“Che cosa resta dell’amministrazione pubblica?” e’ il titolo (che parla da solo) di un recente articolo di analisi dello stato della pubblica amministrazione italiana apparso sul numero 1/2019 della Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico e presente sul sito dell’IRPA (Istituto ricerche sulla pubblica amministrazione – vedi qui). Il pregio – merce rarissima – dell’approccio di Cassese e’ quello di non smettere di ricercare LE CAUSE dei disservizi della nostra malandata Burocrazia , senza tuttavia indulgere in scomposte ed esagitate denunce e l’acrimoniosa ricerca dei “colpevoli“, come e’ andazzo ormai comune (un nome su tutti: Sergio Rizzo).
E’ vero, purtroppo, che l’inefficienza delle pubbliche amministrazioni (Stato, Regioni e Comuni) e’ uno dei mali più’ grandi del nostro Paese e che a nulla approdano i tentativi di riforma che si susseguono da decenni. Lasciamo alla lettura dell’articolo l’esposizione delle cause esposte dal Professore.
Osserviamo, tuttavia, che nell’analisi non si tocca affatto un fattore che a noi sembra determinante per descrivere il quadro completo della malattia: ci riferiamo al disordine istituzionale generato da una malaccorta distribuzione e ripartizione dei poteri e delle competenze dello Stato centrale, delle Regioni e degli Enti Locali: questo vero e proprio marasma si e’ aggravato notevolmente con l’infelice riforma del Titolo V della Costituzione dell’anno 2001: nessuno nota che sono proprio le competenze confuse, frastagliate e regolate in modo difforme nei vari territori della Repubblica a generare i tempi e le modalità’ allucinanti di gestione dei servizi ai cittadini e alle imprese?
S.-Cassese-Che-cosa-resta-della-PA