More solito, quando una materia – quale quella delle assunzioni clientelari nelle società a partecipazione pubblica – diventa scottante perché oggetto delle attenzioni del giudice penale e dei titoloni della stampa, la politica entra in fibrillazione e non è capace di far altro che di “novellare” leggi già esistenti creando pastrocchi giuridici che sono festa continua per i furbi d’Italia.
Eppure dovrebbe essere tutto chiaro e semplice: non si può forzare il principio del pubblico concorso sancito dall’articolo 97, nemmeno utilizzando la scorciatoia delle scandalose società “partecipate”. L’articolo che pubblichiamo qui sotto ci racconta che, nonostante la giurisprudenza consolidata della Corte costituzionale e della Corte di cassazione, c’è chi trova il modo di “pattinare” fra l’orrenda congerie di leggi e leggine e far prevalere di fronte ai cittadini inermi l’arroganza del potere, anche di fronte a un giudice penale distratto.
Si veda qui anche la sentenza del 14 marzo 2017 – citata nell’articolo ( clicca qui ) – di condanna dei vertici ATAC per assunzioni clientelari: vi sono raccontate con dovizia di particolari le peggiori brutture derivate da una legislazione superficiale e lassista. E’ la “moda” della privatizzazione dei servizi pubblici, la figlia delle interessate teorie del “privato è bello”, lì dove il “privato” (cosa in sé vitale e importante, ma che non ha nulla a che fare con le “gli enti privati a partecipazione pubblica“) è la mangiatoia per rubare i soldi dei cittadini italiani.
Gian Paolo Stanizzi ARTICOLO 97 DELLA COSTITUZIONE