La riorganizzazione del Ministero della Cultura

A costo di apparire sciatti e superficiali, ci appare inutile un qualunque esame specifico sul riordinamento in corso della struttura organizzativa del Ministero della Cultura, solo due anni dopo la precedente riorganizzazione (vedi qui il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 giugno 2021, n. 123). Per qualunque organizzazione complessa operante nel mondo imprenditoriale privato sarebbero letali gli effetti di un succedersi ravvicinato e compulsivo di rivolgimenti strutturali dei propri assetti. Non così per Ministeri, Enti pubblici, Comuni, AA.SS.LL., qualunque sia la compagine politico-amministrativa che si avvicendi ai  loro vertici. La questione vera, per amministrazioni che vivono di autoreferenzialità ammantata di “produzione di carte a mezzo carte” (citiamo il compianto Paolo De Ioanna che commentava così lo schema operativo di questo tipo di amministrazioni), è che l’esigenza fondamentale che si pone ad ogni cambio di vertice politico rimane quella di operare un ricambio generalizzato dei quadri dirigenziali altrimenti non attuabile. Ben lontana dai principi pomposamente enunciati per legge, secondo i quali si devono sottoporre a spoils system SOLO i ruoli dirigenziali di vertice (capi dipartimento o segretari generali nel caso dei Ministeri), la riorganizzazione “dalle fondamenta” consente di toccare tutta la compagine dirigenziale di un’amministrazione pubblica. Anche qui in barba a un altro principio legislativo – quello della durata integrale degli incarichi dirigenziali fino alla loro scadenza naturale – enunciato, ma aggirabile appunto attraverso questo tipo di provvedimenti. Considerando da questo punto di vista, lo schema di riorganizzazione del Ministero della Cultura, in via di definitiva approvazione (vedine qui lo schema), non fa altro che applicare surrettiziamente l’articolo 3 del Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n. 300, che prevede la forma alternativa di riorganizzazione o per direzioni generali (con un segretario generale al vertice) oppure per dipartimenti. Quelli bravi spiegano attraverso i due seguenti  organigrammi.

ORGANIZZAZIONE PER DIREZIONI GENERALI

ORGANIZZAZIONE PER DIPARTIMENTI

E’ appunto questo il balletto in corso al Ministero della Cultura: da un’organizzazione “per direzioni generali”, disposta solo due anni fa, si passa a un’organizzazione “per dipartimenti”. Tutto perfettamente legittimo e canonico. Salvo procurare, come sempre in questi casi, un terremoto nell’esercizio delle funzioni pubbliche e dei processi di lavoro demandati ai vari uffici, con effetti deleteri che si prolungano per gli anni seguenti. Fino alla successiva riorganizzazione generale.

Per un più educato e informato commento di merito al provvedimento fin qui commentato, è utile riprendere il documento dell’Associazione Nazionale Archivistica Italiana “A proposito della nuova organizzazione del Ministero della Cultura – vedi qui il link

Giuseppe Beato

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