La determinazione dei fabbisogni standard nei comuni italiani

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Fra gli obiettivi fondamentali della Legge delega n 42 del 5 maggio 2009 – con la quale il Parlamento innescò il processo di attuazione del federalismo fiscale in applicazione dell’articolo 119 della Costituzione – vi era quello di sostituire il criterio dei “costi storici” fino allora utilizzato per definire l’entità delle risorse finanziarie spettanti ai Comuni e alle Province con il più equo e realistico “criterio dei fabbisogni standard“, basato quest’ultimo sulla misurazione della quantità dei servizi offerti, sui prezzi degli input utilizzati nel processo produttivo e sulle variabili di contesto dell’offerta (ambientali, territoriali etc). Il conseguente decreto legislativo n 216 del 26 novembre 2010 – Disposizioni in materia dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province –  stabilì un percorso articolato attraverso il quale giungere, entro l’anno 2016, alla sostituzione integrale per tutti gli Enti locali del criterio del “costo storico” con quello dei “fabbisogni standard”.

In base all’art. 5, comma 2, lett. e) del D.lgs. n. 216 del 2010, la  SOSE, società per azioni per gli studi di  settore – partecipata dal MEF e dalla Banca d’Italiana – individua  le metodologie per la determinazione dei fabbisogni standard, predispone appositi questionari per raccogliere dai Comuni dati contabili e strutturali. I dati, opportunamente elaborati secondo le metodologie esposte nella presente nota illustrativa sui fabbisogni standard, sono trasmessi dalla Sose al dipartimento delle Finanze e sottoposte per l’approvazione, ai fini dell’ulteriore corso del procedimento, alla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale (istituita con l’art 4 della legge 42). In assenza di osservazioni, le metodologie si intendono approvate decorsi quindici giorni dal loro ricevimento. I risultati predisposti con le metodologie approvate, dopo il vaglio della Ragioneria Generale dello Stato, sono trasmessi al Presidente del Consiglio dei Ministri che, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, adotta con decreto la nota metodologica relativa alla procedura di calcolo e il fabbisogno standard per ciascun Comune e Provincia. Sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è poi sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali. Decorsi quindici giorni, lo schema è comunque trasmesso alle Camere ai fini dell’espressione del parere da parte della Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale e da parte delle Commissioni parlamentari competenti per le conseguenze di carattere finanziario.

Il percorso illustrato si è in effetti tradotto nel Dpcm 21 dic 2012 di adozione della nota metodologica e dei fabbisogni standard per ciascun Comune e Provincia, relativi alle funzioni di polizia locale e dei servizi del mercato del lavoro. Altri DPCM seguiranno per coprire l’intero complesso delle funzioni fondamentali individuate dall’articolo 3 del d lgs 216/10 entro l’anno 2016. Ma la strada delle riforme in questo Paese è impervia, se non proibitiva: c’è sempre qualche soggetto istituzionale che avanza dubbi e chiede proroghe. In questo caso é l’ANCI in un’audizione davanti alla V Commissione bilancio , Tesoro e programmazione della Camera dei deputati, il 14 gennaio 2014, in occasione della discussione di un altro DPCM in corso di emanazione – vedi qui il documento per l’audizione.

Presentiamo, infine, una sintetica esposizione su slide dell’intera materia a cura del prof Ernesto Longobardi, membro della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale (COPAFF)

 Longobardi: il federalismo e le fonti amministrative.

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