Il Financial Times dello scorso 30 dicembre 2015 traeva spunto dalle vicende relative al rinnovo della carica di Amministratore delegato delle Generali Assicurazioni – poi concluse con l’abbandono dell’incarico da parte di Mario Greco (vedi qui il riassunto della vicenda di Huffington post) – per svolgere alcune valutazioni in ordine alla crisi in corso nel management delle grandi aziende private italiane. Rinviando all’articolo completo (clicca qui), ci ha colpito fra l’altro l’affermazione dell’articolista Rachel Sanderson secondo cui sono molti i casi in cui “dirigenti deboli incapaci di rompere gli schemi restano al loro posto per anni, a discapito dell’intera cultura aziendale”. Non è la piccola speculazione “di bottega” quella che ci muove, né l’acritico elogio di valutazioni provenienti dal pur autorevole Financial Times. Quello che, invece, va sottolineato in questa vicenda – come nelle altre ricordate in quell’articolo – é che la crisi del ceto dirigente aziendale in Italia – pubblico o privato che sia – proviene da un clima politico generale che induce le scelte di “chi porre al comando” secondo criteri legati a interessi di parte, quando non meramente personali. Il problema vero resta, quindi, quello della selezione dei migliori secondo i meriti professionali, meccanismo di cui in Italia, in qualunque settore, si perso quasi completamente il bandolo.
Manager pubblici e manager privati – l’opinione del Financial Times.
Rispondi