Il professor Giorgio Rembado, deceduto lo scorso 3 settembre dopo una lunga malattia, è stato una figura di altissimo profilo nel panorama della dirigenza pubblica del nostro Paese. Entrò giovanissimo nella Federazione sindacale dei dirigenti e dei professionisti pubblici, incorporata nella grande famiglia della Confederazione Italiana dei Dirigenti d’Azienda – CIDA – che riunisce in sè le rappresentanze sindacali di più di centomila dirigenti pubblici e privati. Fu per decenni presidente dell’Associazione Nazionale Presidi, da lui fondata, la piu’ rappresentativa delle organizzazioni di rappresentanza dei dirigenti scolastici. Curò con attenzione e successo una strategia di attenzione verso le altre rappresentanze sindacali, sia di categoria che generaliste, nell’ottica della funzionalità della pubblica amministrazione italiana.
Il messaggio che Rembado trasmetteva in continuazione era quello della necessità di una rappresentanza della dirigenza e delle alte professionalità pubbliche mai chiuse in sè stesse ma titolari di una funzione/dovere di servizio da rivendicare sempre, non come pretesa corporativa, ma come presidio principale della qualità e dell’imparzialità dei servizi resi dalla burocrazia italiana alla collettività nazionale. Sono concetti progressivamente impostisi nella coscienza comune, sui quali, comunque, il sindacato ha fatto da “suggeritore” per un’intera generazione di dirigenti. Quanto lontana risulta oggi la figura statica, autoritaria e bloccata di dirigente che prevaleva fino a non molto tempo fa.
Rembado era consapevole, tuttavia, di quanto ancora sia necessario affinché il ruolo del dirigente pubblico in Italia sia consono ai dettami della Carta Costituzionale (corrispondenti, detto per inciso, ai canoni prevalenti in tutte le democrazie occidentali avanzate): l’indicazione dei fini e il controllo dei risultati alla politica, la gestione degli obiettivi ai dirigenti. La sua relazione a uno dei congressi CIDAfp – che qui sotto riproponiamo – testimonia di una critica ostinata e circostanziata ai cedimenti della legislazione attuale: attraverso la precarizzazione dello status dirigenziale, si mantiene nei fatti il comando gestionale in capo ai vertici politici delle amministrazioni pubbliche, vanificando così la garanzia d’imparzialità delle scelte gestionali (autorizzazioni, licenze, appalti) posta a tutela dell’interesse generale dall’articolo 98 della Costituzione. Sul versante delle alte professionalità, Rembado promosse fino all’ultimo un’altra grande battaglia, affinchè queste non siano appiattite con retribuzioni inadeguate e sistemi di reclutamento che avviliscono la preparazione universitaria e disincentivano i giovani laureati dall’intraprendere la carriera pubblica.
Queste battaglie non appartengono solo alla compagine CIDA di cui Rembado fu una delle punte di diamante, ma sono una delle condizioni basilari attraverso cui il nostro sistema Paese è chiamato ad effettuare un salto di qualità decisivo.
Giuseppe Beato
Relazione al XX congresso CIDA funzione pubblica