Nell’attuale stravagante assetto della governance del più grande Ente previdenziale d’Europa (vedi), il ruolo del Direttore generale – avente anch’esso natura di “Organo di gestione” – è praticamente equivalente (se non superiore per il fatto di essere vertice della tecnostruttura e della gestione operativa) in termini di peso e di potere a quello della figura del Presidente (orfano quest’ultimo del Consiglio d’Amministrazione dall’anno 2008, in seguito ad uno dei tanti infelici ritocchi all’originario articolo 3 del decreto legislativo n. 479 del 1994 (vedi)). Questa necessaria premessa dà la misura dell’importanza della nomina di Massimo Cioffi a questa carica. Dopo trent’anni – cioè dal tempo di Gianni Billia, anche lui manager privato – la scelta del Direttore generale INPS cade su un soggetto non interno alla tecnostruttura dell’Istituto.
Indicato dal Governo su concorde avviso del neo Presidente INPS Tito Boeri, la nomina di Massimo Cioffi – 54 anni, sposato, un figlio, esperto in organizzazione e gestione delle risorse umane, bocconiano, già direttore del personale dell’ENEL, svincolato dalla politica e dai sindacati – é, pertanto, una novità assoluta nella storia dell’Istituto.
Con l’assunzione di due “bocconiani” al vertice dell’INPS, il Governo Renzi lancia una forte sfida, tutta da comprendere e da giocare, per il futuro della previdenza e del welfare del nostro Paese.
Presentiamo l’estratto di una vecchia intervista dell’anno 2010 al nuovo Direttore generale dell’INPS.
Le nostre interviste – Massimo Cioffi