La Corte costituzionale con la Sentenza n 37 del 25 febbraio 2015 – vedi qui il testo – ha messo una pietra tombale sul tentativo dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia delle Dogane di mantenere la prassi in atto da anni di forzare un principio costituzionale (articolo 97) reclutando in funzioni dirigenziali senza concorso pubblico: è stato , infatti, dichiarato incostituzionale l’articolo 8, comma 24, del decreto legge n 16/2012, convertito in Legge n 44/2012 – vedi qui il testo – che, in buona sostanza, rinviava a termini indefiniti l’applicazione del principio dell’assunzione dei dirigenti delle Agenzie solo tramite concorso pubblico, con la sola deroga consentita dell’articolo 19 comma 6 del d. lgs 165/2001.
La sentenza della Corte costituzionale consegue all’Ordinanza di rimessione sulla costituzionalità della norma in questione effettuata dal Consiglio di Stato – vedi qui Sent. n. 5451 del 2013 – a seguito dell’impugnativa alla sentenza del T.A.R. Lazio n. 6884/2011 (vedi qui testo) che aveva dichiarato illegittimo l’articolo 24 del Regolamento generale dell’Agenzia delle Entrate che consentiva “provvisoriamente“… “la stipula di contratti individuali di lavoro a termine” (vedi qui testo), senza indicare alcun termine. In buona sostanza l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle dogane eludevano da più di 10 anni il principio costituzionale del concorso pubblico e procrastinavano ad libitum l’indizione e/o la conclusione dei concorsi a dirigente già espletati mantenendo senza limiti di tempo in posti dirigenziali funzionari che mai avevano sostenuto un concorso pubblico per accedere alla funzione dirigenziale.
La sentenza della Corte costituzionale, ci pare, va ben al di là del pur gravissimo caso esaminato (n. 767 incarichi di dirigente su 1.143 totali conferiti illegittimamente) e dichiara implicitamente che il regime della dirigenza pubblica fissato dalla Carta costituzionale ha forme e finalità diverse dalla dirigenza delle imprese private, perché qui prevale l’esigenza della garanzia dell’imparzialità e degli interessi generali della collettività sul criterio del “rapporto fiduciario” col vertice politico. Chi dimentica questi principi può facilmente imbattersi in scandali tipo EXPO 2015, M.O.S.E., Odevaine, “Incalza” (che non era un dirigente di carriera, si noti), in ognuno dei quali erano all’opera dirigenti non di carriera reclutati dalla politica senza concorso.
Aspettiamo anche che la Corte costituzionale sia chiamata a pronunciarsi sull’articolo 11, comma 1 del D.L. n 90/2014 convertito in Legge n 114/2014, che consente ai di reclutare il 30% della dirigenza delle Amministrazioni regionali e comunali con contratti di lavoro a tempo determinato (vedi qui: Roma Mafia: tre questioni di natura amministrativa).