Si era alla fine degli anni ’60 e l’Italia era ormai immersa nella cupa dimensione della strategia della tensione e del terrorismo, che l’avrebbero pervasa per oltre un decennio. Eppure un nucleo (sparuto ma autorevole) di riformisti operava ancora alla Segreteria della Programmazione e all’ISPE intorno alla persona di Giorgio Ruffolo e dell’ipotesi generale di “programmazione economica” che quel gruppo propugnava inascoltato dall’epoca del primo governo Moro del 1963. Continua a leggere