La tutela di colui che segnala illeciti di cui si venga a conoscenza sul posto di lavoro – oggi regolata con legge del 20 novembre 2017, n. 179 (vedi testo) – è rivolta a chiunque compia un atto di grande civiltà, pur se relegato in alcuni contesti culturali a comportamento negativo dal punto vista “morale”. La tutela in questione, già prevista dalle leggi federali statunitensi con il Whistleblower Protection Act dell’anno 1989 (vedi), in Italia ha trovato un difficile percorso di avvio (vedi qui un intervento sulla questione di Raffaele Cantone, presidente dell’ANAC).
Può essere molto interessante osservare che la questione della segnalazione degli illeciti riguarda non solo i dipendenti pubblici ma anche le imprese. Da quest’angolazione riproduciamo un’intervista effettuata a un dirigente privato, nel numero di aprile 2018 della rivista online “Dirigente” di Manageritalia, nella quale sono esposti con dovizia di particolari i pericoli e le difficoltà serie cui andava incontro fino a poco tempo fa il dipendente che decideva di non essere corresponsabile morale di gravi illeciti di cui veniva a conoscenza. Ricordiamo, infine che la legge sopra citata prescrive fra l’altro: a) un sistema sanzionatorio in capo ad ANAC verso coloro i quali pongano in essere misure discriminatorie nei confronti di chi segnala illeciti; b) l’inversione a carico dell’amministrazione dell’onere di provare che le misure discriminatorie o ritorsive adottate nei confronti del segnalante sono motivate da ragioni estranee alla segnalazione; c) la qualificazione della segnalazione dell’illecito come “giusta causa” di rivelazione dei segreti d’ufficio, professionale, scientifico e industriale; d) la reintegrazione nel posto di lavoro del dipendente licenziato a motivo della segnalazione d’illecito.
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