Pubblichiamo il Decreto del Ministro della Giustizia Orlando attraverso il quale saranno regolati in quel Ministero i conferimenti di incarichi dirigenziali superiori. Balza in evidenza, passando in rassegna l’articolato, che la scelta lì adottata é quella di valorizzare gli elementi di carriera del candidato, gli incarichi espletati, le responsabilità assunte e i percorsi formativi seguiti. E’ una scelta come un’altra. Si sarebbe, magari meglio, potuto valorizzare il “potenziale” del candidato, oppure i risultati conseguiti rispetto alle funzioni a ciascuno assegnate nel corso del percorso professionale svolto da ciascuno. Tuttavia, il punto vero della questione non è tanto discutere qui su “quale” sia il criterio migliore per valutare la dirigenza pubblica, quanto evidenziare il fatto che, nella legislazione attuale (vedi fra tutti l’articolo 7 del decreto Brunetta n 150 del 2009), i criteri di valutazione della dirigenza sono rimessi al potere regolatorio di ciascuna singola Amministrazione. Ciò é in stridente contrasto con i principi proclamati dall’ennesima legge di riforma delle Amministrazioni pubbliche (n. 124/2015) che intende uniformare la stessa dentro la nuova cornice dei ruoli unici, per cui, un domani, i dirigenti del Ministero della Giustizia – compresi nello stesso ruolo con i dirigenti degli altri Ministeri, delle Agenzie governative dell’INPS, dell’INAIL – saranno destinati a nuovi incarichi nel più ampio contesto dirigenziale di tutte le amministrazioni pubbliche comprese nel ruolo centrale! Identica cosa accadrà per la dirigenza delle Regioni e per la dirigenza degli Enti locali. Come si crede possibile effettuare una comparazione fra dirigenti provenienti dalle più disparate realtà lavorative senza criteri uniformi di valutazione dettati da un’autorità unica?
Negli Stati Uniti è operativo da decenni l’Office of personnel management (OPM – vedi qui il sito), istituito con la riforma del civil service federale del 1978 (ma esistente con altro nome dal 1883 – approfondisci qui) che é responsabile del “mantenimento dell’indipendenza e della neutralità dell’Amministrative law system” federale. La gestione complessiva del rapporto di pubblico impiego degli impiegati federali (reclutamento, carriere, valutazione) é curata da questa Agenzia federale diretta dalla signora Beth Cobert. L’OPM gestisce l’altrettanto fondamentale Senior Executive Service (S.E.S. – Vedi qui) che altri non è che il metodo complessivo di gestione dell’alta dirigenza federale (reclutamento, carriera, valutazione) rimesso alla responsabilità di un soggetto unico che presiede alla gestione del complessivo merit system (non spoils system come dolosamente affermato da molti qui in Italia), all’interno del quale la nomina presidenziale di soggetti non di carriera é limitata al 10% dell’intera dirigenza pubblica federale. Le restanti nomine sono ad appannaggio dei dirigenti di carriera sulla base di valutazioni di merito basate su criteri omogenei di valutazione e adottate dai singoli dipartimenti e agenzie con l’approvazione dell’OPM ( Vedi qui estesamente il “Rapporto del Congresso USA sul Senior Execitive Service“). L’ operatività e il buon funzionamento delle Amministrazioni federali é, a propria volta, soggetto al controllo del Government Accountability Office (GAO – vedi qui la relazione di Ray Rist), autorità indipendente a riporto del Congresso degli Stati Uniti.
Cosa ha a che vedere questo complesso e raffinato sistema di gestione e controllo della dirigenza federale USA con la pessima legislazione da noi vigente e col ridicolo “topolino” emerso dall’articolo 11 della Legge 124 del 7 agosto 2015 (vedi) ? Assolutamente niente, se non l’essere quest’ultimo uno “sberleffo” simile al modo in cui Alberto Sordi scimmiottava la conoscenza della lingua inglese nel film “Un americano a Roma“.
Giuseppe Beato.
Ministero della Giustizia -conferimento incarichi dirigenziali