria. Sto facendo una indagine su chi, quando sarà, potrà ricevere in dono la mia biblioteca privata, che pure qualcosa vale. Mi si dice che non c’è piu’ posto. Sassari, citta’ senza libri.
prof. Guido Melis