Una vecchia sentenza della Corte Costituzionale sulla Robin Tax

Pure se imparagonabile quanto ai presupposti che la generarono alla recentissima norma che ha imposto una tassazione aggiuntiva agli istituti di credito per l’anno 2023, può essere utile ricordare le vicende del  Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133 e soprannominata Robin Tax. Era costituita da un’aliquota aggiuntiva all’IRES (imposta sul reddito delle società) pari a 5.5 punti percentuali per le società del settore energetico con volume di ricavi superiori ai 25 milioni di euro ( poi corretti dai governi successivi a 10 milioni di euro). Questo il testo dell’articolo 81 comma 16 di quel d. l.:  ” In dipendenza dell’andamento dell’economia e dell’impatto sociale dell’aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico, l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società di cui all’articolo 75 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, è applicata con una addizionale di 5,5 punti percentuali per i soggetti che abbiano conseguito nel periodo di imposta precedente un volume di ricavi superiore a 25 milioni di euro e che operano nei settori di seguito indicati: a) ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi; b) raffinazione petrolio, produzione o commercializzazione di benzine, petroli, gasoli per usi vari, oli lubrificanti e residuati, gas di petrolio liquefatto e gas naturale; c) produzione o commercializzazione di energia elettrica”.

Quella disposizione di legge fu bocciata in seguito dalla Corte Costituzionalevedi qui il testo della sentenza n. 10 dell’11 febbraio 2015 – sia a motivo del fatto che colpiva tutto l’asse dei profitti di quelle società, non solo quindi gli extra-profitti, sia perchè vennero a mancare le condizioni economico/produttive che generavano gli extra-profitti stessi.

La maggiorazione istituita pochi giorni fa dal Governo – vedi qui l’articolo 26 del decreto legge 10 agosto 2023, n. 104 – è a carattere temporaneo e legata a diversa causa, cioè all’andamento dei tassi di interesse e dell’impatto sociale derivante dall’aumento delle rate dei mutui.

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