C’è un particolare dimenticato, che invece è l’elemento più significativo della scelta di Francesco Tronca, lo scorso anno a “tutor” dell’EXPO 2015, oggi a Commissario di Roma Capitale e che i “giornaloni” si guardano bene dal sottolineare: al di là della sua importante storia personale (fra l’altro, nato a Palermo, Prefetto di Milano, ora Commissario a Roma é una bella sintesi del concetto di unità d’Italia), egli non arriva da Marte, ma dai ruoli dei dirigenti pubblici di carriera: per la precisione dai ruoli delle Prefetture, antichissimo presidio amministrativo del Governo nel territorio della Repubblica. Il sistema prefettizio, sorto dai tempi di Cavour, è uno dei pochi presidi “nobili” sopravvissuto allo tsunami legislativo che da venti anni punta per il territorio a un nuovo modello di “manager privato” come toccasana per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni pubbliche. Invece, le Prefetture – e la figura dei Prefetti in particolare – rimangono, oggi come ieri, uno dei più solidi presidi – si veda anche l’organizzazione dell’ accoglienza ai profughi – capaci di svolgere con l’autorevolezza un compito di mediazione e sintesi dell’azione delle autorità pubbliche – statali, delle Regioni e degli Enti locali – con l’imprenditoria privata e di coniugare la salvaguardia della legittimità dell’azione dei soggetti economici in campo con le imprescindibili esigenze di buon andamento della macchina pubblica. Questo risultato non costituisce una casualità, ma l’espressione di un’ importante tradizione amministrativa che si dimostra capace di confrontarsi con le esigenze dei tempi.
A Milano – non va mai dimenticato – l’azione del Prefetto Tronca ha sanato i guasti di un’organizzazione dell’EXPO 2015 che era stata affidata a meccanismi estranei alle modalità di gestione pubblica di un evento di rilevanza pubblica (si veda la nostra analisi al tempo dell’esplosione dello scandalo – clicca qui). I successi conseguiti nel recupero della gestione a un sistema pubblico di garanzia ed efficienza ha consentito il prodursi di quegli “anticorpi” di cui tanto si discute: gli anticorpi nella società civile si generano solo quando – al vertice delle Istituzioni – il connubio “politica-amministrazione” funziona, cioè quando la politica dà gli obiettivi e controlla, ma lascia lavorare in pace uno dei tanti funzionari pubblici di carriera scelto per le sue capacità e per il suo curriculum.
Sia consapevole il Governo, nel momento in cui si appresta a varare i decreti legislativi di attuazione dell’ennesima “riforma” delle pubbliche amministrazioni, che il modello “macchina amministrativa” funziona meglio – in Italia come nei Paesi occidentali avanzati – quando viene lasciato presidiare da una dirigenza forte e autonoma, slegata da interessi di parte e di bottega. Sappia anche ascoltare il Governo della Repubblica il monito che arriva dalle menti più fini, in ordine al regime specifico delle Prefetture, minacciato da perverse correnti di pensiero che vogliono dimezzare la presenza delle Prefetture sul territorio italiano (vedi di Guido Melis “Servono ancora i Prefetti?”) e, più in generale, l’opinione di chi afferma – chiaro e tondo – che in Italia – come in qualunque altro Stato – la politica è debole senza una dirigenza pubblica forte (vedi l’opinione di Giuseppe De Rita in un editoriale del Corriere della Sera dello scorso marzo 2015 – clicca qui).
Giuseppe Beato