Global service ed esternalizzazione della gestione del patrimonio immobiliare: la relazione della Corte dei Conti

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La Corte dei conti, con la deliberazione del 25 maggio 2017 ha passato in rassegna, con riguardo alle Amministrazioni statali, le modalità di affidamento all’esterno e di gestione in “global service” della gestione del patrimonio immobiliare Continua a leggere

“La corruzione nasce dalla politica”

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Nel rinviare all’intervista di ieri 14 marzo del Presidente dell’autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone a “La Repubblica” –  vedi qui testo completo, ne evidenziamo qui gli aspetti strettamente attinenti al funzionamento delle pubbliche amministrazione. Continua a leggere

La corruzione nelle pubbliche amministrazioni e i bachi legislativi.

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Nella vicenda dell’Amministrazione comunale di Lodi – in cui è stato incriminato e arrestato il sindaco Simone Uggetti per aver truccato il bando di gara per la gestione delle piscine comunali – c’è solo un elemento positivo:il senso morale di Caterina Uggè, la funzionaria del Settore Istruzione, cultura e sport, la quale, pur intimidita dal Sindaco, ha trovato il coraggio di rivolgersi alla Magistratura e di denunciarne le malefatte facendo emergere uno dei tanti casi di ordinaria corruzione che prosciugano ogni giorno le nostre finanze pubbliche e riducono al lumicino i livelli etici esistenti in Italia – vedi qui la vicenda di Caterina Uggè. Continua a leggere

Crozza, Sabino Cassese e la riforma delle pubbliche Amministrazioni.

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Crozza e i fannulloni pubblici – Video del 19 gennaio 2016.

Quando un comico del calibro e del seguito popolare di Maurizio Crozza mette sotto tiro gli impiegati pubblici e afferma esplicitamente che, per trovarne qualcuno che lavora, “bisogna andare a Berlino“, allora significa che egli in qualche modo interpreta e dà voce alla “pancia” di una grande fetta di opinione pubblica del nostro Paese. Soprattutto di questo deve prendere atto chi si occupa di pubblica amministrazione e i tanti che dentro lavorano onestamente….la casa, in qualche modo, brucia…e l’opinione pubblica è alle porte. A poco valgono una serie di altre possibili osservazioni: ciò che prevale é la demagogia dimostrata in quest’occasione dal Governo nel giustapporre e confondere il problema – che esiste – dei fannulloni con la riforma della pubblica amministrazione.

Ai tanti che giustamente puntano il dito sui truffatori che rubano denaro pubblico manomettendo i controlli delle presenze vorremmo fare una sola specifica domanda: “Crede lei che, facendo un’auspicabile pulizia completa dei furbetti che sguazzano nell’amministrazione pubblica, sarà risolto il problema dell’efficienza e del buon andamento della stessa?“. Noi, dal di dentro di questa macchina inceppata e ostile, Le rispondiamo che: “Sarà risolto un fondamentale problema di moralità pubblica, questo SI. Ma che No, la lotta ai fannulloni, pur sacrosanta e da appoggiare, non risolverà di un’unghia i problemi delle pubbliche amministrazioni“. Perché? Perché nessun Governo di questo Paese, dal primo dopoguerra in poi (si veda di Guido Melis: Il riformismo amministrativo italiano: una storia di vinti.) ha saputo mai trovare un paradigma condivisibile e condiviso di gestione delle pubbliche Amministrazioni, in grado di dosare nei giusti equilibri ruolo dello Stato e ruolo delle Autonomie locali, esigenze di efficienza e qualità con esigenze di garanzia e legittimità della spesa, che sapesse regolare i sistemi di controllo delle PPAA, la valutazione dei suoi dipendenti, ma anche delle Amministrazioni stesse, che sapesse inculcare nel DNA delle Amministrazioni pubbliche quell’ethos di Servitori del cittadino, indispensabile in un sistema costituzionale moderno. Potremmo continuare, perché la massa dei problemi in campo è enorme e non risolvibile a colpi di decreto o di spot elettorali. Meglio di noi Sabino Cassese,  in un suo fondo pubblicato ieri 23 gennaio 2016 sul Corriere della Sera, ci spiega come le riforme amministrative vanno non solo scritte, ma seguite e gestite nei tempi non brevi della loro buona attuazione…….Come avviene negli altri Stati occidentali avanzati, che pianificano in termini di lustri il programma di azioni e di risultati da portare a compimento.

 Sabino Cassese – I burocrati e il passo che manca.

Roma Mafia – Tre questioni di natura amministrativa.

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Dallo scandalo Roma mafia, a proposito del quale l’evento futuro da temere su tutti è che venga progressivamente dimenticato e derubricato, emergono tre temi specifici riguardanti il funzionamento della pubblica amministrazione. Tali temi sono: 1) il controllo sugli atti degli Enti locali; 2) la confusione, elusione delle norme che regolano il lavoro pubblico (concorsi, assunzioni, rapporti di lavoro, controlli, bilanci, procedure d’appalto, spese in genere)  attraverso l‘esternalizazione di compiti istituzionali a società partecipate operanti in regime di diritto privato; 3) lo status giuridico dei dirigenti coinvolti nello scandalo. Continua a leggere

GUIDO MELIS – SERVONO ANCORA I PREFETTI?

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Pubblichiamo un intervento sul “Sole 24 ore” del 6 maggio 2014 di Guido Melis, professore universitario alla Sapienza di Roma ed ex deputato del Partito democratico nella scorsa legislatura, sulla funzione delle Prefetture e sulla prevista diminuzione del loro numero a 40.

 PREFETTURE IMPORTANTE RUOLO DI RACCORDO

Alle considerazioni del prof. MELIS sulla necessaria funzione di raccordo svolta dalle Prefetture fra governo centrale e Autonomie locali, ne aggiungiamo una ulteriore di contesto: il “modello di riferimento teorico di lettura della pubblica amministrazione” che prevale ormai nelle fila del Governo Renzi (rappresentato in parte prevalente da ex amministratori locali, cominciando dallo stesso Presidente del Consiglio) è intriso da una forte insofferenza per “lo Stato centrale” – i “Ministeri”, i “Sovrintendenti alle belle arti”, le “Prefetture”, i “Segretari comunali”(che hanno la colpa storica di essere transitati dai ruoli del Ministero dell’Interno”). Con una visione fortemente partigiana, a loro si imputano tutti gli impacci che rallentano l’azione delle Autonomie locali e, alla fine, la riforma stessa della pubblica amministrazione. E’ una visione errata e fuorviante che, come al solito, tende a gettare il bambino insieme all’acqua sporca. Se una certa istituzione presenta dei problemi, l’impulso prevalente é sempre quello di “levarla di mezzo”, piuttosto che riformarla e renderla consona ai tempi. Grave errore. E mancanza di prospettiva ampia. Si ritiene che i problemi della pa siano annidati solo nell’Amministrazione centrale. Invece, le società partecipate, lo smantellamento dei controlli sugli atti di spesa avvenuto negli ultimi dieci anni, i mille piccoli e grandi rivoli di corruzione presenti in tutta la pubblica amministrazione, le lentezze e i ritardi anche negli atti di Regioni e Comuni consiglierebbero di non orientare l’opinione pubblica all’individuazione del solito colpevole, ma di procedere alla valutazione e risoluzione dei problemi lì dove si presentino.

il nostro programma

UNA NUOVA ETICA PUBBLICA PER LA RIFORMA DELLA POLITICA

La vita pubblica italiana, oggi, è corrosa dalla distorsione di ogni forma di potere pubblico dalla realizzazione dei fini istituzionali agli scopi particolari del detentore di quel potere.
Questa distorsione, nel nostro Paese, ha raggiunto dimensioni intollerabili. In tutti i Paesi civili le classi dirigenti perseguono, oltre agli interessi generali, anche il proprio interesse, individuale, di parte o di ceto, se non altro a restare al potere. In Italia, però, si è verificato un ribaltamento: gli scopi particolari diventano sempre più importanti e visibili rispetto ai fini istituzionali, ovvero agli interessi generali del Paese. Dai conflitti di interesse al voto di scambio, dalle leggi ad personam alla proliferazione di cariche, elettive e non, dallo spoils system alle assunzioni clientelari fino allo spionaggio privato di pezzi dei servizi segreti. Questa distorsione, infatti, investe tutti: i partiti, le istituzioni rappresentative, gli organi di governo, gli apparati dello Stato, le amministrazioni pubbliche.
E’ necessario, perciò, assumere come obiettivo esplicito di una riforma della politica la riconduzione dei poteri pubblici ai loro fini istituzionali, ovvero al perseguimento degli interessi generali, secondo il principio costituzionale del buon andamento, ovvero di un rapporto razionale tra mezzi e fini. Sapendo che i fini sono le condizioni del vivere civile: la sanità, la sicurezza, l’ istruzione, la giustizia, lo sviluppo e i mezzi sono risorse economiche, per definizione limitate.
La politica deve tornare a produrre sintesi, superando la mera intermediazione tra gli interessi particolari, con un ceto politico ridotto a corporazione tra le corporazioni. Occorre tornare a ricostruire, partendo dagli interessi particolari, un tessuto comune di valori ed interessi più ampi; certo, in un mondo in rapida evoluzione, le sintesi saranno comunque parziali e transitorie, ma non si può rinunciare al lavoro continuo, a tutti i livelli, per mantenere e ricostruire i punti d’appoggio e le linee di sviluppo del vivere civile. Contrastando la frammentazione, i particolarismi, le contrapposizioni identitarie, gli egoismi corporativi e localistici, arrivando a produrre le decisioni necessarie nei tempi utili. Una politica che diventi governo, a tutti i livelli, ed un governo che si faccia Stato.
La riforma della politica è necessariamente collegata alla riforma delle pubbliche amministrazioni. Né c’è riforma dell’ amministrazione senza riforma della politica. Nonostante la distinzione di legge, che affida alla politica gli indirizzi ed alla amministrazione la gestione, le due sfere sono strettamente connesse e soprattutto, oggi, sono complici nella logica dell’ autoreferenzialità, ovvero dell’ uso del potere per i propri scopi particolari. Le amministrazioni pubbliche sono state investite da un processo di riforma che continua da quindici anni senza produrre risultati di rilievo, perché è mancata la riforma della politica e dunque si è rafforzata, e non indebolita, la logica dell’ autoreferenzialità. L’ indirizzo della privatizzazione, aumentando la discrezionalità e riducendo regole e controlli, ha aperto nuovi, vasti spazi all’ uso distorto del potere pubblico. Dalla proliferazione di società “ private “ controllate da Enti ed istituzioni pubbliche, alla crescita abnorme delle consulenze, fino allo spoils system per ogni posto e funzione dirigenziale, comprese quelle più tecniche, come i primari ospedalieri. In questo quadro, la contrattazione collettiva per il personale delle pubbliche amministrazioni, comunque non soggette alla verifica del mercato, è rimasta, nella sostanza, uno scambio consociativo tra politica e sindacati, di consenso elettorale dei dipendenti a fronte della concessione di miglioramenti retributivi e normativi, con pochi effetti sul buon andamento delle amministrazioni.

Il primo fondamento della riforma della politica deve essere una nuova etica pubblica.
Per superare l’ autoreferenzialità dei partiti, delle istituzioni, delle amministrazioni, riorientando questi diversi segmenti della vita pubblica alla soddisfazione delle esigenze reali del Paese, attraverso il confronto aperto tra le diverse concezioni e posizioni, l’ assunzione della responsabilità delle scelte, l’ attuazione di queste secondo un riparto razionale di attribuzioni e competenze.
Il nucleo centrale della nuova etica pubblica è l’ orientamento della coscienza del singolo titolare di un potere pubblico alla migliore realizzazione del suo compito istituzionale. Subordinando nettamente a questa realizzazione ogni suo fine particolare, immediato ma anche più ampio ed indiretto. Nella valutazione delle situazioni e nella assunzione delle decisioni il titolare del potere pubblico potrà e dovrà tener conto di opinioni, consigli, prese di posizione di altri soggetti, singoli o collettivi, ai quali è vicino o partecipa. Partiti, club, Chiese, sindacati, altre associazioni. Ma non facendosene vincolare in termini contrastanti con le scelte del proprio foro interiore, subendo ordini estranei al corretto funzionamento dell’ istituzione o dell’ amministrazione. Per i parlamentari la Costituzione esclude il vincolo di mandato ( art. 67 ) perché rappresentano la Nazione nel suo insieme. A maggior ragione, va escluso ogni vincolo filosofico, ideologico, religioso, di interesse privato. Lo stesso vale per tutti i membri di assemblee elettive.
I funzionari professionali sono anch’ essi al servizio esclusivo della Nazione ( art. 98 ); perciò, sono tenuti a rispettare le indicazioni ricevute dai livelli superiori dell’ amministrazione, esercitando le proprie facoltà di valutazione e di decisione limitatamente agli ambiti previsti dall’ ordinamento. Dentro tali ambiti, tuttavia, devono scegliere secondo coscienza, senza subire condizionamenti o vincoli, come i magistrati e gli ufficiali dei corpi ad ordinamento militare.

E’ necessario invertire la tendenza in atto ormai da molti anni, di distacco dei cittadini dalla politica e dai poteri pubblici, nonché di distacco della politica, dei ceti politici ed amministrativi, dai cittadini. Certo, la politica e l’ amministrazione richiedono risorse e professionalità, ma la crescita evidente ed abnorme degli addetti ai lavori e delle spese sta scavando un fossato tra politica, istituzioni e società civile, pericolosissimo per la nostra democrazia.
Una nuova etica pubblica richiede un intervento a livello culturale, per richiamare i singoli agenti all’ impegno verso i propri doveri istituzionali. Tuttavia, per democratizzare e rafforzare la politica, occorrono modificazioni strutturali: in sintesi, più partecipazione e meno poltrone.
Più partecipazione significa stimolare un maggiore impegno dei cittadini sui temi generali, superando l’ atteggiamento della delega alla leadership e le tentazioni dell’ impegno particolaristico a difesa del proprio cortile di casa. La partecipazione richiede di essere stimolata ed organizzata, fornendo e raccogliendo informazioni e valutazioni, trovando sedi ed occasioni di confronto. Vanno previste, in particolare:
– primarie per l’ individuazione dei candidati alle cariche elettive;
– consultazione dei cittadini sulle grandi scelte;
– informazione e rendicontazione, anche per via informatica, sull’ operato di istituzioni ed amministrazioni;
– discussione pubblica dei bilanci delle istituzioni;
– verifica pubblica dei risultati raggiunti dalle amministrazioni;
Meno poltrone significa:
– razionalizzazione delle istituzioni su tre livelli: Stato, Regione, Comune. Sul territorio, si decideranno le aggregazioni e le articolazioni dei Comuni, nel rispetto dei vincoli appresso indicati;
– riduzione generale dei membri delle assemblee elettive, ai tre livelli;
– definizione di tetti di spesa per gli organi costituzionali ed istituzionali, ai tre livelli;
– riduzione programmata dei finanziamenti pubblici agli apparati politici per spese elettorali, giornali, ecc. ( ad es.: 50 % in 5 anni )
– distinzione netta, nelle amministrazioni, tra personale di nomina politica, per la diretta collaborazione ai vertici politici, nominabile e revocabile a discrezione, entro un rigoroso tetto di spesa e personale di carriera, al servizio esclusivo della Nazione, assunto per concorso, promosso o revocato a seguito di valutazione obiettiva. Applicazione di tali regole anche a consorzi e società formati da istituzioni ed enti pubblici;
– applicazione dei principi di responsabilità e rendicontazione agli organi di vertice di tutti gli Enti ed amministrazioni, a tutti i livelli istituzionali, anche con l’ istituzione di una funzione di controllo sull’opportunità ed economicità delle scelte operate
– collegamento alla valutazione ed al merito della retribuzione e della carriera dei dirigenti, dei funzionari e di tutti i dipendenti pubblici.

Per alcuni obiettivi occorreranno leggi nazionali, per altri saranno necessarie leggi regionali od altri provvedimenti. Ciò che occorre, ora, è l’ assunzione di un indirizzo politico generale in questo senso, da parte delle forze politiche e sociali, per invertire la tendenza alla crescita abnorme di spese ed apparati, riorientare i titolari di poteri pubblici al corretto esercizio delle funzioni e soprattutto per ridare alla politica l’ autorità morale per poter chiedere al Paese gli impegni necessari al risanamento ed allo sviluppo.

SCHEDA DI ADESIONE ALL’ASSOCIAZIONE

nasce eticaPA

Vogliamo essere la comunità della Pubblica Amministrazione, una comunità al servizio del cittadino, che lavora al bene comune del Paese.

—–

Siamo un gruppo di funzionari e dirigenti della PA che pongono al centro del loro operato il bene del Paese. Noi vediamo il lavoro nella Pubblica Amministrazione come un servizio per i cittadini e con questa iniziativa vogliamo renderne partecipi tutti.

ADERISCI COMPILANDO LA SCHEDA ADESIONE 

UNA NUOVA ETICA PUBBLICA PER LA RIFORMA DELLA POLITICA

La vita pubblica italiana, oggi, è corrosa dalla distorsione di ogni forma di potere pubblico dalla realizzazione dei fini istituzionali agli scopi particolari del detentore di quel potere.

Questa distorsione, nel nostro Paese, ha raggiunto dimensioni intollerabili. In tutti i Paesi civili le classi dirigenti perseguono, oltre agli interessi generali, anche il proprio interesse, individuale, di parte o di ceto, se non altro a restare al potere. In Italia, però, si è verificato un ribaltamento: gli scopi particolari diventano sempre più importanti e visibili rispetto ai fini istituzionali, ovvero agli interessi generali del Paese. Dai conflitti di interesse al voto di scambio, dalle leggi ad personam alla proliferazione di cariche, elettive e non, dallo spoils system alle assunzioni clientelari fino allo spionaggio privato di pezzi dei servizi segreti. Questa distorsione, infatti, investe tutti: i partiti, le istituzioni rappresentative, gli organi di governo, gli apparati dello Stato, le amministrazioni pubbliche.

E’ necessario, perciò, assumere come obiettivo esplicito di una riforma della politica la riconduzione dei poteri pubblici ai loro fini istituzionali, ovvero al perseguimento degli interessi generali, secondo il principio costituzionale del buon andamento, ovvero di un rapporto razionale tra mezzi e fini. Sapendo che i fini sono le condizioni del vivere civile: la sanità, la sicurezza, l’ istruzione, la giustizia, lo sviluppo e i mezzi sono risorse economiche, per definizione limitate.

La politica deve tornare a produrre sintesi, superando la mera intermediazione tra gli interessi particolari, con un ceto politico ridotto a corporazione tra le corporazioni. Occorre tornare a ricostruire, partendo dagli interessi particolari, un tessuto comune di valori ed interessi più ampi; certo, in un mondo in rapida evoluzione, le sintesi saranno comunque parziali e transitorie, ma non si può rinunciare al lavoro continuo, a tutti i livelli, per mantenere e ricostruire i punti d’appoggio e le linee di sviluppo del vivere civile. Contrastando la frammentazione, i particolarismi, le contrapposizioni identitarie, gli egoismi corporativi e localistici, arrivando a produrre le decisioni necessarie nei tempi utili. Una politica che diventi governo, a tutti i livelli, ed un governo che si faccia Stato.

La riforma della politica è necessariamente collegata alla riforma delle pubbliche amministrazioni. Né c’è riforma dell’ amministrazione senza riforma della politica. Nonostante la distinzione di legge, che affida alla politica gli indirizzi ed alla amministrazione la gestione, le due sfere sono strettamente connesse e soprattutto, oggi, sono complici nella logica dell’ autoreferenzialità, ovvero dell’ uso del potere per i propri scopi particolari. Le amministrazioni pubbliche sono state investite da un processo di riforma che continua da quindici anni senza produrre risultati di rilievo, perché è mancata la riforma della politica e dunque si è rafforzata, e non indebolita, la logica dell’ autoreferenzialità. L’ indirizzo della privatizzazione, aumentando la discrezionalità e riducendo regole e controlli, ha aperto nuovi, vasti spazi all’ uso distorto del potere pubblico. Dalla proliferazione di società “ private “ controllate da Enti ed istituzioni pubbliche, alla crescita abnorme delle consulenze, fino allo spoils system per ogni posto e funzione dirigenziale, comprese quelle più tecniche, come i primari ospedalieri. In questo quadro, la contrattazione collettiva per il personale delle pubbliche amministrazioni, comunque non soggette alla verifica del mercato, è rimasta, nella sostanza, uno scambio consociativo tra politica e sindacati, di consenso elettorale dei dipendenti a fronte della concessione di miglioramenti retributivi e normativi, con pochi effetti sul buon andamento delle amministrazioni.

Il primo fondamento della riforma della politica deve essere una nuova etica pubblica.

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Chi siamo

Siamo un gruppo di funzionari e dirigenti della PA che pongono al centro del loro operato il bene del Paese. Noi vediamo il lavoro nella Pubblica Amministrazione come un servizio per i cittadini e con questa iniziativa vogliamo renderne partecipi tutti.

Abbiamo fondato circa 8 anni fa un’associazione libera e apartitica denominata  “Etica pubblica”. L’associazione dibatte i problemi della PA e la sua vita è da sempre caratterizzata da periodici incontri conviviali con personaggi politici e accademici che discutono con noi sui problemi di un Paese che ha smarrito il senso della sua direzione. Il presidente dell’ Associazione Etica PA è Antonio Zucaro, già direttore generale del Personale del Ministero della Pubblica istruzione, Consigliere del CNEL; il segretario dell’Associazione e direttore del sito è Giuseppe Beato, già direttore di Ragioneria e finanza dell’INPDAP e vice-presidente della CIDA Federazione pubblica.

UNA NUOVA ETICA PUBBLICA PER LA RIFORMA DELLA POLITICA

La vita pubblica italiana, oggi, è corrosa dalla distorsione di ogni forma di potere pubblico dalla realizzazione dei fini istituzionali agli scopi particolari del detentore di quel potere.

Questa distorsione, nel nostro Paese, ha raggiunto dimensioni intollerabili. In tutti i Paesi civili le classi dirigenti perseguono, oltre agli interessi generali, anche il proprio interesse, individuale, di parte o di ceto, se non altro a restare al potere. In Italia, però, si è verificato un ribaltamento: gli scopi particolari diventano sempre più importanti e visibili rispetto ai fini istituzionali, ovvero agli interessi generali del Paese. Dai conflitti di interesse al voto di scambio, dalle leggi ad personam alla proliferazione di cariche, elettive e non, dallo spoils system alle assunzioni clientelari fino allo spionaggio privato di pezzi dei servizi segreti. Questa distorsione, infatti, investe tutti: i partiti, le istituzioni rappresentative, gli organi di governo, gli apparati dello Stato, le amministrazioni pubbliche.

E’ necessario, perciò, assumere come obiettivo esplicito di una riforma della politica la riconduzione dei poteri pubblici ai loro fini istituzionali, ovvero al perseguimento degli interessi generali, secondo il principio costituzionale del buon andamento, ovvero di un rapporto razionale tra mezzi e fini. Sapendo che i fini sono le condizioni del vivere civile: la sanità, la sicurezza, l’ istruzione, la giustizia, lo sviluppo e i mezzi sono risorse economiche, per definizione limitate.

La politica deve tornare a produrre sintesi, superando la mera intermediazione tra gli interessi particolari, con un ceto politico ridotto a corporazione tra le corporazioni. Occorre tornare a ricostruire, partendo dagli interessi particolari, un tessuto comune di valori ed interessi più ampi; certo, in un mondo in rapida evoluzione, le sintesi saranno comunque parziali e transitorie, ma non si può rinunciare al lavoro continuo, a tutti i livelli, per mantenere e ricostruire i punti d’appoggio e le linee di sviluppo del vivere civile. Contrastando la frammentazione, i particolarismi, le contrapposizioni identitarie, gli egoismi corporativi e localistici, arrivando a produrre le decisioni necessarie nei tempi utili. Una politica che diventi governo, a tutti i livelli, ed un governo che si faccia Stato.

La riforma della politica è necessariamente collegata alla riforma delle pubbliche amministrazioni. Né c’è riforma dell’ amministrazione senza riforma della politica. Nonostante la distinzione di legge, che affida alla politica gli indirizzi ed alla amministrazione la gestione, le due sfere sono strettamente connesse e soprattutto, oggi, sono complici nella logica dell’ autoreferenzialità, ovvero dell’ uso del potere per i propri scopi particolari. Le amministrazioni pubbliche sono state investite da un processo di riforma che continua da quindici anni senza produrre risultati di rilievo, perché è mancata la riforma della politica e dunque si è rafforzata, e non indebolita, la logica dell’ autoreferenzialità. L’ indirizzo della privatizzazione, aumentando la discrezionalità e riducendo regole e controlli, ha aperto nuovi, vasti spazi all’ uso distorto del potere pubblico. Dalla proliferazione di società “ private “ controllate da Enti ed istituzioni pubbliche, alla crescita abnorme delle consulenze, fino allo spoils system per ogni posto e funzione dirigenziale, comprese quelle più tecniche, come i primari ospedalieri. In questo quadro, la contrattazione collettiva per il personale delle pubbliche amministrazioni, comunque non soggette alla verifica del mercato, è rimasta, nella sostanza, uno scambio consociativo tra politica e sindacati, di consenso elettorale dei dipendenti a fronte della concessione di miglioramenti retributivi e normativi, con pochi effetti sul buon andamento delle amministrazioni.

Il primo fondamento della riforma della politica deve essere una nuova etica pubblica.

Per superare l’ autoreferenzialità dei partiti, delle istituzioni, delle amministrazioni, riorientando questi diversi segmenti della vita pubblica alla soddisfazione delle esigenze reali del Paese, attraverso il confronto aperto tra le diverse concezioni e posizioni, l’ assunzione della responsabilità delle scelte, l’ attuazione di queste secondo un riparto razionale di attribuzioni e competenze.

Il nucleo centrale della nuova etica pubblica è l’ orientamento della coscienza del singolo titolare di un potere pubblico alla migliore realizzazione del suo compito istituzionale. Subordinando nettamente a questa realizzazione ogni suo fine particolare, immediato ma anche più ampio ed indiretto. Nella valutazione delle situazioni e nella assunzione delle decisioni il titolare del potere pubblico potrà e dovrà tener conto di opinioni, consigli, prese di posizione di altri soggetti, singoli o collettivi, ai quali è vicino o partecipa. Partiti, club, Chiese, sindacati, altre associazioni. Ma non facendosene vincolare in termini contrastanti con le scelte del proprio foro interiore, subendo ordini estranei al corretto funzionamento dell’ istituzione o dell’ amministrazione. Per i parlamentari la Costituzione esclude il vincolo di mandato ( art. 67 ) perché rappresentano la Nazione nel suo insieme. A maggior ragione, va escluso ogni vincolo filosofico, ideologico, religioso, di interesse privato. Lo stesso vale per tutti i membri di assemblee elettive.

I funzionari professionali sono anch’ essi al servizio esclusivo della Nazione ( art. 98 ); perciò, sono tenuti a rispettare le indicazioni ricevute dai livelli superiori dell’ amministrazione, esercitando le proprie facoltà di valutazione e di decisione  limitatamente agli ambiti previsti dall’ ordinamento. Dentro tali ambiti, tuttavia, devono scegliere secondo coscienza, senza subire condizionamenti o vincoli, come i magistrati e gli ufficiali dei corpi ad ordinamento militare.

E’ necessario invertire la tendenza in atto ormai da molti anni, di distacco dei cittadini dalla politica e dai poteri pubblici, nonché di distacco della politica, dei ceti politici ed amministrativi, dai cittadini. Certo, la politica e l’ amministrazione richiedono risorse e professionalità, ma la crescita evidente ed abnorme degli addetti ai lavori e delle spese sta scavando un fossato tra politica, istituzioni e società civile, pericolosissimo per la nostra democrazia.

Una nuova etica pubblica richiede un intervento a livello culturale, per richiamare i singoli agenti all’ impegno verso i propri doveri istituzionali. Tuttavia, per democratizzare e rafforzare la politica, occorrono modificazioni strutturali: in sintesi, più partecipazione e meno poltrone.

Più partecipazione significa stimolare un maggiore impegno dei cittadini sui temi generali, superando l’ atteggiamento della delega alla leadership e le tentazioni dell’ impegno particolaristico a difesa del proprio cortile di casa. La partecipazione richiede di essere stimolata ed organizzata, fornendo e raccogliendo informazioni e valutazioni, trovando sedi ed occasioni di confronto. Vanno previste, in particolare:

–   primarie per l’ individuazione dei candidati alle cariche elettive;

–   consultazione dei cittadini sulle grandi scelte;

–   informazione e rendicontazione, anche per via informatica, sull’ operato di istituzioni ed amministrazioni;

–    discussione pubblica dei bilanci delle istituzioni;

–    verifica pubblica dei risultati raggiunti dalle amministrazioni;

Meno poltrone significa:

–    razionalizzazione delle istituzioni su tre livelli: Stato, Regione, Comune. Sul territorio, si decideranno le aggregazioni e le articolazioni dei Comuni, nel rispetto dei vincoli appresso indicati;

–    riduzione generale dei membri delle assemblee elettive,  ai tre livelli;

–    definizione di tetti di spesa per gli organi costituzionali ed istituzionali, ai tre livelli;

–   riduzione programmata dei finanziamenti pubblici agli apparati politici per spese elettorali, giornali, ecc. ( ad es.: 50 % in 5 anni )

–    distinzione netta, nelle amministrazioni, tra personale di nomina politica, per la diretta collaborazione ai vertici politici, nominabile e revocabile a discrezione, entro un rigoroso tetto di spesa e personale di carriera, al servizio esclusivo della Nazione, assunto per concorso, promosso o revocato a seguito di valutazione obiettiva. Applicazione di tali regole anche a consorzi e società formati da istituzioni ed enti pubblici;

–   applicazione dei principi di responsabilità e rendicontazione agli organi di vertice di tutti gli Enti ed amministrazioni, a tutti i livelli istituzionali, anche con l’ istituzione di una funzione di controllo sull’opportunità ed economicità delle scelte operate

–  collegamento alla valutazione ed al merito della retribuzione e della carriera dei dirigenti, dei funzionari e di tutti i dipendenti pubblici.

Per alcuni obiettivi occorreranno leggi nazionali, per altri saranno necessarie leggi regionali od altri provvedimenti. Ciò che occorre, ora, è l’ assunzione di un indirizzo politico generale in questo senso, da parte delle forze politiche e sociali, per invertire la tendenza alla crescita abnorme di spese ed apparati, riorientare i titolari di poteri pubblici al corretto esercizio delle funzioni e soprattutto per ridare alla politica l’ autorità morale per poter chiedere al Paese gli impegni necessari al risanamento ed allo sviluppo.

ADERISCI COMPILANDO LA SCHEDA DI ADESIONE