Lo spoils system italiano: a che punto è la notte

Excursus sulle “pietruzze” che svuotano il ruolo dei dirigenti pubblici

Vale la pena ricordare l’origine del termine “spoils system”, ormai purtroppo entrato nel “parlare comune” in dottrina e in giurisprudenza nazionale.

Il “sistema delle spoglie” fu introdotto negli Stati Uniti nel 1828 dal presidente Andrew Jackson: “to the victor belong the spoils“, cioè, ad ogni elezione presidenziale il nuovo presidente rinnovava completamente i quadri amministrativi della burocrazia federale, dai vertici agli impiegati, licenziando chi era in servizio e immettendo persone di sua fiducia che lo avevano supportato nella campagna elettorale.

Cinquantacinque anni dopo, quel sistema di reclutamento fu abolito; nell’anno 1883 il cosiddetto Pendleton Act (vedi qui) introdusse il merit system basato sul reclutamento di tutti i dipendenti pubblici attraverso concorso (vedi qui un’esauriente ricostruzione), a conclusione di un fervente dibattito politico in cui prevalse la seguente motivazione di fondo: lo spoils system induce per definizione comportamenti corruttivi che un sistema democratico sano deve evitare sopra ogni altra preoccupazione. La possibilità di rinnovare i quadri amministrativi rimase solo per le posizioni di vertice, ma anche questa facoltà presidenziale rimane lì temperata da una valutazione preventiva del Senato U.S.A. sulle persone proposte dal presidente: ci si riferisce all’istituto dell'”Advice and Consent” previsto dall’articolo 2, sezione 2, della Costituzione statunitense, che consente al Senato di respingere la proposta presidenziale. In ultimo, va precisato che in nessun altro paese occidentale si è mai attuato lo spoils system, se non nei limiti appena specificati.

Perché allora in Italia si utilizza il termine “spoils system” 140 anni dopo la sua abolizione? Semplice e triste il motivo: perché da noi sopravvive intatto l’uso manzoniano del “latinorum”, utilizzato da don Abbondio per ingannare il povero Renzo Tramaglino: utilizzare un termine straniero per nascondere un atto di prevaricazione. La prevaricazione, nel caso dell’utilizzo del termine “spoils system”, consiste nell’occultare il vero significato dell’operazione che è il seguente: sottrarre alla dirigenza pubblica di carriera reclutata con concorso  le sue facoltà naturali – attive in tutte le democrazie – di gestire in autonomia tutte le attività e i provvedimenti di attuazione degli obiettivi determinati dalla politica.

L’altra modalità di prevaricazione è anch’essa classica: si proclama ad alta voce e per legge il principio di separazione di ambiti fra direzione politica e attuazione amministrativa, gettando in seguito, con leggine sparse qui e là, una serie di “pietruzze” che , messe insieme, vanificano il principio generale dichiarato.

Di seguito si effettua una ricognizione di queste “pietruzze”, che continuano ad essere lanciate a intervalli regolari con leggi della Repubblica da 25 anni a questa parte.

Diposizioni legislative a presidio dello “spoils system” italiano :

1)  modalità di conferimento delle funzioni attraverso incarichi dirigenziali di breve durata;

2) modalità di reclutamento di dirigenti senza concorso;

3) caducabilità degli incarichi dirigenziali anche in corso di svolgimento;

4) cooptazione nella dirigenza di carriera di funzionari di ruolo a tempo indeterminato con “procedure comparative” interne autogestite.

Ognuno di questi quattro strumenti consente di disporre di una burocrazia pubblica non autonoma, non stabile, non imparziale.

  1. Breve e non rinnovabile durata dell’incarico

Con questa forma di “spoils system” si vanifica il collegamento stretto fra permanenza/stabilità nelle funzioni,  performance realizzate e osservanza delle direttive impartite; si consente, invece, ai vertici delle pubbliche amministrazioni di disporre delle funzioni dirigenziali attraverso la breve durata degli incarichi e la facoltà – svincolata da criteri – di non rinnovarli .

Art. 19, comma 2, del d. lgs. 165/2001 (dirigenti di carriera delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, compresi pertanto gli enti locali):

la durata dell’incarico, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati e che, comunque, non può essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di cinque anni

Art. 99, comma 2, del d. lgs 267/2000 (segretari comunali e provinciali):

la nomina ha durata corrispondente a quella del mandato del sindaco o del presidente della provincia che lo ha nominato. Il segretario cessa automaticamente dall’incarico con la cessazione del mandato del sindaco e del presidente della provincia (la sentenza della Corte Costituzionale n. 23 del 22 feb 2019  ha riconosciuto legittima la disposizione – vedi qui il testo)

Art.15-ter del D: les. 502/92 (incarichi dirigenziali al personale medico, amministrativo e tecnico del SSN):

Gli incarichi hanno durata non inferiore a tre anni e non superiore a sette , con facoltà di rinnovo“.

Art. 9 , comma 32, del D.L.  78/2010, convertito in Legge 122/2010 (facoltà di non confermare l’incarico alla scadenza):

Le pubbliche amministrazioni…..che, alla scadenza di un incarico di livello dirigenziale, anche in dipendenza dei processi di riorganizzazione, non intendono, anche in assenza di una valutazione negativa, confermare l’incarico conferito al dirigente, conferiscono al medesimo dirigente un altro incarico, anche di valore economico inferiore.

  1. Reclutamenti dirigenziali senza concorso – dilatazione dei limiti costituzionali di tolleranza

Le disposizioni che si riportano qui sotto consentono di collocare senza concorso in posti dirigenziali pubblici persone che, differentemente da altre legislazioni che limitano l’oggetto degli incarichi senza concorso pubblico alle sole funzioni di supporto alla pianificazione e al controllo, in Italia possono essere assegnate anche a funzioni “sensibili”, quali  patrimonio, appalti, personale, contabilità.

Art. 19, comma 6, del d. lgs. 165/2001 (incarichi a tempo determinato a persone – esterne all’amministrazione – di particolare e comprovata qualificazione professionale)

“Gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all’articolo 23 e dell’8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dal presente comma. La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di cinque anni“. (La locuzione “non può eccedere” comporta che l’incarico può essere legittimamente fissato in una durata minore ai tre o cinque anni, anche di un mese – n.d.r.)

Art. 110 , commI 1 e 3, del d. lgs. 267/2000  (incarichi dirigenziali a tempo determinato negli enti locali):

Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato. Per i posti di qualifica dirigenziale, il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi definisce la quota degli stessi attribuibile mediante contratti a tempo determinato, comunque in misura non superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica.” “I contratti di cui ai precedenti commi non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica.” 

Art. 1, comma 15, del DL 80/2021 convertito in Legge 113/2021 (incarichi dirigenziali per l’attuazione del PNRR)

“Le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, impegnate nell’attuazione del PNRR possono derogare, fino a raddoppiarle, alle percentuali di cui all’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai fini della copertura delle posizioni dirigenziali vacanti relative a compiti strettamente e direttamente funzionali all’attuazione degli interventi del Piano.”

Art. 1, comma 1, del DL 44/2023, convertito in Legge 74/2023 (estensione della percentuale di reclutamenti senza concorso per tutte le amministrazioni pubbliche: si deve considerare la “base di riferimento e calcolo” per le assunzioni di cui al comma precedente)

“All’articolo 1, comma 15, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Fino al 31 dicembre 2026, per le predette amministrazioni, per la copertura dei posti delle rispettive articolazioni che rivestono la qualifica di soggetti attuatori del PNRR, le quote di cui all’articolo 19, comma 6, del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001, riferite agli incarichi dirigenziali generali e non generali, si applicano nella misura del 12 per cento.». 

  1. Caducabilità di tutti gli incarichi dirigenziali

La possibilità di rimuovere i dirigenti prima della scadenza degli incarichi si estende anche agli atti generali di organizzazione, a valle dei quali i vertici politico-amministrativi di tutte le pubbliche amministrazioni possono disporre la rotazione di tutti incarichi dirigenziali, non solo quelli apicali (art. 2 , comma 1, d. lgs. 165/2001). Questa misura viene – ormai quasi sempre – attivata in occasione del cambio dei vertici, ma può essere reiterata anche più volte senza limite alcuno. Costituisce oggi un modo classico per collocare nelle posizioni sensibili i dirigenti più “affidabili” e allontanare altri dirigenti non ritenuti di fiducia (si veda qui fra i tanti il caso recente del Ministero della Cultura).

Art. 2, comma 1, d. lgs 165/2001 (linee fondamentali di organizzazione degli uffici)

Le amministrazioni pubbliche definiscono, secondo principi generali fissati da disposizioni di legge e, sulla base dei medesimi, mediante atti organizzativi secondo i rispettivi ordinamenti, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici; individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; determinano le dotazioni organiche complessive.”

Art. 1, comma 18, del D.L. 138/2011 convertito in Legge 148/2011:

“Al fine di assicurare la massima funzionalita’ e flessibilita’, in relazione a motivate esigenze organizzativele pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono disporre, nei confronti del personale appartenente alla carriera prefettizia ovvero avente qualifica dirigenziale, il passaggio ad altro incarico prima della data di scadenza dell’incarico ricoperto“.

  1. I percorsi di carriera interni nelle amministrazioni pubbliche

L’esame di quest’aspetto dello spoils system italiano è particolarmente insidioso perché entra nel vivo delle influenze politico-sindacali che operano all’interno delle amministrazioni pubbliche. La grande rilevanza a livello nazionale di alcune di queste ha presumibilmente consentito alcune forzature legislative nella previsione delle regole di conduzione dei percorsi di carriera verso la dirigenza; tale operazione avviene tramite tre strumenti: a) la cooptazione nella dirigenza senza concorso di funzionari interni delle amministrazioni; b) le disposizioni sulla riserva dei posti; c) le disposizioni sulle commissioni di concorso, non coerenti col principio generale dell’esternalità e neutralità delle commissioni.

a) La cooptazione nella dirigenza  di funzionari interni senza concorso

Art. 19, comma 6, D.lgs. 165/2001 (conferimento incarichi dirigenziali a tempo determinato senza concorso)

Tali incarichi sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che…….abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche……e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza”.

L’esperienza concreta, a vent’anni dalla sua promulgazione, ha dimostrato che questa famigerata disposizione, lungi dal favorire un afflusso dal mondo privato di professionalità originali, è stata utilizzata in magna pars per collocare personale interno,- senza concorso e con possibilità di rinnovo ad libitum –  “fiduciario”  dei vertici politici delle amministrazioni – in posizioni amministrative “sensibili”.

b) La riserva dei posti

Art. 3, comma 3, del DL 80/2021, convertito in Legge 113/2021, che ha introdotto un comma  1ter all’art 28 del D lgs 165/2001 (45% dei posti riservati a personale interno e dirigenti a tempo determinato)

1-ter. Fatta salva la percentuale non inferiore al 50 per cento dei posti da ricoprire, destinata al corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola nazionale dell’amministrazione, ai fini di cui al comma 1, una quota non superiore al 30 per cento dei posti residui disponibili sulla base delle facoltà assunzionali autorizzate è riservata da ciascuna pubblica amministrazione al personale in servizio a tempo indeterminato, in possesso dei titoli di studio previsti a legislazione vigente e che abbia maturato almeno cinque anni di servizio nell’area o categoria apicale. Il personale di cui al presente comma è selezionato attraverso procedure comparative bandite dalla Scuola nazionale dell’amministrazione, che tengono conto della valutazione conseguita nell’attività svolta, dei titoli professionali, di studio o di specializzazione ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso alla qualifica dirigenziale, e in particolar modo del possesso del dottorato di ricerca, nonché della tipologia degli incarichi rivestiti con particolare riguardo a quelli inerenti agli incarichi da conferire e sono volte ad assicurare la valutazione delle capacità, attitudini e motivazioni individuali. Una quota non superiore al 15 per cento è altresì riservata al personale di cui al periodo precedente, in servizio a tempo indeterminato, che abbia ricoperto o ricopra l’incarico di livello dirigenziale di cui all’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.  A tal fine, i bandi definiscono gli ambiti di competenza da valutare e prevedono prove scritte e orali di esclusivo carattere esperienziale, finalizzate alla valutazione comparativa e definite secondo metodologie e standard riconosciuti. A questo scopo, sono nominati membri di commissione professionisti esperti nella valutazione dei suddetti ambiti di competenza, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.». 

Le legge,quindi, dispone per i posti dirigenziali nelle amministrazioni statali, agenzie ed enti pubblici non economici una riserva di oltre il 45% dei posti a concorso a personale non dirigenziale o dirigenziale a tempo determinato non di carriera. Per la precisione, come disposto dalla lettera dell’articolo sotto riportato: 50% per i vincitori esterni del corso-concorso pubblico bandito/gestito dalla SNA, il 30%  al personale in servizio a tempo indeterminato, il 15% a dirigenti non di carriera a tempo determinato assunti dall’esterno senza concorso; evidente come la percentuale da ultimo ricordata garantisca, salvo infortuni clamorosi, la buona riuscita della prova selettiva interna.

La percentuale del 45%  dei posti garantita al personale interno, se da una parte risponde alla giusta necessità di offrire una prospettiva di carriera ai funzionari di ruolo che si sono distinti, d’altra parte, per l’esagerata consistenza della percentuale prevista, produce oggi la metà dei nuovi dirigenti con un’età media sopra ai cinquant’anni; ciò penalizza le altrettanto vitali necessità di rinnovamento delle pubbliche amministrazioni italiane e ha il sapore di un riconoscimento dell’”esperienza e anzianità” che, a parole (e sbagliando), si dichiara sempre di voler superare. In altri termini, il difficile mix fra “tutela dell’esistente” e innovazione viene fatto pendere pesantemente sul primo dei due corni dell’argomento.

Art. 28, comma 1-bis, del DL 75/2023, convertito in Legge 112/2023, che modifica l’art. 28 del D lgs 165/2001 (concorsi pubblici oer dirigenti di carriera degli enti locali)

La legislazione recente ci ha regalato un’altra perla.

Gli enti locali possono prevedere, nel limite dei posti disponibili della vigente dotazione organica e in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni, di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell’ambito dei concorsi pubblici per il reclutamento di personale dirigenziale, una riserva di posti non superiore al 50 per cento da destinare al personale, dirigenziale e non dirigenziale, che abbia maturato con pieno merito almeno trentasei mesi di servizio, anche non continuativi, negli ultimi cinque anni e che sia stato assunto a tempo determinato previo esperimento di procedure selettive e comparative a evidenza pubblica, o al personale non dirigenziale che sia in servizio a tempo indeterminato per lo stesso periodo di tempo. Le assunzioni di personale di cui al presente comma sono effettuate a valere sulle facoltà assunzionali di ciascuna amministrazione disponibili a legislazione vigente”.

Si possono proporre osservazioni in tutto analoghe a quelle svolte più su, con la sola differenza del limite ufficiale del 50% della gestione interna dei posti messi negli enti locali a concorso per la carriera dirigenziale e con l’aggravante che al personale non dirigenziale in servizio a tempo indeterminato non vengano richiesti i titoli professionali, di studio o di specializzazione ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso alla qualifica dirigenzialecome previsto nella disposizione citata più sopra per le amministrazioni statali. La professionalità manageriale, le competenze, le conoscenze sono solo un optional in una parte consistente della burocrazia italiana.

c) Le modalità di selezione

Gli articoli di legge da ultimo riportati suscitano gravi perplessità in ordine ai soggetti che devono condurre la selezione (“membri di commissione professionisti esperti”). Chi sono costoro? Il decreto del ministro della Pubblica Amministrazione del 28 ottobre 2022 (vedi qui) conferma che devono essere scelti fra “tecnici esperti nella valutazione delle competenze trasversali”. Rimane impregiudicato il particolare più importante: chi nomina queste commissioni selezionatrici? La questione è stata “messa in ghiaccio” da opportune disposizioni  legislative.

Art. 28-ter, comma 1, del DL 75/2023, convertito in Legge 112/2023, che modifica l’art. 28 del D lgs 165/2001

Al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 28, comma 1-ter, quarto periodo, dopo le parole: “i bandi” sono inserite le seguenti: “che possono essere adottati anche dalle singole amministrazioni,”;

E’ riconosciuta alle singole amministrazioni, non solo la facoltà di indire concorsi (art. 28, comma 1, d lgs 165/2001), ma anche i bandi e, contestualmente ai bandi, la facoltà di designare i componenti delle commissioni per le procedure comparative relative alla metà degli aspiranti alla dirigenza pubblica di carriera. Il gioco è fatto! Nessuno si sogna di fare presente che nelle burocrazie ben funzionanti le operazioni inerenti ai concorsi pubblici per la dirigenza sono demandate a soggetti terzi ed esterni alle singole amministrazioni – si pensi solo alla Civil Service Commission britannica (vedi qui) o all’Office of Personal Management statunitense (vedi qui alla pagina 54). Intuitivo il motivo: demandare alle singole amministrazioni pubbliche le competenze connesse all’applicazione dell’articolo 97 della nostra Costituzione significa abbandonare i concorsi/selezioni alle “voci di dentro” (cit. Sabino Cassese ed Edoardo De Filippo)!

 Cosa ha a che vedere tutto ciò con lo spoils system italiano? Semplice: le “voci di dentro” che prevalgono in una amministrazione pubblica sono quelle dei vertici politico-amministrativi e delle rappresentanze sindacali maggiori (che hanno una base di consenso interno da dover preservare). E’ problematico che, in tale contesto, i valori del merito e della managerialità prevalgano nella scelta della metà dei dirigenti pubblici di carriera italiani. Troppo forti e prevalenti risultano i condizionamenti “fiduciari”, a partire dalla scelta dei componenti delle commissioni interne.

Conclusioni

Solo chi è dotato di pazienza e cocciutaggine può cimentarsi nella ricerca delle “pietruzze” legislative (non considerando quelle ancora più piccole  riguardanti singoli ministeri, enti, regioni o enti locali) che, una dopo l’altra, hanno man mano vanificato nel nostro Paese  il principio dell’autonomia e della stabilità della dirigenza pubblica. Chi svolga, per diletto o per dovere, una tale ricognizione, inevitabilmente concluderà che il “combinato disposto” delle innumerevoli disposizioni legislative definite come “pietruzze” ha generato nel tempo una norma generale unica di diritto, valida ovunque e per tutti: l’articolo 97 della Carta Costituzionale va sempre citato, dichiarato, proclamato e ossequiato, ma può essere agevolmente eluso con tante pietruzze legislative confezionate nei gabinetti dei ministeri.

Va anche sottolineato il fatto che le osservazioni di cui sopra sono state già perfettamente delineate dal prof. Sabino Cassese, 17 anni fa in una lectio Magistralis tenuta all’Universaità Suor Orsola di Benincasa di Napoli (vedila qui nel testo integrale) e più recentemente da saggi perfettamente articolati, a cura di dei professori Stefano Battini (vedi “Fenomenologia dello spoils system: un nuovo Stato patrimoniale? su Rivista trimestrale di Diritto Pubblico n. 3/2023), Valerio Talamo (vedi ex multisLa carriera nel lavoro pubblico privatizzato dopo il decreto reclutamentosu Giornale di Diritto amministrativo n. 6/2023) e Benedetto Cimino (vedi  “La stabillizzazione dei precari e la precarizzazione dei dirigenti” su GdA n. 4/2019 e “Il completamento del percorso di dequotazione del pubblico concorso su GdA n. 1/2022). Gli articoli da ultimo citati NON possono essere qui ripresi per la riserva sui diritti d’autore imposta dalle casi editrici.

I diritti d’autore, ineccepibilil e previsti da legge, sono comunque un elemento aggravante a proposito di un dibattito di idee “ben controllato e ben governato”.  La circolazione asfittica di studi e ricerche sulla burocrazia pubblica è limitata nel nostro Paese a rari articoli di fondo sui quotidiani nazionali (che “volano alto” e impediscono una conoscenza approfondita dei problemi) e a una dialettica di idee sulle riviste giuridiche riservata a un ristretto areopago di saggi. Gli spunti, spesso preziosi, che lì si possono trovare hanno una circolazione per iniziati che rende facilmente eludibili le opinioni critiche emergenti dei giuristi che lì vi scrivono, da parte di altri giuristi che, di volta in volta, si trovano ad occupare posizioni di responsabilità istituzionale. Discende anche da qui una dimensione delle pubbliche amministrazioni italiane di staticità inespugnabile e una tenace resilienza nei vizi d’impostazione di fondo, inaccettabile ma capace di resistere nei decenni come una pozione velenosa.

Giuseppe Beato

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