Pubblichiamo il documento “Italia semplice”, firmato dal Ministro per la semplificazione Marianna MADIA, dal Ministro per gli affari regionali Carmela LANZETTA, dal Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome Vasco ERRANI e dal Presidente dell’ANCI , Piero FASSINO, denominato “Alleanza istituzionale per rilanciare la funzione pubblica nel Paese” – peraltro non presente oggi sul sito della Conferenza unificata Stato Regioni (vedi qui) – che costituisce una piattaforma comune concordata prima del Consiglio dei ministri del prossimo 13 giugno 2014 in ordine ai principi condivisi ai quali si dovrà ispirare le prevista riforma della pubblica amministrazione.
Scopo del documento era quello di fissare un complesso di principi comuni PRIMA CHE IL GOVERNO proceda all’emanazione di un decreto legge e/o un disegno di legge sull’intera materia. E’ chiara la volontà del Governo di non rinviare il momento del confronto con le Regioni e le Autonomie locali a una fase successiva a quella dell’avvenuta azione di adozione/proposta di disposizioni legislative. Sullo sfondo c’è la volontà comune di evitare che le disposizioni di legge immediatamente esecutive per Amministrazione centrale ed Enti pubblici non economiche siano poi rinviate sine die sul resto del mondo delle Amministrazioni pubbliche – Regioni, Comuni, Province e ASL – come nei fatti è sempre avvenuto.
Il documento di intenti comuni si articola in 5 interventi strategici: 1) ripensare l’organizzazione delle pubbliche amministrazioni (territoriale e nazionale) sul territorio; 2) Valorizzazione del capitale umano quale elemento vitale delle capacità della PA di dare risposte certe in tempi rapidi; 3) semplificare per crescere: ridefinire e rendere semplici le procedure; 4) puntare alla digitalizzazione come unica forma di dialogo fra PA cittadini e imprese; 5) open data e trasparenza come elementi ordinari dell’agire pubblico.
Sui principi generali esposti nel documento non si può non essere d’accordo, tuttavia alcune clamorose “assenze” concettuali preoccupano non poco. Una su tutte: la creazione del “mercato organico (sic) della dirigenza articolato territorialmente” è uno strumento a doppia possibile trazione: se istituito tout court, diventerà lo strumento per depotenziare ulteriormente l’autonomia della dirigenza, che non è privilegio di casta, ma garanzia costituzionale di legittimità e buon andamento. E’ invece indispensabile legare il regime della dirigenza pubblica – mobilità, incarichi, revoche e retribuzioni – con un solido,oggettivo e trasparente sistema di valutazione delle performance e delle competenze.
C’è poco o niente nei documenti ufficiali in ordine al punto della valutazione. Ciò rende l’impianto della riforma debole e pericoloso. Come base di qualunque ragionamento possibile, é necessario affermare – chiaro e forte – che la valutazione nella pubblica amministrazione non c’è o, meglio, è una foglia di fico che da vent’anni giustifica il pagamento a pioggia delle retribuzioni di risultato. Neanche la riforma Brunetta ha realizzato alcunché. Gli OIV sono organi solo formalmente indipendenti dalle amministrazioni valutate e ne subiscono quindi ogni tipo di condizionamento. La CIVIT, che era sta istituita come vertice di raccordo governativo di tutti gli Organismi di valutazione non c’è più, nel senso che le sue competenze sono state assunte dall’Autorità anticorruzione (ANAC) le cui pur fondamentali attribuzioni nulla hanno a che fare con la valutazione delle performance di Amministrazioni pubbliche e dirigenza. In questo panorama istituzionale da “anno zero”, perché nessuno dei protagonisti della riforma si preoccupa di legare il nuovo regime della dirigenza con la creazione/rifondazione di un serio sistema di valutazione? Questa tendenza, se confermata dalle disposizioni che adotterà il Governo, ci indurrà a valutazioni negative sul senso della riforma della dirigenza pubblica annunciata.
Conferenza unificata Stato Regioni – Italia semplice giu 2014