E’ tempo dei 100 fiori! Quasi come in un vero dopoguerra, la mattanza procurata dalla pandemia induce un pò tutti e da tutte le direzioni a presentare DIAGNOSI e TERAPIE per i mali endemici del nostro Paese. Sabino Cassese in un’intervista su “il Foglio” dello scorso 26 maggio 2020 ha messo alla berlina uno degli slogan più in voga: la BUROCRAZIA origine di tutti i mali della Repubblica. Vengono citati una ventina di titoli shock dei grandi quotidiani e dichiarazioni politiche convergenti. Una delle più carine è “chiudere la burocrazia nel ripostiglio… per qualche mese”. La Burocrazia, la pubblica amministrazione come ingombro, come fantasma quotidiano che non si riesce ad eliminare. Quasi impossibile replicare che, ferme restando le insopportabili inefficienze diffuse del nostro sistema burocratico, la Burocrazia in un sistema economico avanzato occidentale ci vuole, è necessaria…quindi si tratta (si tratterebbe se veramente si volesse) di riformarla la burocrazia, non di eliminarla!
Ma riformarla come?
Lasciamo alla lettura dell’intervista a Cassese l’elencazione dei motivi per i quali è stupido per un ceto dirigente politico ed economico rifugiarsi dietro sul paravento della “burocrazia“, senza avere mai il coraggio di individuare le cause vere delle disfunzioni della pubblica amministrazione italiana (legislazione caotica e alluvionale, sistema di controlli pesante e poco efficace, status della dirigenza, intrico delle procedure, potremmo aggiungere noi altre cause così come delineate nel nostro recente documento – vedi qui). Ciò che non si vede, ci perdoni il professor Cassese, è uno straccio di proposte che si allontanino dalla generica petizione dei principi e si avventurino con coraggio nell’immaginazione dei rimedi. Si tratterebbe, ove ci fosse una reale e prevalente volontà di cambiare le cose, di andarsi umilmente a studiare le modalità di funzionamento di altre amministrazioni occidentali (U.S.A., Inghilterra, Francia, Germania), cercando di enucleare quelle caratteristiche di sistema che consentono ad una burocrazia statale e/o federale di funzionare bene; dopo di ciò, semplicemente adeguare quei principi alla realtà italiana. In ogni riforma occorsa negli ultimi 30 anni si è preferito invece creare regole artificiose e artificiali, senza confrontarsi con altre esperienze esterne di successo e scontrandosi con le dure e inoppugnabili smentite dei fatti. Ma in questo percorso di insuccessi ripetuti si é evidenziata una tradizione culturale del ceto imprenditoriale italiano, storicamente disinteressato ai casi della pubblica amministrazione, orientato da sempre ad evitarla e/o a “dribblarla” nella propria ottica di attività; mai interessato a spingere sulla politica perché l’azione burocratica si ponesse ai livelli degli altri stati occidentali. Nè la politica politicante ha mai compreso che, senza il volano di un’amministrazione efficiente, nessun obiettivo di policy è realisticamente raggiungibile.
La crisi endemica della Burocrazia italiana è un fatto culturale e politico, prima che organizzativo, e non se ne uscirà mai senza un radicale cambio di ottica e senza il coinvolgimento convinto dei ceti finanziario e imprenditoriale di questo Paese.
Giuseppe Beato
ODIATA BUROCRAZIA Cassese_26 maggio 2020_ilFoglio