Questo sito segue da sempre le vicende della pubblica amministrazione in un’ottica impermeabile alle dispute fra parti politiche, convinti come siamo che il buon funzionamento della sua pubblica amministrazione sia interesse generale del Paese, quindi non associabile a questa o a quella compagine politica. Anche nel caso dell’ordinanza cautelare nei confronti di Tommaso Verdini e altri – che riempie le prime pagine dei giornali in questi giorni – ci asteniamo da qualunque considerazione riguardante i risvolti politici che sono sotto i riflettori. Ciò che ci interessa è la lettura di una ricorrente logica corruttiva che si ripete immutata nei decenni, qualunque sia la compagine politica presente al governo del Paese. Tale trama è stata sintetizzata in un occhiello de “la Repubblica” di oggi.
Non è “questo Governo” o “quelli precedenti” il protagonista vero di queste vicende, quanto una burocrazia, tanto debole quanto non sufficientemente controllata dall’esterno.
In pochi in questi giorni ricordano che, sempre in ANAS, nell’ormai lontano anno 2015, fu indagata e intercettata Antonella Accroglianò (si vedano qui le intercettazioni) – direttore centrale ANAS, detta “la Dama Nera”, la quale operava lì dall’anno 1994 – la quale si prestava agli stessi giochi per i quali oggi sono rinviati a giudizio altri tre funzionari ANAS. Non è pensabile che la gran maggioranza dei dirigenti funzionari e dipendenti di questa importante azienda pubblica siano, de relato, corrotti (si veda qui l’organigramma completo con nomi e cognomi presente sul sito web dell’ANAS). Più verosimile ipotizzare la mancanza di un controllo sistematico dall’esterno (non nelle modalità formalistiche e alla fine innocue di “controllo sulle scartoffie”) . Sul versante della corruzione di cui qui si parla, l’Italia si colloca, in un punteggio da 0 ( i peggiori) a 100 (i migliori), a punti 56, dieci sotto la media UE, nella classifica di Trasparency International al 31 gennaio 2023 (vedi qui) e migliora di 14 punti rispetto alla graduatoria dell’anno 2012. Evidentemente, nemmeno i tanti paludati convegni sul tema (vedine qui alcuni) hanno indotto miglioramenti reali e favorito una collocazione della burocrazia del nostro Paese ai necessari livelli di contrasto a un fenomeno presente ovunque nel mondo.
Se si leggono le 77 pagine dell’ordinanza di applicazione di misure cautelari del GIP del Tribunale di Roma che qui sotto si pubblicano (e che sono la sorgente principale di tutti i pezzi di colore pubblicati dai quotidiani in questi giorni), è facile concludere che i tre dipendenti ANAS Paolo Veneri (già al vertice della Direzione Acquisti e Appalti dell’ANAS), Luca Cedrone e Domenico Petruzzelli sono i veri protagonisti del passaggio di informazioni riservate sui bandi di concorso per centinaia di milioni di euro, dai loro uffici agli imprenditori poi risultati vincitori dei medesimi bandi. Nell’esposizione dei fatti posti a fondamento dell’ordinanza si ritrova il loro nome in tutte le pagine. Essi operavano, hanno operato e opererebbero ancora qualunque sia la compagine politica al potere! In cambio di cosa facevano questo? Alle pagine 67/73 vengono illustrate nei particolari tutte le azioni poste in essere presso i responsabili del personale delle Ferrovie dello Stato e dell’ANAS affinché essi fossero confermati nei loro incarichi e glene fossero affidati altri remunerativi in società collegate. Si dà altresì conto del fatto che “le indagini si sono svolte nel periodo significativo di passaggio delle vecchia dirigenza alla nuova dirigenza ANAS, successivamente al conferimento dell’intera partecipazione ANAS (detenuta dal MEF) in ferrovie dello Stato” con la conseguente rivisitazione dell’organigramma aziendale. La circostanza dimostra che la conferma in un incarico nel corso di una riorganizzazione sia un beneficio talmente essenziale da indurre qualche pubblico ufficiale infedele a delinquere e che la precarietà dello status dirigenziale pubblico sia magna pars nelle deficienze della burocrazia pubblica italiana. Ciò dà forza alle tesi sostenute in questo sito, secondo le quali è su questo versante che si gioca la partita dell’imparzialità degli atti della pubblica amministrazione prevista dell’articolo 97 della Carta Costituzionale.
La vicenda in corso, comunque, conferma due difetti strutturali oggi esistenti: 1) lo scarso successo che ha conseguito nel nostro Paese il lancio del sistema delle “soffiate” (Whistleblowing), con relativa tutela assicurata al denunciante da parte di un’autorità pubblica ESTERNA all’amministrazione della quale siano denunciate irregolarità: abbiamo parlato di questo insuccesso in un nostro recente articolo (vedi qui); 2) la “falla” più grave del nostro sistema burocratico: la mancanza di un controllo parlamentare – attraverso apposite commissioni a ciò dedicate – sul coacervo delle attività svolte dalle amministrazioni pubbliche, supportato da un’attività d’indagine tecnica affidata a un’autorità indipendente collegata e ausiliaria. Non è qui il caso di articolare oltre, salvo ricordare che il diavolo mette sempre il suo zampone nella redazione delle leggi che in qualche modo fanno il verso alle consolidate esperienze dei Paesi anglosassoni. Non basta prevedere un istituto giuridico, ma lo si deve dotare di funzionalità e garanzie tali da farlo funzionare secondo i criteri enunciati. Ciò che si vede in giro, a derivazione di leggi fatte male, sono imitazioni di pessima fattura di istituti in vigore in altri paesi (si pensi solo alla normativa sulla valutazione delle performance, portatrice di risultati pressoché nulli dopo 15 anni dalla sua promulgazione). Oggi come oggi, a citare le attività di controllo del Congresso U.S.A. attraverso il G.A.O. (vedi qui) o quelle del Parlamento inglese attraverso il N.A.O. (vedi qui “Come il Parlamento inglese controlla la burocrazia pubblica“) si rischia di essere ridicolizzati come esterofili o, peggio, sognatori. Per cui, teniamoci un sistema parlamentare in cui è sovrabbondante la funzione di produzione delle leggi e rachitica l’altra funzione fondamentale di controllo dell’Esecutivo. La qual cosa, fra i tanti danni, provoca sempre, in occasioni di scandali come quello in corso, un riflesso “regolativo” consistente nella produzione di altre norme, invece di potenziare i sistemi di controllo democratico efficienti nelle burocrazie pubbliche estere.
Giuseppe Beato
GIP Tribunale di Roma Ordianza di misure cautelari 20 dic 2023